Sezioni Unite sulle obbligazioni pecuniarie: sono “portabili” solo quelle liquide
di Carmela Miranda
Con la sentenza n. 17989 del 13 settembre 2016, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione si sono espresse in relazione all’applicazione dell’art. 1182 c.c., terzo comma – disciplinante le obbligazioni pecuniarie c.d. portabili – ad un’obbligazione pecuniaria il cui importo non risulti predeterminato nel titolo, ma venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria.
Al fine di esaminare la pronuncia de qua, giova dapprima soffermarsi sulla descrizione della fattispecie concreta.
Nel caso di specie, la società creditrice, con sede in provincia di Firenze, conveniva la sua debitrice dinanzi al Tribunale fiorentino, intimandole il pagamento di una determinata somma di denaro, quale corrispettivo di un servizio ad essa reso.
Il Tribunale adito, accogliendo l’eccezione sollevata dalla società debitrice, si dichiarava incompetente a favore di un diverso Tribunale, individuato sia quale foro del convenuto, sia quale foro in cui era sorta l’obbligazione, sia quale foro del pagamento della somma di denaro oggetto della causa. In relazione quest’ultimo criterio di collegamento, si evidenziava che nell’ambito delle obbligazioni pecuniarie – per le quali l’art. 1182, 3 co., c.c. prevede l’adempimento presso il domicilio del creditore – rientrano esclusivamente quelle aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una somma di denaro.
Poiché il contratto, nell’ipotesi presa in considerazione, non conteneva alcuna indicazione dell’importo spettante all’attrice quale corrispettivo della prestazione compiuta, non poteva trovare applicazione il sopra citato 3 comma dell’art. 1182 c.c., bensì il 4 comma della medesima disposizione, il quale identifica il luogo dell’adempimento dell’obbligazione nel domicilio della società debitrice.
Proposto ricorso per regolamento di competenza dalla società creditrice, l’esame della controversia veniva affidato alla Sesta Sezione civile la quale, rilevata l’esistenza in materia di un contrasto giurisprudenziale, promuoveva l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Nel dettaglio, quest’ultime venivano chiamate a stabilire: “se sia applicabile l’art. 1182 c.c., terzo comma qualora nel contratto non risulti predeterminato l’importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria”.
Ciò premesso, le Sezioni unite muovono, in primis, dall’analisi dei due distinti orientamenti elaborati sul tema in esame dalla giurisprudenza di legittimità.
Orbene, secondo un primo e tradizionale indirizzo (ex multis, Cass. 22326/2007), qualora la somma di denaro oggetto dell’obbligazione non sia stata ancora determinata dalla parti ovvero liquidata dal giudice, in loro sostituzione, mediante operazioni diverse dal semplice calcolo aritmetico, trova applicazione la disciplina contenuta nell’art. 1182 c.c., quarto comma, il quale prevede che nei casi diversi da quelli individuati nei commi precedenti, l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza.
Per differente impostazione, di carattere minoritaria, (ex multis, Cass. 7674/2005; 12455/2010; 10837/2011) non rileva, ai fini dell’individuazione del forum destinatae solutionis previsto dall’art. 1182 c.c., terzo comma, che la somma di denaro oggetto della prestazione richiesta non sia stata convenzionalmente prestabilita, essendo sufficiente che l’attore abbia agito per il pagamento di una somma da lui puntualmente indicata.
Esaminati i due opposti orientamenti, i giudici di Piazza Cavour chiariscono che la questione in esame ha ad oggetto più nel dettaglio il modo di intendere il requisito della liquidità, in quanto tale requisito, seppur non espressamente previsto dalla legge quale attributo delle obbligazioni pecuniarie, costituisce, secondo unanime giurisprudenza, un elemento necessario affinchè l’obbligazione venga considerata “portabile”, vale a dire adempiuta presso il domicilio del creditore ex art. 1182 c.c, terzo comma.
Dirimente, pertanto, diviene la definizione del requisito della liquidità.
A tal fine, le Sezioni Unite, richiamando una consolidata giurisprudenza, chiariscono che la caratteristica della liquidità è propria delle obbligazioni pecuniarie derivanti da titolo convenzionale o giudiziale che ne abbia stabilito la misura, con la precisazione che la liquidità sussiste anche nel caso in cui l’ammontare del credito può essere determinato con un semplice calcolo aritmetico o senza indagini ed operazioni ulteriori.
In altri termini, per liquidità è da intendersi che la somma dovuta risulta dal titolo, convenzionale o giudiziale, e dunque non è necessario, per determinarla, un ulteriore titolo negoziale o giudiziale.
É esclusivamente a tale categoria di obbligazioni pecuniarie, precisano le Sezioni Unite, che si applica l’art. 1182 c.c., terzo comma, laddove prevede che l’adempimento debba avvenire presso il domicilio del creditore.
Diversamente, qualora l’obbligazione pecuniaria non presenti le caratteristiche descritte, non potrà essere qualificata come portabile ai sensi dell’art. 1182 c.c., terzo comma, trovando invece applicazione il quarto comma della medesima disposizione, che identifica il luogo dell’adempimento dell’obbligazione nel domicilio del debitore.
Invero, osserva la Corte, tra le obbligazioni pecuniarie quelle illiquide hanno una particolarità: ai fini dell’adempimento del debitore è necessario un passaggio ulteriore, vale a dire un ulteriore titolo, convenzionale o giudiziale.
Ne deriva una rilevante conseguenza: per tale categoria di obbligazioni pecuniarie non si verifica la mora ex re, disciplinata dall’art. 1219 c.c., secondo comma, n. 3, il quale esclude la necessità della costituzione in mora “quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore”.
Infatti, se anche le obbligazioni pecuniarie illiquide venissero considerate portabili, da adempiere cioè al domicilio del creditore, la mora – e con essa anche la responsabilità ex art. 1224 c.c. – scatterebbe automaticamente anche a discapito del debitore la cui prestazione sia ancora incerta nel suo ammontare.
Tale conseguenza, osservano le Sezioni Unite, non solo si porrebbe in contrasto con l’art. 1218 c.c. – il quale esclude la responsabilità del debitore la cui prestazione sia impossibile per causa a lui non imputabile – ma sembrerebbe violare la regola del favor debitoris, di cui all’art. 1182 c.c, secondo comma.
Un’esigenza di protezione del debitore, pertanto, muove l’interpretazione restrittiva dell’art. 1182 c.c., terzo comma, nel rispetto della quale il requisito della liquidità del credito viene ancorato alla sussistenza di dati oggettivi. Si afferma, dunque, che rientrano nella previsione della citata disposizione “esclusivamente le obbligazioni pecuniarie liquide, il cui ammontare, cioè, sia determinato direttamente dal titolo ovvero possa essere determinato in base ad esso con un semplice calcolo aritmetico”.
L’indicata esigenza di protezione, infatti, risulterebbe gravemente pregiudicata laddove il requisito della liquidità del credito venisse ritenuto sussistente ogni qualvolta l’attore si limiti a precisare, nell’atto con cui fa valere la propria pretesa in giudizio, la somma di denaro oggetto dell’obbligazione pecuniaria. In tali ipotesi, a radicare la controversia presso il forum creditoris sarebbe sufficiente il mero arbitrio del creditore stesso, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale.
Non da ultimo, le Sezioni Unite precisano che non occorre che l’ammontare della somma dovuta risulti direttamente dal titolo originario, potendo essere dedotto anche indirettamente da quest’ultimo, purchè indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma va determinata.
Rileva, tuttavia, che tali criteri posseggano una precisa caratteristica: sono necessari criteri stringenti, in applicazione dei quali la somma risultante sia soltanto una e non residui alcun margine di scelta discrezionale.
La liquidità richiesta, in altri termini, è quella che scaturisce da semplici operazioni aritmetiche, in assenza delle quali il credito non potrebbe dirsi liquido poiché quel margine di discrezionalità potrebbe essere superato unicamente mediante un ulteriore titolo (convenzionale o giudiziale).
In conclusione, con la sentenza in esame le Sezioni Unite enunciano il seguente principio di diritto: “Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’art. 1182, terzo comma, c.c., sono – agli effetti della mora ex re ai sensi dell’art. 1219, comma secondo, n. 3, c.c., sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20, ultima parte, c.p.c.- esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo, senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’art. 38, ultimo comma, c.p.c.”.
Alla luce di quanto stabilito in tale occasione, l’istanza di regolamento promossa dalla società creditrice veniva respinta, non avendo la ricorrente dedotto che nel contratto era stato indicato l’ammontare del credito ovvero i criteri per determinarlo.
Pertanto, in assenza del requisito della liquidità dell’obbligazione pecuniaria dedotta in giudizio, la controversia avrebbe dovuto essere instaurata dinanzi al Tribunale nel cui circondario aveva sede la società debitrice, così come previsto dall’art. 1182 c.c., terzo comma.
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