Start up Innovativa e PMI innovativa nella legislazione italiana

Start up Innovativa e PMI innovativa nella legislazione italiana

a cura di Noemi Francesca Barbagallo

Le forme organizzative societarie preferite nel contesto italiano sono oggi prevalentemente le società rispetto alle imprese individuali ed in particolare le società di capitali . Dati statistici registrano, poi, da un lato il calo delle società azionarie e l’incremento delle s.r.l. e, dall’altro, un tasso di liquidazione sia volontaria che concorsuale più basso per le seconde, certamente connesso anche alla loro più “ristretta base finanziaria” . Va da sé che la selezione erronea di un tipo di società rispetto ad un altro può decretare l’insuccesso dell’iniziativa imprenditoriale. Per questo la fase iniziale dell’impresa (cd. start up) è assolutamente delicata in quanto si tratta di un periodo deputato alla costituzione dell’impresa e alla raccolta del capitale di rischio e di credito.

Particolare attenzione in tale contesto risulta dunque dedicata dal legislatore comunitario alle piccole e medie imprese (PMI), intendendosi per “piccole” o “medie” imprese quelle società a ristretta compagine sociale e che hanno un ridotto capitale e/o patrimonio, tale da potere redigere il bilancio in forma abbreviata.

Quanto alla società “chiusa”, una embrionale definizione si ricava a contrario dall’art. 2325-bis, comma 1º, là dove definisce la società (per azioni) aperta quale società che fa appello al mercato del capitale di rischio​. Nell’ambito delle società azionarie, si riscontra che soltanto specifici aspetti della normativa codicistica sono differenziati a seconda del fatto che la società sia “aperta” o “chiusa”; riguardo alla s.r.l., l’intera disciplina è improntata all’archetipo della piccola start up chiusa; in ogni caso, la s.r.l., e i tipi suoi omologhi in altri ordinamenti, sono univocamente preferiti dalle piccole società di capitali, pur senza essere ad esse riservati, essendo le piccole società di capitali, in larghissima parte, istituzionalmente o (almeno) convenzionalmente società chiuse.

Alla “regola” non manca l’eccezione, come si evidenzierà parlando di start up e piccolo-medie imprese innovative.

L’ordinamento italiano è l’unico tra quelli comunitari ed europei ad avere dedicato un modello societario speciale — e specifico — alle start up innovative e — distintamente dalle prime — alle piccolo-medie imprese (PMI) innovative.

La start up innovativa introdotta nel secondo “decreto crescita” , non è un tipo societario autonomo ma una qualifica temporanea, che può essere conferita a società di capitali in presenza del requisito formale dell’iscrizione nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese  e di alcuni requisiti sostanziali.

La titolarità delle partecipazioni può essere attribuita solo a persone fisiche e la qualifica può essere conferita soltanto a società di capitali o cooperative  che abbiano un oggetto sociale esclusivo corrispondente ad attività di produzione, sviluppo e commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. L’atto costitutivo può prevedere categorie di quote fornite di diritti diversi e determinare liberamente il contenuto delle categorie anche in deroga all’art. 2468, comma 2º e 3º ; può creare categorie di quote che non attribuiscono diritti di voto o lo attribuiscono in misura non proporzionale alla partecipazione, o limitatamente a dati argomenti, o subordinatamente al verificarsi di date condizioni non meramente potestative, anche in deroga all’art. 2479, comma 5º, cioè al principio generale di proporzionalità tra voto e partecipazione.

Un ulteriore elemento peculiare è che ai sensi dell’art. 26, comma 3º, del d.l. n. 179/2012, la start up innovativa s.r.l. può compiere operazioni sulle proprie partecipazioni, anche in deroga all’art. 2474 c.c., in attuazione di piani di incentivazione che prevedano l’assegnazione di partecipazioni a dipendenti, collaboratori, amministratori o prestatori d’opera e servizi, anche professionali.

Ma il più rilevante elemento di specialità è rappresentato certamente dal fatto che le partecipazioni possono essere oggetto di collocamento presso il pubblico anche (ma non solo) attraverso portali on line. La s.r.l. — start up innovativa non può raccogliere presso il pubblico capitale di debito, come invece può fare la s.r.l. ordinaria, dal momento che le norme in materia di crowdfunding non si estendono agli strumenti finanziari diversi dalle partecipazioni. Alle s.r.l. — start up innovative è precluso, dunque, il lending-based crowdfunding come anche il donation-based crowdfunding, che sia nelle sue forme pure che nella variante c.d. parzialmente remunerata del reward-based crowdfunding rappresenta invece, in altri ordinamenti, una componente tutt’altro che insignificante del fenomeno.

La deviazione tra la disciplina della s.r.l. ordinaria e la disciplina della s.r.l. — start up innovativa è, dunque, sotto questo profilo duplice: l’una non può raccogliere capitale di rischio presso il pubblico e l’altra si; l’una può raccogliere capitale di debito (indirettamente) presso il pubblico, ovvero reperire altre forme di finanziamento diverse dall’equity, e l’altra no.

È un problema, dunque, (ri)determinare il valore delle partecipazioni una volta decorso il periodo di durata della disciplina speciale (cinque anni dalla costituzione o dalla conversione in start up innovativa).Più in generale, sembra che manchi il coordinamento tra la peculiare disciplina in materia di circolazione delle partecipazioni e la restante disciplina della s.r.l. ordinaria, che pure è applicabile alla start up innovativa- s.r.l.: si pensi, ad esempio, al pervasivo diritto di informazione e di consultazione dei libri sociali attributo dall’art. 2476, comma 2°, cod. civ. al socio di s.r.l., che certamente, entro un modello di s.r.l. aperta qual è la start up innovativa, necessita di essere ricalibrato.

Il d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito con modificazioni in l. 24 marzo 2015, n. 33, nel modificare la disciplina della start u pinnovativa ha istituito, all’art. 4, una (ulteriore) disciplina speciale, dedicata alle PMI innovative.

La fattispecie di PMI che il legislatore richiama è quella descritta nell’art. 2 dell’Allegato alla raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione di microimprese, piccole e medie imprese (151), mentre la subfattispecie della PMI innovativa è definita nell’art. 4 d.l. 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, in l. 24 marzo 2015, n. 33, anche noto come “decreto banche popolari”.

Essa si qualifica per la ricorrenza congiunta di specifici prerequisiti e di requisiti di carattere sia positivo che negativo.

I cd. pre-requisiti si concretano nella residenza in Italia, o in uno Stato della comunità europea, e l’avere l’ultimo bilancio di esercizio, con l’eventuale consolidato, redatti e certificati da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili.

I requisiti positivi attengono al ciclo economico imprenditoriale, e definiscono un ente societario vocato ad attività di ricerca e sviluppo; questi ultimi sono qualitativamente gli stessi previsti per la start up innovativa nell’art. 25, comma 2°, del già menzionato secondo “decreto crescita” (d.l. n. 179/2012), salvo che il volume qualificante della spesa per ricerca e sviluppo, così come la quantità di manodopera qualificata, richiesti dal d.l. n. 3/2015 per la PMI innovativa sono quantitativamente inferiori rispetto a quelli richiesti dal d.l. n. 179/2012 per la start up innovativa.

La ragione è connessa al fatto che, sul piano della fattispecie, la PMI innovativa è una società dedita ad attività di ricerca e sviluppo ma non è una start up, come prova l’insieme dei requisiti di cui all’art. 4, commi 2° e 3° d.l. n. 3/2015, dai quali facilmente si desume che non si tratta di una società neo costituita. Al fine, peraltro, di sancire anche sul piano del regime pubblicitario la distanza tra start up innovativa e società innovativa “matura”, il decreto richiede, all’art. 4, comma 1°, lett. d), quale precondizione all’acquisto della qualifica che la PMI innovativa non sia iscritta nella sezione speciale del registro delle imprese deputata alle start up innovative di cui all’art. 25, comma 8°, d.l. n. 179/2012, bensì nella sezione speciale appositamente deputata.

Al pari della start up innovativa, la PMI innovativa non è quotata su un mercato regolamentato  ma è una società aperta e può quotarsi sull’AIM, il sistema multilaterale di negoziazione già deputato alle small cap e, ora, anche alle PMI innovative  sul quale operano (esclusivamente) investitori istituzionali e professionali del risparmio. Quanto alla disciplina relativa alla circolazione degli strumenti finanziari emessi da start up e PMI innovative — s.r.l., si prevedono due gruppi di regole reciprocamente alternative.

Il trasferimento può procedere, infatti, secondo l’ordinaria disciplina codicistica di cui all’art. 2470 ss. cod. civ., ovvero, in alternativa, secondo l’art. 100-ter, comma 2°, lett. a), t.u.f., ovvero ad opera di intermediari abilitati alle attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini, esecuzione di ordini per conto della clientela, nel qual caso l’intermediario opera in nome proprio e per conto del cliente, e comunica poi al registro delle imprese l’acquisto della qualità di socio.

Nel secondo caso, l’intermediario avrà l’obbligo di mantenere l’intestazione degli strumenti finanziari a proprio nome fintanto che l’avente diritto non chieda di intestare gli strumenti a sé, oppure fino allo scadere del termine stabilito per l’applicazione dello statuto temporanea, quindi trascorsi due anni dal momento in cui la start-up s.r.l. o la PMI s.r.l. abbia cessato di essere innovativa.

La perdita dei requisiti qualificanti comporta la cancellazione d’ufficio dalla sezione speciale del registro entro i sessanta giorni successivi, salva la permanenza dell’iscrizione nella sezione ordinaria. Per il resto, il decreto n. 3/2015 rinvia, nei limiti della compatibilità, alla disciplina delle start up innovative; e il rinvio, in particolare, all’art. 26 d.l. n. 179/2012, ha il preciso significato di estendere alle PMI innovative — s.r.l. l’intera disciplina speciale delle partecipazioni in s.r.l. — start up innovative del decreto sviluppo.

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Noemi Francesca Barbagallo

L'avvocato Noemi Francesca Barbagallo è nata ad Augusta l'1 marzo 1981. Diplomata con 100/100 in studi classici, si è poi laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Catania nel 2004 con 110/110 e lode con tesi di laurea in Diritto Civile. Dopo la laurea ha intrapreso la pratica forense con specializzazione in diritto civile e ha svolto uno stage presso l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in Roma. Nel 2007 si è abilitata all'esercizio della professione forense ed è iscritta all'Albo degli Avvocati di Catania. Continua a svolgere la professione forense, con una presenza costante nelle Aule di Tribunale, ricoprendo anche incarichi di curatele fallimentari e procedure di vendita delegata. Ha collaborato inoltre con importanti Gruppi societari.

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