Riforma della buona scuola, la legge 107/2015 e i precari a tempo determinato
Tribunale Roma, sez. lav., 15 settembre 2015
a cura di Giacomo Romano
In tema di istruzione pubblica, con riguardo alle assunzioni a tempo determinato, anche a seguito del perfezionamento nel settore della scuola operato dal legislatore con la l. n. 107 del 2015 sono legittime (e quindi non confliggenti con il diritto sovranazionale o con l’ordinamento costituzionale) le ripetute assunzioni a tempo determinato verificatesi prima dell’entrata in vigore della predetta legge.
Il caso
Un’insegnante adiva il Tribunale di Roma esponendo che, nel corso degli anni, aveva lavorato alle dipendenze del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in virtù di vari contratti a tempo determinato.
L’insegnante sosteneva, in altri termini, l’illegittimità dell’apposizione del termine ai contratti da essa stipulati dalla constatazione che essi sarebbero stati stipulati per esigenze non transitorie, bensì stabili, dell’Amministrazione.
La fattispecie è ben nota, purtroppo, ai docenti italiani, che per anni hanno costituito – loro malgrado – la categoria più “precaria” d’Europa.
Pertanto, la docente chiedeva al Tribunale a) che fosse accertata l’illegittimità dei termini apposti ai predetti contratti di lavoro e che fosse dichiarata la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato; b) che il Ministero fosse condannato a risarcirle i danni patrimoniali e non patrimoniali; c) che il Ministero fosse condannato ad effettuare la ricostruzione della carriera e condannato al pagamento degli aumenti stipendiali riconosciuti dal CCNL di comparto sulla base dell’anzianità maturata; d) che l’Amministrazione fosse condannata a pagarle le differenze retributive e contributive corrispondenti alla differenza tra quanto da lei percepito e quanto sarebbe stato dovuto se il rapporto fosse sorto sin dall’inizio a tempo indeterminato; e) in via gradata, che il Ministero fosse condannato al pagamento di un importo pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto tenuto conto dei criteri di cui alla l. n. 604 del 1966 ed alla l. n. 183 del 2010.
Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca si costituiva in giudizio e contestava la fondatezza del ricorso.
Le graduatorie ad esaurimento
È indubbio che, già prima del 2015, il sistema delle assunzioni a tempo determinato nel settore della scuola era caratterizzato da un dato del tutto peculiare e sconosciuto ad altri settori dell’impiego pubblico.
In particolare, a partire da un certo momento, è stato previsto che la scelta dei lavoratori da assumere a tempo determinato avvenisse tra quanti risultavano iscritti in determinati elenchi (c.d. graduatorie ad esaurimento), i quali comprendevano anche coloro che avevano già stipulato contratti di lavoro a termine con l’Amministrazione e che a quegli elenchi quest’ultima avrebbe fatto ricorso anche per l’individuazione dei lavoratori ad immettere in ruolo, vale a dire da assumere a tempo indeterminato (almeno per una percentuale dei posti disponibili).
La conseguenza era che, essendo stato precluso l’inserimento di ulteriori interessati in quegli elenchi, progressivamente e proporzionalmente alla creazione di disponibilità nella pianta organica e compatibilmente con le disponibilità finanziarie dello Stato, tutti i lavoratori precedentemente assunti a tempo determinato ed iscritti nelle graduatorie ad esaurimento sarebbero stati assunti a tempo indeterminato.
La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
Ebbene, la Corte di giustizia dell’Unione Europea, con una sentenza del 26 novembre 2014, ha riconosciuto che l’insegnamento è correlato a un diritto fondamentale garantito dalla Costituzione italiana che impone allo Stato italiano di organizzare il servizio scolastico garantendo un adeguamento costante tra il numero di docenti e il numero di scolari, cosa che dipende da un insieme di fattori, taluni difficilmente controllabili o prevedibili. La Corte ha aggiunto che tali fattori attestano una particolare esigenza di flessibilità, che può oggettivamente giustificare il ricorso a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Allo stesso tempo, la Corte sovranazionale ha ammesso che, qualora uno Stato membro riservi, nelle scuole da esso gestite, l’accesso ai posti permanenti al personale vincitore di concorso, tramite l’immissione in ruolo, può altresì oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell’espletamento di tali concorsi, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Tuttavia il solo fatto che la normativa nazionale, che consente proprio il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura, tramite supplenze annuali, di posti vacanti e disponibili in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali, possa essere giustificata da una “ragione obiettiva” non è sufficiente a renderla conforme all’accordo quadro, se risulta che l’applicazione concreta di detta normativa conduce, nei fatti, a un ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato. Ciò si verifica quando tali contratti sono utilizzati per soddisfare esigenze permanenti e durevoli delle scuole statali in materia di personale.
Nel caso specifico dell’ordinamento italiano, la Corte ha rilevato che il termine di immissione in ruolo dei docenti nell’ambito di tale regime è variabile e incerto, poiché essa dipende da circostanze aleatorie e imprevedibili. Infatti, da un lato, l’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento dei docenti in graduatoria è in funzione della durata complessiva dei contratti di lavoro a tempo determinato nonché dei posti che sono nel frattempo divenuti vacanti. Dall’altro lato, non è previsto alcun termine preciso per l’organizzazione delle procedure concorsuali. Sono queste due circostanze di fatto (aleatorietà dell’immissione in ruolo dei lavoratori iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, mancanza di termini per l’organizzazione delle procedure concorsuali) che hanno indotto la Corte europea a concludere nel senso che la normativa italiana, sebbene limiti formalmente il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato per provvedere a supplenze annuali per posti vacanti e disponibili solo per un periodo temporaneo fino all’espletamento delle procedure concorsuali, non consente di garantire che l’applicazione concreta delle ragioni oggettive sia conforme ai requisiti dell’accordo quadro.
Quanto, poi, alle misure sanzionatorie, la stessa Corte, muovendo dalla constatazione che la normativa italiana escluderebbe sia il risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato nel settore dell’insegnamento, sia la trasformazione di tali contratti in contratti a tempo indeterminato, conclude nel senso della mancanza di misure adeguate per sanzionare debitamente il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo determinato escludendo che una sanzione effettiva e dissuasiva possa essere individuata nel fatto che un lavoratore che abbia effettuato supplenze possa ottenere un contratto a tempo indeterminato con l’immissione in ruolo per effetto dell’avanzamento in graduatoria, poiché trattasi di possibilità del tutto aleatoria.
La decisione del Tribunale di Roma
A parere del Tribunale, le disposizioni della l. n. 107 del 2015 vanno ad impattare proprio sugli evidenziati snodi essenziali del ragionamento svolto dalla Corte di giustizia e, precisamente, sul ritenuto carattere aleatorio dell’immissione in ruolo dei lavoratori destinatari, nel corso degli anni passati, di ripetute assunzioni a termine. Infatti attualmente costoro, semplicemente manifestando la loro volontà in tal senso, saranno assunti a tempo indeterminato con decorrenza almeno giuridica dal settembre 2015 (ciò anche per coloro che, come la ricorrente, siano destinati ad essere immessi in ruolo all’esito della c.d. fase c), onde neppure nei confronti di tale categoria di lavoratori può ipotizzarsi l’inadeguatezza della tutela assicurata dalla nuova disciplina).
Il Tribunale, infatti, sostiene che l’immissione in ruolo avutasi per effetto della L. 107/2015 costituisca una sanzione del ripetuto ricorso ad assunzioni a tempo determinato per far fronte ad esigenze asseritamente stabili, sicuramente congrua rispetto ai parametri richiesti dalla direttiva e dalla giurisprudenza europea.
Viene, infatti, assicurato ai lavoratori il bene della vita maggiormente prezioso, vale a dire lo stabile posto di lavoro e ciò senza necessità di sottoposizione ad ulteriori selezioni dall’esito incerto. Quest’ultimo rilievo (e, cioè, la possibilità dei lavoratori in questione di essere immessi in ruolo senza necessità di superare un concorso, come pure richiesto, in via generale e salvo eccezioni stabilite per legge, dall’art. 97 Cost.) vale largamente a compensare il pregiudizio costituito dalla decorrenza solo dal settembre 2015 dell’assunzione a tempo indeterminato. Tanto più che, all’esito di tale assunzione, gli interessati potranno richiedere la ricostruzione della carriera facendo valere anche i periodi lavorati in virtù di pregressi contratti a tempo determinato e che, per i periodi in questione, essi hanno comunque diritto a vedersi calcolata – ai fini della maturazione di miglioramenti economici collegati all’anzianità – il servizio prestato in esecuzione di precedenti contratti a termine.
La l. 107/2015 è retroattiva
In base al modello delineato dal legislatore già prima della l. n. 107 del 2015, i docenti destinatari di assunzioni a termine erano destinatari del diritto ad essere assunti in pianta stabile man mano che si fossero rese disponibili le cattedre e, nel frattempo, continuavano ad essere utilizzati con incarichi di supplenza. Si trattava di un percorso, per così dire, protetto, proprio perché, da un lato, la chiusura definitiva delle graduatorie impediva che alle assunzioni a termine potessero aspirare anche soggetti che non avessero già lavorato a tempo determinato con l’Amministrazione e, dall’altro, era certo (anche se solamente nell’an, non pure nel quando) che sarebbero stati destinatari di una futura assunzione a tempo indeterminato.
Peraltro, come detto, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto che l’incertezza circa il tempo in cui si sarebbe verificata l’assunzione in pianta stabile rendesse il sistema censurabile sotto il profilo dell’idoneità a costituire un efficace deterrente contro il ricorso abusivo alle assunzioni a tempo determinato.
Ma ormai tale segmento del sistema è stato modificato in maniera sicuramente idonea a soddisfare i requisiti di certezza pretesi dai giudici comunitari (è certa, perché inderogabilmente stabilita dalla legge, la data della decorrenza delle immissioni in ruolo); e ciò è avvenuto con efficacia per così dire retroattiva, poiché la sanzione dell’immissione in ruolo riguarda non i contratti a termine conclusi dopo l’entrata in vigore della legge che l’ha introdotta nell’ordinamento, bensì proprio i contratti a tempo determinato stipulati in epoca precedente.
Sull’argomento, tuttavia, sussiste ancora un forte contrasto di vedute.
Al riguardo, confronta quanto affermato dallo stesso Tribunale di Roma con una sentenza diametralmente opposta pubblicata appena qualche giorno dopo.
Tribunale Roma, 01 ottobre 2015
Il piano straordinario di assunzioni di cui alla legge n. 107 del 2015, data la sua natura di misura eccezionale, non è idoneo a sanare il pregiudizio derivante dalla mancanza di tempi certi per la stabilizzazione dei lavoratori assunti tramite reiterazione abusiva di contratti a termine: a fronte dell’aleatorietà creatasi, pertanto, l’unico rimedio è il risarcimento del danno “comunitario”.
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avv. Giacomo Romano
Ideatore, coordinatore e capo redazione at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali.