SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE PER INFILTRAZIONI MAFIOSE: no alla comunicazione di avvio del procedimento

SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO COMUNALE PER INFILTRAZIONI MAFIOSE: no alla comunicazione di avvio del procedimento

Consiglio di Stato, Sez. III, Pres. Romeo – Est. D’Alessio, 24 aprile 2015, n. 2054

Nei procedimenti volti allo scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose, ex art. 143 D.Lgs. n. 267 del 2000, non è necessaria la comunicazione dell’avvio del procedimento, tenuto conto della natura preventiva e cautelare del decreto di scioglimento, della circostanza che gli interessi coinvolti non concernono, se non indirettamente, persone ma riguardano piuttosto la complessiva operatività dell’ente locale, nonché delle esigenze di celerità del procedimento e della difficile ipotizzabilità di una collaborazione procedimentale che è preclusa anche dalla riservatezza degli elementi documentali (e prettamente indiziari) su cui si basa il procedimento.( Letture consigliate: Il comune degli altri. Lo scioglimento degli organi di governo degli enti locali per infiltrazioni mafiose)

Nel caso di specie, il Consiglio di Stato si è pronunciato per la legittimità di un provvedimento di scioglimento di un Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 143 D.Lgs. n. 267 del 2000, a causa di accertati fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso.

La sentenza in esame ha osservato come lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose costituisca una misura straordinaria di prevenzione (Corte Cost., 19 marzo 1993, n. 103), che l’ordinamento ha apprestato al fine di rimediare a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell’autogoverno locale, per l’accertata diffusione sul territorio della criminalità organizzata (Cons. di Stato, Sez. III, 28 maggio 2013, n. 2895). Tale misura non ha natura di provvedimento sanzionatorio, non perseguendo finalità repressive nei confronti di singoli, ma ha la scopo fondamentale di salvaguardare la funzionalità dell’amministrazione pubblica (Cons. di Stato, Sez. III, 26 settembre 2014, n. 4845).

Il D.P.R. con il quale è disposto lo scioglimento, e la relazione ministeriale di accompagnamento, costituiscono, quindi, atti di alta amministrazione, perché determinano la prevalenza delle azioni di contrasto alle mafie rispetto alla conservazione degli esiti delle consultazioni elettorali (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 2895 del 28 maggio 2013 cit.).

Inoltre, non si può ritenere che il procedimento debba garantire in pieno la partecipazione, l’informazione e il contraddittorio con gli interessati, tenuto conto della natura di misura straordinaria di prevenzione che ha il provvedimento di scioglimento e della funzione, ritenuta prevalente dall’ordinamento, di salvaguardia della funzionalità dell’amministrazione pubblica e di rimedio a situazioni patologiche di compromissione del naturale funzionamento dell’autogoverno locale, dovuto al condizionamento da parte della criminalità organizzata.

In materia, la comunicazione dell’avvio del procedimento non è necessaria, tenuto conto della natura preventiva e cautelare del decreto di scioglimento e della circostanza che gli interessi coinvolti non concernono, se non indirettamente, persone, riguardando piuttosto la complessiva operatività dell’ente locale e, quindi, in ultima analisi, gli interessi dell’intera collettività comunale (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 727 del 14 febbraio 2014).

Occorre peraltro tenere conto anche delle esigenze di celerità del procedimento e della difficile ipotizzabilità di una collaborazione procedimentale che è preclusa anche dalla riservatezza degli elementi documentali (e prettamente indiziari) su cui si basa il procedimento (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 6657 del 28 ottobre 2009).

Il Consiglio di Stato non ha, poi, ritenuto fondato nemmeno il motivo con il quale l’appellante sosteneva che il provvedimento di scioglimento avrebbe dovuto essere comunque sottoposto ad una successiva verifica giurisdizionale piena e di merito non limitato ad un sindacato estrinseco.

Infatti, in materia, il giudice amministrativo ha un sindacato di legittimità di tipo estrinseco che non può estendersi al merito delle valutazioni effettuate dall’Amministrazione ma deve fermarsi all’accertamento della eventuale erroneità dei fatti ed alla manifesta irragionevolezza delle decisioni assunte (Consiglio di Stato, Sezione III n. 1266 del 6 marzo 2012).

Nell’esercizio del potere di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, trovano quindi giustificazione i margini, particolarmente estesi, della potestà di apprezzamento di cui fruisce l’Amministrazione statale nel valutare gli elementi su collegamenti, diretti o indiretti, o su forme di condizionamento da parte della criminalità di stampo mafioso (Consiglio di Stato, Sezione III, n. 3340 del 2 luglio 2014).

CONFORMI: Corte Cost., 19 marzo 1993, n. 103; Cons. di Stato, Sez. III, 26 settembre 2014, n. 4845; Cons. di Stato, Sez. III, 28 maggio 2013, n. 2895; Cons. di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2014, n. 727; Cons. di Stato, Sez. VI, 28 ottobre 2009, n. 6657.

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Rita Mazzacano

Rita Mazzacano si è laureata nel 2011 in Giurisprudenza con 110 e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, con una tesi in diritto amministrativo. Ha svolto il tirocinio forense presso l'Avvocatura dello Stato di Napoli. Ha conseguito il titolo di Avvocato nel 2014 ed attualmente collabora con uno studio legale che si occupa principalmente di diritto del lavoro.

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