PRESCRIZIONE DEL REATO: sussiste comunque il danno erariale

PRESCRIZIONE DEL REATO: sussiste comunque il danno erariale

Corte dei conti, sezione giurisdizionale Lazio, sentenza 5 giugno 2015, n. 291

a cura di Maria Cristina Messina

Responsabile l’assistente sociale che falsamente certifica l’avvenuta esecuzione di un progetto a favore di immigrati extracomunitari e corrisponde le somme dovute nelle mani di un terzo non avente alcun titolo a riceverle. Il contemporaneo proscioglimento dell’assistente sociale per prescrizione del reato, non salva lo stesso dalla refusione delle spese sostenute dal Comune per il pagamento ad un terzo che non aveva alcun rapporto con il soggetto attuatore.

Il fatto
Nel caso di specie, un assistente sociale comunale veniva rinviato a giudizio di conto per aver falsamente certificato l’avvenuta esecuzione di un progetto a favore degli immigrati extracomunitari, per il quale la Provincia aveva erogato un finanziamento all’ente locale che, a sua volta, ne aveva affidato la realizzazione ad una cooperativa sociale. La condotta dolosa dell’assistete sociale veniva, altresì, censurata dal P.M. contabile in quanto lo stesso avrebbe autorizzato, senza averne i poteri, il tesoriere dell’ente locale a pagare la fattura emessa dalla cooperativa sociale a favore di un soggetto non avente titolo né rappresentanza legale della predetta cooperativa sociale. Dagli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza si apprendeva che il convenuto avrebbe, in un primo tempo, falsamente certificato l’avvenuta realizzazione del progetto sociale che, in realtà, non era ancora stato avviato o, comunque, ancora non completato, e successivamente, sottoscrivendo fraudolentemente una delega all’incasso quale responsabile del servizio sociale, pur non avendone la qualifica, avrebbe indotto in errore il tesoriere dell’ente locale che aveva corrisposto le citate somme ad un terzo, non avente alcun rapporto con la operativa sociale, somme che avrebbero dovuto essere destinate al soggetto attuatore. Pertanto, del citato esborso indebito veniva chiesta la integrale restituzione.
A fronte del citato rinvio a giudizio, il convenuto difendeva la propria posizione precisando che il soggetto terzo, a cui le somme sono state riversate, era il fornitore principale della cooperativa sociale, per cui il pagamento ricevuto doveva qualificarsi come riduzione del credito dallo stesso vantato nei confronti della citata cooperativa.
A fronte del processo penale istaurato, la Procura chiedeva la sospensione del processo contabile, fino a quando il giudice penale avesse dichiarato il non doversi procedere nei confronti, tra l’altro, dell’assistete sociale per i reati a suo tempo contestati in quanto estinti per intervenuta prescrizione. A fronte della citata prescrizione il P.M. contabile, tuttavia, confermava le risultanze istruttorie e richiedeva la condanna del convenuto.

La decisione
I giudici contabili hanno rilevato come nella pronuncia del giudice penale veniva evidenziato che “… dagli atti non risultano elementi per un’assoluzione nel merito emergendo profili di responsabilità, alla luce della documentazione in atti e delle deposizioni rese“.
Tanto premesso, il Giudice contabile può formare il suo convincimento dalla lettura della documentazione acquisita nel processo penale al fine di verificare la sussistenza di quella condotta dolosa, foriera di danno erariale, contestata nell’atto di citazione.
Proprio dalla documentazione in atti si constatava come il responsabile della cooperativa sociale avesse testimoniato che il citato progetto ammesso a contribuzione non fosse stato mai avviato.
Veniva, inoltre, dimostrato che l’assistente sociale ebbe a sottoscrivere la dichiarazione per il tesoriere dell’ente locale di autorizzare il terzo, il quale non aveva nessun titolo, all’incasso della contribuzione in nome e per conto della cooperativa sociale. Lo stesso terzo beneficiario delle somme ammetteva di non conoscere la cooperativa sociale e, quindi, di non poter vantare alcuna ragione di credito nei suoi confronti, né risultava da alcun atto che il medesimo avesse richiesto il pagamento di forniture effettuate nell’ambito del progetto sia alla cooperativa che allo stesso ente locale, il che smentiva categoricamente le affermazioni del convenuto in merito all’esistenza di diritti creditori vantati dal terzo.
Appare quindi evidente, in assenza di riscontri contrari, che la somma destinata alla cooperativa sociale, per attività effettivamente svolte sia pur in via parziale, veniva sottratta con dolo alla sua naturale destinazione e, quindi, costituiva posta dannosa da recuperare nei confronti di chi avesse avuto la piena e diretta responsabilità nella verificazione dell’evento.
In conclusione, il Collegio ha stabilito che l’intera somma richiesta dalla Procura contabile dovesse essere oggetto di recupero nei confronti dell’assistente sociale che, con il suo comportamento, ha di fatto depauperato l’ente locale di una somma di denaro erogata ad un soggetto diverso da quello avente titolo.

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