Successione tra reato e illecito amministrativo: le conferme della Cassazione

Successione tra reato e illecito amministrativo: le conferme della Cassazione

Cass. pen., Sez. IV, 22 settembre 2016 –  26 settembre 2016, n. 39842

Nella sentenza in disamina la Corte di Cassazione si sofferma nuovamente sulle dinamiche del fenomeno di successione inerente a un fatto penalmente rilevante colpito dalla “scure” della depenalizzazione in illecito amministrativo.

Per quanto attiene al fatto, nell’anno 2015 dei militari del Comando Stazione Carabinieri di Velletri  accertavano che G.M., odierno ricorrente, si era messo alla guida di un motociclo senza aver mai conseguito la prescritta patente, in violazione – così – dell’art. 116 c.d.s. che ante riforma comminava una sanzione di natura penale.

La vicenda si concludeva con la condanna dell’imputato alla pena pecuniaria di euro 3.000,00 di ammenda con sentenza in data 17 novembre 2015.

Avverso la sentenza, G.M. proponeva impugnazione contestando il trattamento sanzionatorio (diniego generiche e benefici di legge).

La Suprema Corte annullava senza rinvio l’impugnata decisione, alla luce dell’avvenuta depenalizzazione dell’illecito de quo in violazione di mera natura amministrativa, come stabilito dall’art. 8 d.lgs 15 gennaio 2016, n.8, comma 1, in vigore dal 6 febbraio 2016.

Al contempo, però, disponeva la trasmissione degli atti alla Prefettura di Roma, domandando l’irrogazione della sanzione pecuniaria per la condotta del ricorrente.

Nonostante la brevità e semplicità  del contenuto della sentenza, la pronuncia consente di chiarire ulteriormente lo stato dell’arte in ordine ai principi vigenti in tema di successione di reato in illecito amministrativo.

Come noto, la legge 24 novembre 1981, n. 689, costituisce il cardine del sistema sanzionatorio amministrativo e il legislatore dell’epoca, per i precipui reati che furono in quell’occasione depenalizzati, fissò delle norme transitorie ben specifiche, incardinandole negli artt. 40 e 41, nelle quali fu stabilito, tra l’altro, l’obbligo per il giudice  di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo.

Le Sezioni Unite penali, dissipando dei contrasti emersi in subiecta materia, hanno stabilito che “in caso di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l’obbligo di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo qualora la legge di depenalizzazione non preveda norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41 legge 24 novembre, n. 689, la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione” (Cass. pen., Sez. Un., 29 marzo 2012, n. 25457).

Pertanto, non è immanente nell’ordinamento penale italiano un automatico obbligo di trasmissione degli atti all’autorità amministrativa a fronte dell’avvenuta depenalizzazione, in illecito amministrativo, di fatti un tempo costituenti reato; al contempo, gli artt. 40 e 41 l.n. 689/81 non possono essere elevati a principi generali, bensì si tratta di norme eccezionali da interpretare restrittivamente.

Tanto detto, nella sentenza che qui brevemente si annota, il giudice nomofilattico osserva che nella riforma operata dal d.lgs. n. 8/2016 sussistono delle disposizioni volte a regolare il fenomeno di successione.

Invero, è proprio l’art. 9 a obbligare il giudice alla trasmissione degli atti all’autorità amministrativa competente (in questo caso, l’ufficio territoriale di Governo di Roma).

Volendo dare sistematicità alle argomentazioni formulate, si può ricavare che:

a) vi è piena autonomia dei connotati e dei principi delle violazioni amministrative rispetto a quelle penali, sicché non può ritenersi consentita l’applicazione analogica al regime sanzionatorio amministrativo di categorie generali desunte dal diritto penale, anche se si tratta di categorie o principi favorevoli all’agente. Il principio di cui all’art. 2 c.p., comma 4 (retroattività della legge più favorevole al reo), in particolare, non è stato recepito nella legge n. 680/81, art. 1, e non è estensibile alla disciplina della successione dell’illecito amministrativo rispetto all’illecito penale, essendo, invece, necessarie apposite norme, affidate alla discrezionalità del legislatore ordinario (pur sempre nel rispetto del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.), per poter superare l’autonomo principio d’irretroattività, vigente per il primo tipo d’illecito ai sensi della legge n. 689/81, art. 1peraltro estraneo alla costituzionalizzazione ex art. 25, comma 2, che riguarda solo quello penale;

b) in assenza di disposizioni transitorie espresse, va escluso che si possa fare riferimento agli artt. 40 e 41 l. n. 689/81, intesi quali norme generali di inquadramento valide per tutti i futuri casi di depenalizzazione: non si tratta, quindi, di principi generali dell’ordinamento;

c) innanzi a un fenomeno di depenalizzazione, è d’uopo verificare, per stabilire la continuità della pretesa punitiva dello Stato (che muta forma e procedimento), l’esistenza di apposite disposizioni transitorie che prescrivano al giudice l’inoltro all’autorità amministrativa degli atti;

d) per la fattispecie ex art. 116 c.d.s, il legislatore ha chiaramente indicato tale obbligo nell’art. 9 d.lgs. n. 8/2016.

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Filippo Marco Maria Bisanti

Dottore magistrale in Giurisprudenza - Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Dottore in Operatori della Sicurezza Sociale - Facoltà di Scienze Politiche - Università degli studi Cesare Alfieri di Firenze; Diplomato alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali - Università Guglielmo Marconi di Roma; Esito positivo del tirocinio formativo ex art. 73 d.l. 69/2013, conv. in l. 98/2013, svolto presso la Sezione Penale del Tribunale Ordinario di Trento (dicembre 2014-giugno 2016); Cultore della materia presso la cattedra di Diritto civile dell’Università degli Studi di Trento, Cultore della materia presso la cattedra di Istituzioni di diritto privato dell’Università di Trento

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