Referendum costituzionale 2016: le ragioni del SI e le ragioni del NO
Giuffrè Editore ha pubblicato due ebook*, scaricabili gratuitamente, attraverso i quali due illustri esponenti del mondo accademico offrono un confronto tra le ragioni del sì, a firma di Beniamino Caravita, Ordinario di diritto pubblico all’Università La Sapienza di Roma e le ragioni del no, a firma di Alessandro Pace, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi – Boschi e Professore emerito di diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma.
In sintesi, le principali ragioni del NO.
Le principali ragioni del NO, esposte dal Prof. Alessandro Pace, riguardano:
1) Il procedimento legislativo che è stato utilizzato.
La legge di revisione che riforma la Costituzione è criticabile, perché è di iniziativa governativa e non parlamentare. Il procedimento di revisione costituzionale è stato quindi “appiattito”, come per una modificazione di una legge ordinaria.
2) Il quesito sul referendum.
Il quesito è disomogeneo, perché questa riforma ha molteplici contenuti. Sarebbero stati quindi necessari non uno, ma “tre” quesiti. Il primo sul Governo ed il suo “pericoloso rafforzamento”; il secondo sul Senato, dove i Senatori non sono eletti dai cittadini, e sono quindi privi di legittimazione democratica; il terzo, infine, sulla “centralizzazione” delle funzioni statali e sulla riduzione dei poteri delle Regioni, nonché sull’abolizione del Consiglio nazionale dell’Economica e del lavoro.
Oltre a ciò, la legge elettorale (Italicum) è strettamente legata alla riforma, costituisce il “perno” della riforma costituzionale, ha gli stessi difetti della legge elettorale già dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale, e consente di “verticalizzare pericolosamente” il potere.
3) La violazione del principio della sovranità popolare e dell’eguaglianza.
Questa riforma viola il principio della sovranità popolare ed anche quello dell’eguaglianza. Viola il principio della sovranità, perché il Senato non è eletto direttamente dal popolo. Viola il principio di eguaglianza, perché i 100 Senatori, rispetto ai 630 Deputati, sono di scarsa importanza.
Il nuovo Senato continua a rappresentare lo Stato e non rappresenta le Regioni ed i Comuni. Oltre a ciò, i Senatori eletti avranno questa duplice funzione di Senatore e di Consigliere regionale (o di Sindaco), e non potranno svolgere bene entrambe queste funzioni.
4) I rapporti Stato – Regioni.
La riforma diminuisce i poteri legislativi delle Regioni, ed è censurabile il metodo di attribuire allo Stato la competenza legislativa delle “Disposizioni generali e comuni”. È anche criticabile la clausola (chiamata polemicamente dagli avversari della riforma): “clausola vampiro”, che consente allo Stato di intervenire per la tutela dell’unità giuridica od economica della Repubblica o per la tutela dell’interesse nazionale.
5) La forma di Governo.
La riforma tende verso un pericoloso “premierato assoluto”, anche per l’attuale cumulo, nella stessa Persona, delle cariche di Presidente del Consiglio e di Segretario del partito di maggioranza.
6) Maggiore complessità del procedimento legislativo.
La riforma, dati i rapporti tra Camera e Senato, renderà il procedimento legislativo più complesso. Sono infatti previsti 8 tipi diversi di approvazione delle leggi ordinarie, e per quanto riguarda il referendum abrogativo, è criticabile l’innalzamento da 500.000 a 800.000 firme per la proposta.
7) La minoranza parlamentare.
Queste minoranze non sarebbero convenientemente tutelate.
In definitiva, secondo il Prof. Alessandro Pace (che cita altri costituzionalisti della stessa opinione) questa appare come una riforma che non merita di essere confermata.
In sintesi, le principali ragioni del SI.
Le principali ragioni del SI, esposte dal Prof. Beniamino Caravita, riguardano:
1) Il rispetto del procedimento di revisione costituzionale.
L’iniziativa legislativa governativa è legittima, costituzionalmente corretta, si innesta sul procedimento legislativo ordinario ed è legittimata dal voto di fiducia che il Parlamento ha dato a questo Governo.
L’illegittimità costituzionale della precedente legge elettorale (sentenza della Corte costituzionale 1/2014) non mette in discussione né l’attività del Parlamento né la stessa riforma, che ha avuto un’ampia discussione parlamentare (in due anni vi sono state quasi 6.000 votazioni). Questa riforma rispetta quindi il testo della Costituzione del 1948 e non contiene disposizioni incostituzionali.
La tesi che questo referendum è censurabile perché manca della necessaria “omogeneità” non è convincente, e lascia in sospeso l’interrogativo: chi, ed in base a quale parametro può stabilire che un quesito referendario è “omogeneo”?
2) Il superamento del bicameralismo paritario (o perfetto).
Questa forma di bicameralismo è stata generalmente considerata inutile, e con il suo superamento il rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento è semplificato. Tale rapporto resterà in capo alla sola Camera dei deputati, e si tratta di un superamento equilibrato, perché permette al Senato di richiamare tutte le leggi, impedendo eventuali colpi di mano della maggioranza.
È pur vero che il nuovo articolo 70 è complicato, ma esso è simile a quanto previsto in altri ordinamenti (Germania e Unione Europea), ed i regolamenti delle due Camere potranno intervenire ed effettuare le opportune correzioni, dato che il nuovo Senato rappresenta le Istituzioni territoriali, tramite i Consiglieri ed i Sindaci eletti.
3) La razionalizzazione della materia di competenza legislativa regionale.
La razionalizzazione (o la “limatura”) delle materie di competenza regionale era ed è necessaria, perché le Regioni hanno “malamente utilizzato i poteri legislativi ad esse attribuite”. Le “disposizioni generali e comuni” non sono i princìpi fondamentali, e consentono l’intervento della potestà legislativa statale. La potestà legislativa concorrente vi è ancora, ma lo Stato può intervenire, e vi è la “clausola di supremazia” in favore dello Stato, che è anch’essa necessaria per l’equilibrio tra Stato e Regioni.
4) Le Regioni a statuto speciale.
Anche questa parte merita una revisione, ma essa è spostata nel tempo, tramite la revisione degli statuti speciali, prevista nell’art. 39, comma 13 della legge costituzionale sottoposta a referendum.
5) Il Governo e l’iniziativa legislativa.
È stata stabilita un’opportuna corsia preferenziale per le iniziative legislative governative, e sono stati posti limiti alla decretazione d’urgenza. Il Governo rimane un governo parlamentare, ed il circuito Parlamento – Presidente della Repubblica – Governo non è modificato.
6) Il referendum abrogativo.
La riforma (con l’aumento del numero delle firme a 800.000) non penalizza il referendum.
7) L’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del lavoro (CNEL).
Si tratta di un’abolizione necessaria, dato che quest’organo era completamente inutile.
8) La tenuta del sistema costituzionale italiano.
La riforma, anche per il rapporto con la legge elettorale, consente e rafforza la tenuta del sistema costituzionale italiano. I sistemi elettorali sono solo “strumenti tecnici”, e la legge elettorale – che viene così spesso evocata dagli avversari delle riforme – sarà valutata dalla Corte costituzionale.
Un punto molto importante da valutare è che la maggioranza politica non controlla gli organi di garanzia.
In definitiva il meccanismo di stabilizzazione e di semplificazione previsto dalla riforma costituirà un miglioramento della qualità della vita democratica.
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BENIAMINO CARAVITA –Le ragioni del SI
ALESSANDRO PACE – Le ragioni del NO
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