STABILIMENTI BALNEARI: la SCIA non basta, ci vuole il parere della Soprintendenza

STABILIMENTI BALNEARI: la SCIA non basta, ci vuole il parere della Soprintendenza

Cons. di Stato, Sez. VI, 8 luglio 2015, n. 3397

a cura di Paolo Ferone

Non è possibile iniziare l’attività di gestione di uno stabilimento balneare a seguito della presentazione di una Scia. Ciò in quanto rilevano condizioni tali che presuppongono, con riferimento anche alla tipologia delle strutture installate, valutazioni discrezionali da parte della PA preposta alla tutela dei beni paesaggistici, che impongono il rilascio della formale autorizzazione amministrativa“.

Il Consiglio di Stato ha respinto l’appello del titolare della concessione demaniale al quale il Comune di Napoli aveva contestato l’inizio dell’attività di stabilimento balneare e di attività connesse (bar, ristorante, attività danzante, ecc.) a seguito della presentazione di una SCIA.

Per approfondimenti sulla SCIA: La segnalazione certificata di inizio attività. Nuove prospettive del rapporto pubblico-privato

La materia del contendere di questo grado riguardava le modalità di formazione del titolo giuridico per l’esercizio dello stabilimento balneare in capo al soggetto già intestatario della concessione demaniale (per le attività connesse, il giudice di primo grado, con capo decisorio non impugnato, aveva accolto il ricorso ravvisando la perplessità ed il difetto di istruttoria del diniego di agibilità).

La ricorrente, concessionaria demaniale, riteneva che, per l’esercizio dell’attività di stabilimento balneare, fosse sufficiente la segnalazione certificata di inizio di attività, che essa aveva ritualmente depositato agli atti del Comune di Napoli, assumendo che avrebbe dovuto trovare applicazione la disposizione generale dell’ art. 19 della L. 7 agosto 1990, n. 241 sulla liberalizzazione delle attività economiche.

Il Collegio ha ritenuto che l’argomento della società appellante fosse infondato.

Non appare, in particolare, fondato il rilievo secondo cui i profili paesaggistici sarebbero già valutati dall’autorità demaniale all’atto del rilascio del titolo per finalità turistico ricreative.

La tesi non ha pregio sotto un duplice profilo:

a) perché la competenza ad esprimere la valutazione di compatibilità delle opere funzionali all’esercizio dello stabilimento balneare con il regime proprio del vincolo paesaggistico cui è astretto l’uso del bene demaniale non spetta all’autorità demaniale ma, in quanto espressione specifica della funzione pubblica di tutela paesaggistica, alla competente Amministrazione per i beni culturali e il paesaggio;

b) perché l’autorità demaniale non potrebbe, in ogni caso, svolgere ex ante una valutazione di compatibilità paesaggistica degli interventi in carenza di concreti elaborati progettuali che descrivano dettagliatamente le opere strumentali all’esercizio dello stabilimento balneare (che non hanno una conformazione identica in ogni fattispecie concreta).

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Per quanto possa trattarsi di opere amovibili a carattere stagionale, nondimeno l’autorità competente a pronunciarsi sulla loro compatibilità con il vincolo paesaggistico gravante sul sito (pacificamente sussistente, trattandosi della fascia costiera astretta al regime dei beni paesaggistici ex lege ai sensi dell’art. 142 del Codice dei beni culturali e del paesaggio) non può che essere – come detto – la competente Soprintendenza; la quale, come osservato dal giudice di prime cure, nel caso in esame non risultava essere mai stata coinvolta nel procedimento funzionale alla formazione del titolo per l’esercizio dello stabilimento balneare di che trattasi.

Inoltre, il rilascio dell’autorizzazione di pubblica sicurezza ai sensi dell’ art. 80 R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) suppone la verifica della solidità e della sicurezza degli edifici e l’esistenza di uscite pienamente adatte allo sgombero, di tal che appare evidente come detto titolo autorizzatorio non possa essere surrogato a mezzo di SCIA (tanto vero che anche la materia della pubblica sicurezza è espressamente esclusa dal perimetro applicativo della disposizione normativa dianzi richiamata).

Non giova, poi, il richiamo all’ art. 19 della L. n. 241 del 1990 posto che, come affermato con motivazione condivisibile dal giudice di primo grado, la disposizione non è espressamente applicabile ai casi in cui – come nella specie – è necessaria la valutazioni di interessi sensibili (quali l’ambiente, il paesaggio o la sicurezza pubblica) in ordine ai quali è richiesto un particolare schema procedimentale.

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