Ripetizione di indebito in presenza di conto corrente aperto

Ripetizione di indebito in presenza di conto corrente aperto

La giurisprudenza è oramai granitica nel ritenere che la domanda di ripetizione indebito è da ritenersi inammissibile nel caso in cui la precitata domanda venga proposta dal correntista in presenza di conto corrente aperto. Pregevole, sul punto, la recente sentenza del Tribunale di Catanzaro, 5 aprile 2016, n. 581: nella fattispecie in esame, una società conveniva in giudizio un istituto di credito– presso la quale intratteneva un rapporto di conto corrente – deducendo la nullità parziale del contratto di conto corrente relativamente all’applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e alle commissioni di massimo scoperto, chiedendo al giudice di merito l’accertamento del credito con condanna della banca al pagamento delle somme indebitamente corrisposte oltre al risarcimento del danno.

Si costituiva in giudizio l’istituto di credito, il quale eccepiva la prescrizione della spiegata azione di ripetizione dell’indebito e l’assenza di pagamenti eseguiti dalla società correntista.

La sentenza in commento, conformandosi alla giurisprudenza ormai consolidata, ha affermato l’inammissibilità dell’azione di ripetizione di indebito in pendenza di un rapporto di conto corrente.

Al riguardo, il Tribunale ha precisato che l’annotazione in conto di una posta di interessi (o di c.m.s.) illegittimamente addebitati dalla banca al correntista comporta un incremento del debito dello stesso correntista, o una riduzione del credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nel senso che non vi corrisponde alcuna attività solutoria in favore della banca; con la conseguenza che il correntista potrà agire per far dichiarare la nullità del titolo su cui quell’addebito si basa (allo scopo eventualmente di recuperare una maggiore disponibilità di credito, nei limiti del fido accordatogli), ma non potrà agire por la ripetizione di un pagamento che, in quanto tale, da parte sua non ha ancora avuto luogo. Di pagamento, nella descritta situazione, potrà dunque parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia estratto dal correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultino compresi interessi non dovuti e, perciò, da restituire se corrisposti dal cliente all’atto della chiusura del conto.

Ne discende che “la domanda di ripetizione proposta con il conto aperto è inammissibile e resta tale anche se il conto è stato chiuso in corso di causa, dovendo valutarsi la situazione al momento della proposizione della domanda, posto che la chiusura del rapporto è una condizione di ammissibilità e non di procedibilità della domanda” e ”l’ordine di esibizione ex art. 210 del codice di rito non può supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova a carico della parte istante”.

Conforme, sul punto, il Tribunale di Agrigento che, con sentenza n. 446 del 14 marzo 2016,  ha confermato l’improponibilità della domanda di ripetizione di indebito in ragione dell’apertura del conto corrente nonché l’onere della prova posto in capo all’attore sulla domanda di nullità delle clausole del contratto di c/c:  in particolare, quando il conto corrente è ancora aperto, l’interesse del cliente deve trovare normale soddisfazione nel ricalcolo dell’effettivo saldo, depurato degli eventuali addebiti nulli; la domanda di nullità può, quindi, essere sempre proposta anche in costanza di rapporto, ma al solo fine di ottenere una pronuncia meramente dichiarativa, volta a rettificare – se del caso – in favore del correntista le risultanze del saldo del conto stesso (vedi anche Corte d’Appello di Torino, Sez. I, 15 febbraio 2015, n. 214; Trib. Alessandria 4 maggio 2015, n. 13).

Sul solco di tale orientamento, altrettanto lapidaria è la sentenza del Tribunale di Monza, Dott.ssa Gabriella del 25 gennaio 2016, il quale ha chiosato quanto segue “ove il conto corrente sia ancora in essere al momento della notifica della citazione e non estinto, la domanda di ripetizione dell’indebito è inammissibile; del pari non può trovare accoglimento la richiesta di rideterminazione del saldo, da depurarsi degli addebiti illegittimamente applicati poiché si tratta di una domanda non autonoma, ma strettamente connessa a quella conseguenziale volta, appunto, ad ottenere la restituzione delle somme illegittimamente pagate alla Banca dall’inizio del rapporto.

La domanda di accertamento della nullità delle condizioni contrattuali e la conseguente domanda di rideterminazione del saldo relativo al rapporto di un conto corrente è inammissibile ove vi sia una generica contestazione degli addebiti mossi avverso l’operato della Banca, senza la conseguenziale prova circa i fatti asseritamente contestati all’istituto convenuto.

Chi agisce per la ripetizione di somme che assume indebitamente corrisposte, ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta, essendo tale inesistenza un elemento costitutivo della domanda di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c..

La consulenza tecnica d’ufficio non è un mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze, con la conseguenza che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, né allo scopo di compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di fatti, elementi o circostanze non provati.”.

Nel caso in questione una società correntista, pur avendo un rapporto di conto corrente in essere, conveniva in giudizio la Banca, onde ottenere la ripetizione delle somme indebitamente riscosse dall’Istituto di credito, per effetto dell’illegittima applicazione di tassi di interesse usurari, della commissione di massimo scoperto, oltre che di interessi anatocistici.

Il Tribunale di Monza rilevato, preliminarmente, che il rapporto di conto corrente in contestazione non era stato estinto al momento della notifica dell’atto di citazione, dichiarava inammissibile la domanda restitutoria, atteso che di pagamento in senso proprio può parlarsi solo dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto, la Banca abbia esatto dal correntista la restituzione del saldo finale.

Tale inammissibilità si estende, peraltro, anche alle domande cd. presupposte aventi ad oggetto la richiesta di accertamento della nullità di alcune clausole del contratto e di conseguente rideterminazione del saldo, atteso che l’esame di queste ultime e l’interesse ad esse sotteso non può essere isolato e non può prescindere dalla richiesta restitutoria, essendo la domanda di accertamento strumentale all’accoglimento della domanda di condanna.

La ritenuta inammissibilità dell’azione di restituzione finisce per travolgere pure quella, pregiudiziale rispetto ad essa, di accertamento dell’illegittimità dell’applicazione degli interessi usurari con le relative variazioni periodiche, della commissione di massimo scoperto, dei giorni valuta e così via.

I medesimi principi sono stati, altresì, condivisi dal Giudice Padovano con la sentenza depositata il 13 gennaio 2016, dr. Giorgio Bertola, che con lodevole lucidità e chiarezza espositiva ha statuito “L’ammissibilità dell’azione di ripetizione di indebito presuppone la chiusura del rapporto di conto corrente cui si riferisce la relativa pretesa. Invero, è ripetibile la somma indebitamente pagata e non già il debito sostenuto come illegale. Vero è, infatti, che un pagamento, per dar vita ad un’eventuale pretesa restitutoria di chi assume di averlo indebitamente effettuato, deve tradursi nell’esecuzione di una prestazione da parte di quel medesimo soggetto (il solvens), con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (l’accipiens); e in tanto può definirsi indebito, con conseguente diritto di ripetizione a norma dell’art. 2033 c.c., in quanto difetti di una idonea causa giustificativa.”

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Antonello Amari

Praticante Avvocato at Studio Legale
Pr. Avvocato dell'Ordine di Roma, attualmente collaboratore presso lo studio legale Tommaso Spinelli Giordano & Associati, sito in Roma; Amministratore di Condominio, nonché socio della associazione A.IM.A. - Amministratori Immobiliari Associati, Associazione iscritta al Ministero dello Sviluppo Economico (ex L.4/13); Mediatore Civile e Commerciale; Collaboratore delle seguenti riviste: "Giurimetrica", edita da Alma Iura s.r.l.; rivista online "Exparte Creditoris"; rivista online "Il caso.it".

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