Punitive damages: prospettiva comparata e compatibilità con l’ordine pubblico
La questione dei punitive damages e della loro compatibilità con l’ordine pubblico nel nostro ordinamento si è posta di recente con l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 9978/2016.
Il fatto riguardava una nota Società americana, a cui il Giudice americano aveva riconosciuto il risarcimento del danno nei confronti di una Società italiana, chiamata a manlevare il responsabile dell’illecito per il danno arrecato. La complessità della vicenda era determinata dalla sottoscrizione da parte del responsabile di una transazione con cui si riconosceva il diritto della danneggiata alla corresponsione di una somma di denaro che includeva, tra gli altri, anche i “punitive damages”. La Società italiana si opponeva al riconoscimento dell’efficacia ed effettività dei tre giudicati americani, eccependo la contrarietà all’ordine pubblico ex art. 64 L. 218/1995 oltre alla violazione dell’art. 1304 c.c.
Prima di esaminare nello specifico l’ordinanza della Suprema Corte, occorre chiarire che cosa si intenda per danni punitivi.
L’istituto ha avuto ampia diffusione negli USA; si tratta di una posta di danno liquidata in aggiunta al danno attuale. Come suggerisce il termine, ha funzione prettamente punitiva, andando a colpire il responsabile ogni qual volta abbia posto in essere una condotta contrassegnata da mala fede, malizia o violenza. La Corte Suprema americana già nel 2003 aveva posto dei paletti, per evitare che il riconoscimento dei punitive damages potesse dar luogo ad abusi, affermando che l’importo degli stessi deve risultare proporzionato alla gravità del comportamento tenuto e non deve comunque essere superiore a dieci volte l’entità del danno effettivamente patito. Si tratta di un istituto peraltro noto anche ad altri sistemi giuridici sia di common law che di civil law. Nel Regno Unito ad esempio i punitive damages sono tendenzialmente liquidati nei casi in cui sia stata perpetrata una grave violazione dei diritti della persona.
Meritevole di interesse è altresì l’esperienza canadese sul punto, ove si distinguono diverse tipologie di danni che qui si indicano a titolo esemplificativo:
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Actual damages con funzione esclusivamente compensativa sia in materia contrattuale che di tort, che includono al loro interno le sottocategorie degli expectation damages e dei consequential damages;
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Non-pecuniary Damages – assimilabile all’italico danno non patrimoniale – che sono tesi a risarcire il dolore e la sofferenza, avuto riguardo all’età del danneggiato, alla natura della lesione, al grado di invalidità ed ai cambiamenti dello stile di vita;
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Pecuniary o Special Damages che tengono conto esclusivamente delle perdite monetarie;
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Liquidated Damages in materia contrattuale, con una funzione equiparabile alla clausola penale nel diritto italiano;
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Punitive o Exemplary Damages che colpiscono la condotta scorretta del danneggiante. Questa posta di danno è quantificata tenendo conto della proporzione del danno cagionato, del vantaggio scontato dal responsabile e del bisogno di deterrenza;
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Aggravated Damages con valore compensativo, sebbene essi coprano anche condotte inquadrabili nella categoria punitive. Nello specifico, si tratta di una posta di danno che compensa la vittima per lo stress, l’ansia, la perdita di fiducia e l’umiliazione conseguenti al fatto lesivo;
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Nominal Damages con valore simbolico, nei casi in cui non sia possibile provare l’entità del danno o la perdita subita;
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Restitutionary damages, a copertura delle ipotesi di pagamento dell’indebito ed arricchimento senza giusta causa.
Ai punitive damages è stato assimilato da una parte della dottrina l’istituto francese degli astreintes; si tratta di una somma di denaro che il debitore inadempiente dovrà corrispondere al creditore, nel caso in cui egli rifiuti di ottemperare al provvedimento giudiziario di condanna avente ad oggetto la prestazione contrattuale. Essa è commisurata alla capacità patrimoniale dell’inadempiente e al grado di colpa. Opera quindi come mezzo di coercizione correlato al provvedimento del Giudice (per questo motivo l’orientamento prevalente in giurisprudenza è nel senso di escluderne la natura punitiva). Uno strumento simile è previsto dall’art. 614 bis c.p.c..
Nell’ordinamento italiano prevale invece la concezione riparatoria, per cui si considera danno risarcibile ogni perdita che sia conseguenza immediata e diretta del fatto lesivo, nella duplice forma del danno emergente e del lucro cessante. Quanto alle modalità risarcitorie, si prevede la reintegrazione in forma specifica – nei casi in cui ciò sia possibile – o in alternativa per equivalente (art. 2058 c.c.); in entrambe le ipotesi l’obbiettivo è porre la parte lesa nella condizione in cui si sarebbe trovata se la prestazione fosse stata correttamente eseguita o il fatto dannoso non si fosse prodotto, prevedendo altresì un’equa riduzione dell’importo nelle ipotesi in cui il danneggiato abbia contribuito a determinare il danno in misura del grado della colpa e delle conseguenze (art. 1227 c.c.).
Partendo da tali premesse, si tratta di stabilire se i punitive damages possano considerarsi compatibili con l’ordine pubblico italiano. La Corte di Cassazione con l’ordinanza 9978/2016 ha portato la questione all’attenzione del Presidente, per un’eventuale rimessione alle Sezioni Unite.
Nell’ordinanza in primo luogo si dà atto della procedura che deve guidare il Giudice nella delibazione in materia di risarcimento del danno, ossia un’attenta verifica dei criteri seguiti dal giudice straniero nella liquidazione, per garantire il rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. Quanto alla nozione di ordine pubblico, si richiamano due tesi contrapposte: la prima che identifica l’ordine pubblico con l’ordine pubblico interno; la seconda che distingue tra ordine pubblico interno e internazionale a seconda che una delle parti sia cittadino italiano o straniero. La tesi prevalente, che ha trovato accoglimento nella giurisprudenza più recente, ritiene preferibile il richiamo all’ordine pubblico internazionale – inteso come insieme dei principi fondamentali di un ordinamento in un dato momento storico, che impediscono l’operatività delle norme straniere che si pongano in contrasto. Sussiste pertanto incompatibilità solo nei casi in cui al legislatore italiano sia precluso approvare una norma avente contenuto simile a quella straniera, in quanto il contenuto di quest’ultima risulti incompatibile con i valori costituzionali, non già nei casi in cui il legislatore si sia limitato a dare una disciplina differente.
In tema di danni punitivi, secondo quella tesi, si è ritenuto che – salvo i casi di abnormità – non siano in contrasto con l’ordine pubblico. Il dubbio, che è stato sollevato con la recente ordinanza, riguarda la possibilità di riconoscere al risarcimento del danno altresì una funzione sanzionatoria, tenuto conto che nel nostro ordinamento sussistono ipotesi di carattere punitivo come il risarcimento correlato all’art. 12 L. 47/48, il disposto ex art. 96 c. 3 e 709 ter c.p.c.; inoltre, nei casi in cui oggetto della lesione siano i diritti della personalità, il quantum è rimesso a valori percentuali ed equità che non rispecchiano solo la lesione patita ma anche la gravità dell’offesa.
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