TFS alle Forze di Polizia: scatti stipendiali per cessazione a domanda

TFS alle Forze di Polizia: scatti stipendiali per cessazione a domanda

A seguito delle pronunce del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana (n. 865 del 28 luglio 2022 ; n.ri 1329, 1331 e 1336 del 29 dicembre  2022)  e  del Consiglio di Stato, Sezione II (n. 10523 del 5 dicembre 2023, n. 4844 del 15 maggio 2023, n.ri 3909, 3910, 3912, 3914 del 18 aprile 2023), i Tribunali amministrativi, dopo contrastanti orientamenti, hanno riconosciuto al personale del comparto difesa e sicurezza, cessato dal servizio a domanda e che abbia compiuto i 55 anni di età e maturato 35 anni di servizio, l’inclusione di 6 scatti stipendiali, ciascuno del 2,50%, nella base di calcolo del trattamento di fine servizio/indennità di buonuscita.

Il beneficio, che trova la sua disciplina nell’art. 6-bis del D.L. n. 387 del 21 settembre 1987, introdotto dall’art. 1 della Legge di conversione 20 novembre 1987 n. 472 e successivamente modificato dalla L. n. 232 del 7 agosto 1990, è stato accompagnato nel suo attuale riconoscimento da una interessante percorso normativo-giurisprudenziale.

Nei suoi primi due commi, l’articolo in questione stabilisce che:

1.  “Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovraintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell’indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull’ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefici stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della legge 10 ottobre 1986, n. 668, all’articolo 2, commi 5, 6 e 10 e all’articolo 3, commi 3 e 6 del presente decreto.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile; la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell’anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità; per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile alla data di entrata in vigore della presente disposizione, il predetto termine è fissato per il 31 dicembre 1990.

In sostanza, i presupposti soggettivi e oggettivi per la percezione del diritto in esame sono, rispettivamente, l’appartenenza alle forze di polizia e la cessazione dal servizio per età, per permanente inabilità al servizio, per decesso e per collocamento a riposo a domanda una volta compiuti i 55 anni di età e i 35 anni di servizio utile.

Tuttavia, quest’ultima previsione, introdotta dalla legge di conversione del D.L. n. 387/1987, al comma 2, non era contenuta nelle normative che per prime avevano introdotto il beneficio, tra cui, in particolare, l’art. 1, comma 15-bis del D.L. n. 379 del 16 settembre 1987, come sostituito dall’art. 11 della legge 8 agosto 1990 n. 231.

Quest’ultima disposizione, infatti, aveva esteso i sei scatti stipendiali, ai fini pensionistici e della liquidazione dell’indennità di buonuscita, «ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati», nel solo caso di cessazione dal servizio per età o di inabilità permanente o di decesso, con esclusione dell’ipotesi di cessazione dal servizio a domanda.

Successivamente, l’art. 2268, comma 1, n. 872 del D.Lgs n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare) ha però abrogato espressamente l’art. 11 della l. n. 231/1990 che, come visto, ha integralmente sostituito l’art.1, comma 15-bis del D.L. n. 379/1987 ma non quest’ultimo con la conseguenza che detta abrogazione non ha comportato la reviviscenza della precedente disposizione nella sua originaria formulazione.

Si deve escludere, infatti, che l’abrogazione di una disposizione che ne novella una precedente faccia rivivere quella originaria.

“Secondo l’orientamento maggioritario, la vigenza di una regolamentazione espressa da un atto normativo è fattore sufficiente a escludere, quantomeno per incompatibilità, che possa esserci spazio per il ripristino della normativa precedente sulla stessa materia, poiché in base al criterio cronologico l’interprete dovrà preferire sempre la norma più recente e, di conseguenza, considerare abrogata quella più antica. Anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 13 del 2012, ha aderito a tale risalente orientamento maggioritario, anche dei giudici di legittimità, ammettendo eccezionalmente la reviviscenza quando essa sia desumibile da una volontà certa e indiscutibile del legislatore, come nel caso di doppia mera abrogazione, non ravvisabile nella fattispecie in controversia” (Consiglio di Stato, Sezione II, 5.12.2023 n. 10523).

In sintesi, il Codice dell’ordinamento militare, nell’abrogare l’art. 11 legge n.231/1990, ha inteso abrogare anche l’art. 1, comma 15-bis D.L. n. 379/1987.

Ne è derivato che quest’ultima norma che estende l’istituto ai sottufficiali delle Forza Armate limitandone l’applicazione ai casi di cessazione dal servizio per età, di inabilità permanente e di decesso, con esclusione della cessazione dal servizio a domanda, non è più in vigore.

Ritenuti abrogati sia l’art. 11 della L. n. 231 del 1990, sia l’art. 1, comma 15-bis del D.lgs n. 379 del 1987, l’art. 1911, comma 3 del D.Lgs n. 66/2010, nel disporre che “al personale delle Forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l’art. 6-bis del D.L. 21 settembre 1987 n. 387…”, ha lasciato fermo, per tutte le forze di polizia, l’art. 6-bis che, nel quadro della progressiva omogenizzazione del trattamento economico e previdenziale di tutto il personale del comparto sicurezza, ha esteso l’istituto dei sei scatti stipendiali “al personale della Polizia di stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate”.

Il Codice dell’ordinamento militare, dunque, tramite l’art. 1911, nell’abrogare l’art. 11 della legge n. 231/1990, ha statuito quale disciplina applicare al trattamento di fine rapporto.

Deve precisarsi, inoltre, che, già in precedenza, la nozione di “forze di polizia” di cui all’art. 6-bis è stata intesa in senso ampio, delineandosi  anche in ragione della funzione assolta dal D.L. n. 387/1987, ossia quella di applicare i benefici ivi previsti e quelli stabiliti dal D.P.R. n. 150/1987 (di attuazione dell’accordo intervenuto in data 13 febbraio 1987 tra il Governo e i sindacati del personale della Polizia di Stato),  all’Arma dei carabinieri, al Corpo della guardia di finanza, al Corpo degli agenti di custodia e al Corpo forestale dello Stato, che, del resto, compongono le forze di polizia, “ai sensi e per effetto dell’art. 16 della legge 1 aprile 1981, n. 121”.

Del resto, il D.P.R. n. 150/1987 si applica “al personale dei ruoli della Polizia di Stato” (art. 1), senza distinguere fra appartenenti all’ordinamento civile e appartenenti all’ordinamento militare e, non a caso, l’art. 16 della legge n. 121 del 1981 è espressamente richiamato per definire la categoria delle forze di polizia dal precedente art. 6 del D.L. n. 387/1987, così da poter essere utilizzato per tracciare il portato della nozione di “forze di polizia” anche ai fini dell’applicazione dell’art. 6-bis.

Ne deriva che l’ambito di applicazione soggettivo dell’art. 6-bis non può che comprendere gli appartenenti a tutte le forze di polizia siano esse civili che militari.

Va infine precisato che, il termine del 30 giugno, espressamente menzionato al comma 2 dell’art. 6-bis quale termine entro cui produrre la domanda di collocamento in quiescenza, non è un termine di decadenza.

Tanto, sia perché esso non è esplicitamente previsto come tale dalla stessa normativa ma sia perché va letto e compreso nel contesto in cui è inserito, ossia in relazione al successivo comma 3 il quale stabilisce che “i provvedimenti di collocamento a riposo del predetto personale hanno decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo”.

Il termine del 30 giugno è pertanto funzionale a consentire la decorrenza del collocamento a riposo a partire dal primo gennaio dell’anno successivo e, quindi, rappresenta un onere e non altro per l’interessato, onere che incide sulla tempistica di soddisfazione dell’aspettativa del collocamento a riposo. (Consiglio di Stato 5.12.2023 n. 10523).

In conclusione, il beneficio economico contemplato dall’art. 6-bis D.L. n. 387/1987 e s.m.i., nel caso di collocamento a riposo a domanda, raggiunti i 55 anni di età e i 35 di servizio utile, vanno attribuiti a tutte le Forze di polizia, sia ad ordinamento militare che civile, con conseguente rideterminazione del trattamento di fine servizio mediante l’inserimento nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali che la richiamata disposizione contempla.


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