Sinistri stradali: la sentenza passata in cosa giudicata non estende i suoi effetti a terzi
Giudice di Pace di Napoli ex Pozzuoli, 31 dicembre 2015
Il fatto
A seguito di un sinistro stradale il danneggiato citava in giudizio il proprietario dell’autovettura che lo aveva investito e la compagnia assicuratrice di quest’ultimo la quale, sebbene ritualmente invitata a risarcire i danni, non vi aveva mai provveduto.
Instauratosi il procedimento, risultato contumace l’assicurato, si costituiva la compagnia che, preliminarmente, eccepiva l’inammissibilità della domanda per essere intervenuta, sul medesimo sinistro, sentenza passata in cosa giudicata e, nel merito, la contestava sia sull’an che sul quantum debeatur.
La decisione
Il Giudice ha disatteso l’eccezione d’inammissibilità della domanda eccepita dalla convenuta compagnia assicuratrice.
Secondo l’art. 2909 c.c., la cosa giudicata (o giudicato sostanziale o autorità di cosa giudicata) è il far stato ad ogni effetto dell’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato formale nei confronti delle parti, dei loro eredi o aventi causa.
Quindi, l’accertamento contenuto nella sentenza non estende i suoi effetti a terzi né può essere vincolante per questi ultimi.
Va peraltro chiarito in quali esatti limiti operi il vincolo in questione ed a tal riguardo si suole distinguere tra limiti oggettivi e soggettivi del giudicato. Stando alla regola dei limiti oggettivi, l’accertamento dell’esistenza o dell’inesistenza del diritto soggettivo fatto valere nel processo opera in tutti i futuri giudizi in cui sia dedotto in via principale quello stesso diritto soggettivo (c.d. effetti diretti) o siano fatti valere diritti soggettivi la cui esistenza da questo dipende (c.d. effetti riflessi).
La regola dei limiti soggettivi, invece, mira a determinare chi sia esattamente investito dall’efficacia vincolante del giudicato civile. Sotto questo profilo si ritiene, dunque, che l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato vincoli, come si evince dal disposto dell’art. 2909 c.c., le parti del processo, nonché i loro eredi ed aventi causa. Salvo queste due ultime eccezioni si ritiene generalmente che coloro che non hanno preso parte al processo non debbano soggiacere all’autorità di cosa giudicata; e ciò per garantire il pieno rispetto del diritto di difesa previsto dall’art. 24 Costituzione.
Ebbene, nel caso di specie, non erano presenti le stesse parti di cui al giudizio della sentenza passata in cosa giudicata.
Ad avviso del Giudice, la convenuta compagnia di assicurazione, per dimostrare che era stata accertata l’esclusiva responsabilità di un terzo nella causazione del sinistro, avrebbe dovuto chiamare in causa quest’ultimo (nel caso di specie, essendo il terzo ignoto, la Spa Generali Italia, nella qualità di Impresa designata per la Campania alla liquidazione dei sinistri per conto della Consap).
Infatti, la giurisprudenza della Cassazione ha precisato che: “La domanda principale dell’attore si estende automaticamente al chiamato in causa dal convenuto quando la chiamata del terzo sia effettuata per ottenere la liberazione dello stesso convenuto dalla pretesa attorea, individuandosi il terzo come l’unico obbligato nei confronti dell’attore, in posizione alternativa con il convenuto ed in relazione alla medesima obbligazione dedotta nel giudizio: ne consegue che, in tema di sinistri stradali, laddove il convenuto chiami in causa un terzo e il Giudice accerti la responsabilità esclusiva del veicolo rimasto sconosciuto, la domanda di risarcimento proposta dall’attore deve intendersi, automaticamente, estesa all’Impresa assicurativa designata dal fondo di garanzia per le vittime della strada” (Cass. Sent. n.3641 del 4/2/13).
In conclusione, la domanda è stata ritenuta ammissibile e proponibile essendo stata preceduta da rituale richiesta di risarcimento danni ex artt. 144, 145 e 148 del CdA ed essendo trascorso lo spatium deliberandi.
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