The corporate sustainability due diligence: la nuova proposta di direttiva sulla responsabilità sociale d’impresa

The corporate sustainability due diligence: la nuova proposta di direttiva sulla responsabilità sociale d’impresa

Abstract: A seguito della crescente incertezza e complessità del sistema ambientale oggi la due diligence CSR sta diventando un pilastro centrale della transizione del sistema economico verso un grande livello di sviluppo sostenibile. Il presente contributo si propone dunque di indagare la nuova proposta di direttiva della Commissione Europea (pubblicata il 22 febbraio 2022), sul dovere di diligenza nella sostenibilità aziendale, analizzandone l’impatto nelle operazioni e nel governo societario, per discutere le possibili prospettive e evoluzioni nel mondo post-pandemia.

 

Sommario: 1. Introduzione – 2. Il ruolo delle imprese e la nuova proposta di direttiva Due Diligence n°2022/0051 – 3. Ambito di applicazione e base giuridica – 4. L’obbligo di dovuta diligenza – 5. La Vigilanza amministrativa, la responsabilità civile e il dovere di diligenza degli amministratori – 6. Considerazioni finali

 

1. Introduzione

Una diffusa consapevolezza della necessità di un sistema economico più sostenibile e resiliente unita alle conseguenze della pandemia di COVID-19 ha portato a una crescita di iniziative e normative che promuovono la sostenibilità[1] sia a livello nazionale che internazionale. Questa determinazione ad adottare nuove politiche di sviluppo sostenibile ha incoraggiato le imprese a sviluppare nuovi modelli di gestione competitiva (c.d. Triple bottom line)[2] volti non solo ad ottenere margini di profitto nel breve periodo, ma anche a soddisfare le aspettative equilibrate della società e degli stakeholder in una visione a lungo termine, con l’obiettivo di creare valore “socialmente condiviso e responsabile” (c.d. Corporate Social Responsability – CSR)[3].

La ricerca su questo argomento è cresciuta in maniera significativa nel corso degli ultimi anni, ed è il risultato di una intensa attività di regolamentazione da parte delle Autorità, tutt’ora in via di completamento, “che ha portato alla pubblicazione di regolamenti finalizzati ad indirizzare gli operatori finanziari verso un’integrazione dei rischi di sostenibilità all’interno dei loro processi d’investimento e di consulenza rafforzando altresì la trasparenza informativa verso i clienti finali”.[4]

Il consolidamento a livello internazionale tra fattori ESG e sviluppo sostenibile è avvenuto mediante l’adozione della strategia quadro dell’Action Plan[5] e del Green Deal europeo[6], quest’ultimo pubblicato nel 2019 dalla Commissione Europea, con l’impegno di creare nuove opportunità per l’innovazione, gli investimenti e l’occupazione e, allo stesso tempo, rendere l’Europa il primo continente climaticamente “neutro” al mondo; per arrivarci, tutti i 27 Stati membri dell’UE si sono impegnati a ridurre le emissioni nette di gas ad effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) e a raggiungere il traguardo di emissioni zero entro il 2050.

L’adozione di una proposta di Direttiva sulla rendicontazione di sostenibilità aziendale da parte della Commissione europea nell’aprile 2021 (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD), rappresenta un’altra pietra miliare sulla strada verso la sostenibilità ambientale delle imprese: in recepimento della direttiva europea 2014/95/UE (c.d. NFRD), adottata in Italia con D.lgs n. 254/2016, la rendicontazione delle informazioni non finanziarie (c.d. DNF) attualmente è “obbligatoria” per le imprese di interesse pubblico di grandi dimensioni e che, alla data di chiusura del bilancio, presentano un numero di dipendenti occupati in media durante l’esercizio pari a 500, mentre è su base “volontaria” per le PMI. La nuova proposta di direttiva CSRD ha successivamente modificato gli attuali obblighi di rendicontazione di sostenibilità “estendendo” il campo di applicazione a «tutte le grandi imprese europee indipendentemente dal fatto di essere quotate in borsa, ad eccezione delle micro-imprese», per garantire una maggiore trasparenza sulle responsabilità aziendali.

Insieme, questa combinazione di fattori trainanti tra cui, l’accordo di Parigi e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, hanno spianato la strada al cambiamento rappresentato, tra l’altro, dalla “Corporate Sustainability Due Diligence” (Direttiva n°2022/0051)[7], il nuovo programma della Commissione Europea in materia di sostenibilità delle imprese pubblicato il 23 febbraio 2022, che mira a “far progredire la transizione verde e proteggere i diritti umani in Europa e oltre[8].

2. Il ruolo delle imprese e la nuova proposta di direttiva Due Diligence n°2022/0051

La presente direttiva integrerà l’attuale NFRD e le sue proposte di modifica (proposta di CSRD) aggiungendo un obbligo sostanziale per alcune società di esercitare la dovuta diligenza “per individuare, prevenire, attenuare e tenere conto di danni esterni derivanti da impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente nelle operazioni proprie dell’azienda”[9], nelle sue controllate e nella catena del valore globale, e di porre fine alle infrazioni effettive[10].

Essa inoltre sosterrà il regolamento “sull’informativa sulla finanza sostenibile (SFDR)”[11] recentemente entrato in vigore, e, analogamente, integrerà “il recente regolamento sulla tassonomia”[12], per la realizzazione di un quadro giuridico armonizzato nell’UE in grado di “promuovere un comportamento societario sostenibile e responsabile e ancorare le considerazioni relative ai diritti umani e all’ambiente nelle operazioni e nel governo societario delle società[13].

Questa iniziativa dell’UE integra le leggi nazionali come la legge francese sull’obbligo di diligenza delle imprese [14], leggi italiane sul dovere di diligenza[15] e la legge olandese sul dovere di diligenza sul lavoro minorile[16]. Inoltre, la presentazione della direttiva proposta va di pari passo con l’elaborazione di leggi sul dovere di diligenza, tra gli altri paesi, in Germania[17] e nei Paesi Bassi[18].

In tale contesto, essa definirà inoltre un quadro orizzontale per promuovere il contributo delle imprese al rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nelle loro operazioni, individuando, prevenendo, attenuando gli impatti ambientali e disponendo di una governance adeguata, sistemi di gestione e misure in atto a tal fine.[19]

Secondo Věra Jourová, Vicepresidente responsabile per i Valori e la trasparenza, “Questa proposta mira a raggiungere due obiettivi. In primo luogo, per rispondere alle preoccupazioni dei consumatori che non vogliono acquistare prodotti realizzati con il coinvolgimento del lavoro forzato o che distruggono l’ambiente, per esempio. In secondo luogo, sostenere le imprese fornendo certezza giuridica in merito ai loro obblighi nel mercato unico. Questa legge proietterà i valori europei sulle catene del valore e lo farà in modo equo e proporzionato[20].

Una volta adottata, gli Stati membri avranno a disposizione due anni di tempo per recepire la direttiva nel diritto nazionale e comunicare i testi pertinenti alla Commissione Europea.

3. Ambito di applicazione e base giuridica

La proposta, in linea con i Principi Guida delle Nazioni Unite (ONU), e con le linee guida dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) per le imprese multinazionali e la condotta responsabile delle imprese, rinviene la sua base giuridica negli art. 50 e 114 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE); essa si suddivide in 4 parti: 1) L’oggetto e la portata della direttiva nonché la definizione dei termini utilizzati nel testo normativo (artt. 1-3); 2) L’ambito di applicazione dell’obbligo di due diligence (artt. 4-16); 3) Gli Organismi di Controllo con il compito di vigilare sul rispetto degli obblighi previsti dalla presente direttiva (artt. 17-19); 4) Il Sistema Sanzionatorio vigente (in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva) con riferimento alla responsabilità civile delle società e al dovere di diligenza degli amministratori (artt. 20-26).

Le nuove norme in materia di dovuta diligenza si applicheranno alle seguenti società e settori secondo opportuni criteri di fatturato e dimensione aziendale:

(a) Alle società dell’UE:

– con oltre 500 dipendenti e oltre 150 milioni di EUR di fatturato netto in tutto il mondo;

– con più 250 dipendenti e un fatturato netto di 40 milioni di euro in tutto il mondo, a condizione che almeno il 50% di tale fatturato netto è stato generato in settori definiti ad alto rischio[21]; per queste società, le regole inizieranno ad applicarsi 2 anni dopo rispetto al gruppo 1.

(b) Alle società extra UE ma operanti nell’UE:

– con un fatturato netto di oltre 150 milioni di EUR nell’Unione nell’esercizio finanziario precedente l’ultimo esercizio finanziario;

– con un fatturato netto superiore a 40 milioni di EUR ma non superiore a 150 milioni di EUR nell’Unione nell’esercizio finanziario precedente l’ultimo esercizio, a condizione che almeno il 50% del suo fatturato netto a livello mondiale sia stato generato in uno o più dei settori ad elevato rischio.

Le piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano il 99% delle imprese europee, non rientrano nel campo di applicazione della presente proposta (poiché risulterebbe troppo oneroso) ma potranno comunque beneficiare di alcune “misure di sostegno finanziario”[22] volti a mitigare gli effetti indiretti sulle loro attività.

4. L’obbligo di dovuta diligenza

L’obbligo attivo di “dovuta diligenza”[23] è volto a (1) prevenire potenziali impatti negativi e (2) porre fine agli impatti negativi effettivi.[24]

Qui il processo dinamico di due diligence previsto dagli standard internazionali è stato distillato in un sottoinsieme esaustivo di azioni specifiche che devono essere intraprese dalla società per prevenire potenziali impatti negativi, e per realizzare una transizione verso un’economia sostenibile con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 gradi in linea con l’Accordo di Parigi.[25]

Gli amministratori sono incentivati a contribuire alla sostenibilità e agli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso: – l’attuazione di piani d’azione di prevenzione/correzione, elaborati in consultazione con le parti interessate (a volte limitati alle parti interessate “interessate”; in altri solo “se pertinenti”); – codici di condotta garantiti contrattualmente con partner commerciali verificati da terzi (mediante audit o schemi industriali) e la fornitura del supporto necessario ai partner delle PMI per conformarsi a tali codici di condotta; – altri investimenti necessari per prevenire o porre fine agli impatti negativi; – collaborazione con altri soggetti al fine di prevenire o porre fine agli impatti negativi; – il pagamento dei danni quando si verifica un danno.

La presente proposta si applica alle operazioni proprie della società, alle sue controllate e alle sue catene del valore (relazioni commerciali stabilite dirette e indirette).[26]

All’interno di questo elenco esaustivo, le azioni specifiche di sviluppo di piani d’azione con il contributo delle parti interessate e la “collaborazione con altre entità” sono comunque aperte e invitano a risposte innovative a scenari complessi, ad esempio collaborando e incoraggiando i governi locali a sviluppare e applicare standard di protezione (anche se ciò rimane problematico in quanto l’azienda stessa è lasciata “libera” di determinare se considera tali azioni come “rilevanti” da intraprendere).

In definitiva, un’impresa dovrebbe valutare quale combinazione delle azioni specifiche, di cui sopra, poter impiegare al fine di soddisfare lo standard di “misura appropriata” definito dal progetto di direttiva.[27]

5. La vigilanza amministrativa, la responsabilità civile e il dovere di diligenza degli amministratori

Le regole di due diligence sulla sostenibilità aziendale vengono fatte rispettare attraverso le Autorità di controllo con misure ritenute “appropriate”[28] che porterebbero a sanzioni amministrative (effettive, proporzionate e dissuasive)[29] e potenzialmente, quando si è verificato un danno, alla responsabilità civile (affinché le vittime possano ottenere il risarcimento dei danni derivanti dal mancato rispetto degli obblighi delle nuove proposte)[30].

La responsabilità civile della società è esclusa in caso di danni derivanti dalle attività di un partner indiretto con il quale ha instaurato un rapporto d’affari consolidato, a meno che non fosse irragionevole, nelle circostanze del caso, aspettarsi che le azioni effettivamente intraprese, sarebbero adeguate a prevenire, attenuare, porre fine o ridurre al minimo l’entità dell’impatto negativo.[31]

A livello europeo, la Commissione istituirà una rete europea di autorità di vigilanza che riunirà i rappresentanti degli organismi nazionali per garantire e facilitare la cooperazione, il coordinamento e l’allineamento delle prassi di regolamentazione (investigative, sanzionatorie e di vigilanza) delle autorità di controllo nonché la condivisione di informazioni tra di esse.[32]

La Direttiva individua inoltre il dovere di diligenza degli amministratori affinché essi tengano conto delle conseguenze delle loro decisioni in materia di sostenibilità, i diritti umani, i cambiamenti climatici nonchè le conseguenze ambientali, nel breve, medio e lungo termine.[33]

6. Considerazioni finali

La proposta di direttiva mira a garantire che alcune grandi società svolgano la due diligence nelle loro filiali attraverso la proposizione di un framework normativo “chiaro” e “coerente”.

Tuttavia la crescente complessità nonché la crescente frammentazione delle norme nazionali in materia di obblighi societari di dovuta diligenza in materia di sostenibilità rallenta ulteriormente l’adozione delle buone pratiche, riconducibili in gran parte alla mancanza di una standardizzazione comune (portando inevitabilmente a un’adozione inaccettabilmente lenta della pratica da parte delle imprese) e alla carenza di dati e informazioni attendibili e/o comparabili. In futuro, la sfida principale sarà rappresentata dall’individuazione di politiche utili a ispirare nuovi modi di vedere il ruolo del diritto nello sviluppo di pratiche commerciali sostenibili.

 

 

 

 

 


[1] La definizione di sostenibilità presentata nel fondamentale Rapporto Brundtland delle Nazioni Unite (1987) si basava sulla “capacità delle imprese di rispondere alle loro esigenze finanziarie a breve termine senza compromettere la loro (o quella di altri) capacità di soddisfare le loro esigenze future“. Il “Rapporto” ha riconosciuto la necessità di gestire le risorse, tenendo in debita considerazione sia il presente che il futuro e attribuendo la dovuta importanza a tutti gli stakeholder.
[2] Il sistema di rendicontazione Triple Bottom Line (coniato da Elkington nel 1994 e successivamente inserito nel primo rapporto sulla sostenibilità della compagnia petrolifera Shell nel 1997) – la base più ampiamente accettata per tutti i framework di sostenibilità – incoraggia le aziende a includere nella rendicontazione contabile le performance sociali e ambientali accanto a quelle economiche, partendo dalla base dello “sviluppo sostenibile” (bottom) e proseguendo nella rendicontazione coordinata lungo tre pilastri: “equità sociale, ambiente e profitto” (triple-line).
[3] A. Del Giudice, La finanza sostenibile, Giappichelli Editore, Torino 2019
[4] Cfr “La finanza sostenibile: cos’è e come funziona” pubblicato in www.wealth.bper.it
[5] Cfr “COM(2018) 97 final Action Plan: Financing Sustainable Growth” (8 marzo 2018). Il “Piano” definisce le azioni politiche specifiche e le iniziative normative che compongono l’agenda per la finanza sostenibile, e fa parte degli sforzi più ampi della Commissione Europea per collegare la finanza alle esigenze specifiche dell’economia europea e globale a beneficio del pianeta e della società.
[6] Cfr “COM(2019) 640 final” (11 dicembre 2019). Esso contiene una “tabella di marcia” (cd. road map) con specifiche azioni per: stimolare l’uso efficiente delle risorse, arrestare i cambiamenti climatici, mettere fine alla perdita di biodiversità e ridurre l’inquinamento, nonché favorire un cambio paradigmatico del modello di sviluppo, garantendo la sostenibilità della nostra società e dell’economia.
[7] Cfr. “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937, COM(2022)71 final pubblicato in www.ec.europa.eu
[8] Cfr “Just and sustainable economy: Commission lays down rules for companies to respect human rights and environment in global value chains”, Comunicato stampa della Commissione Europea del 23 febbraio 2022, pubblicato in www.ec.europa.eu .
[9] Cfr. Articoli 5-7 “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937, COM(2022)71 final”, pubblicato in www.ec.europa.eu
[10] Cfr Articolo 8“Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustaiinability Due Diligence”, pubblicato in www.ec.europa.eu
[11] Cfr “Regulation (EU) 2019/2088 of the European Parliament and of the Council of 27 November 2019 on sustainability‐related disclosures in the financial services sector”; p. 1–16. La nuova politica del Regolamento UE sulla divulgazione delle finanze sostenibili (SFDR) 2019/2088 è entrata in vigore il 10 marzo 2021, e introduce gli obblighi di informativa e rendicontazione in materia di conformità sociale e ambientale per tutti “i partecipanti ai mercati finanziari”, quali gli operatori finanziari e i consulenti finanziari, che sono ora tenuti a definire il loro posizionamento strategico rispetto alla sostenibilità. Ai sensi dell’SFDR, tali imprese sono tenute a pubblicare, tra l’altro, una dichiarazione sulle loro politiche di dovuta diligenza in relazione ai principali impatti negativi delle loro decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità su base conforme o esplicativa. Allo stesso tempo, per le imprese con più di 500 dipendenti la pubblicazione di tale dichiarazione è obbligatoria e la Commissione ha il potere di adottare norme tecniche di regolamentazione sugli indicatori di sostenibilità in relazione ai vari tipi di impatti negativi.
[12] Cfr “Regulation (EU) 2020/852 of the European Parliament and of the Council of 18 June 2020 on the establishment of a framework to facilitate sustainable investment, and amending Regulation (EU) 2019/2088”, pp. 13-43; Il Regolamento “Tassonomia” 2020/852 è un sistema di classificazione concepito per fornire ai mercati finanziari e alle aziende uno standard comune con cui identificare le attività sostenibili stabilendo gli obiettivi, gli ambiti di applicazione nonché i criteri da utilizzare per determinare se un’attività economica possa qualificarsi come investimento finanziario “ecosostenibile”.
[13] Cfr “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937, COM(2022)71 final” pubblicato in www.ec.europa.eu
[14] Cfr “Loi no 2017-399 du 27 mars 2017Nouvelle loi sur le devoir de vigilance des sociétés mères et des entreprises donneuses d’ordre”; con successiva “Ordonnance n° 2017-1162 du 12 juillet 2017” vengono semplificati e chiariti gli obblighi informativi incombenti alle società per azioni; all’art.11 “Qualsiasi azienda che impieghi, al termine di due esercizi finanziari consecutivi, almeno cinquemila dipendenti al suo interno e nelle sue controllate dirette o indirette aventi sede legale in territorio francese, o almeno diecimila dipendenti all’interno e in le sue controllate dirette o indirette con sede in Francia o all’estero, stabilisce e attua efficacemente un piano di vigilanza. Le società controllate o controllate che eccedano le soglie di cui al primo comma si considerano adempienti agli obblighi previsti dal presente articolo quando la società che le controlla, ai sensi dell’articolo L. 233-3 , istituisce e attua una vigilanza relativa alla attività della società e di tutte le società controllate o controllate. Il piano prevede ragionevoli misure di due diligence specifiche per identificare i rischi e prevenire gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali, della salute e sicurezza delle persone e dell’ambiente, derivanti dalle attività della società e delle società da essa controllate ai sensi dell’art. II dell’articolo L. 233-16 , direttamente o indirettamente, nonché le attività di subappaltatori o fornitori con i quali si intrattenga un rapporto commerciale instaurato, quando tali attività siano collegate a tale rapporto”. Pubblicato in www.legifrance.gouv.fr
[15] Il D.Lgs. n. 231/2001, (come modificato dal D.Lgs. n. 184/2021, e dal D.Lgs n. 195/2021)
[16] La Legge “Wet zorgplicht kinderarbeid”, adottata ad ottobre 2019; pubblicato in www.eerstekamer.nl
[17] La legge tedesca “Lieferkettengesetz” ha introdotto il dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento; è stata adottata nel giugno 2021, ma entrerà in vigore il 1° gennaio 2023
[18] La legge norvegese “Transparency Act” pubblicata a giugno 2021
[19] Cfr “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937, COM(2022)71 final” pubblicato in www.ec.europa.eu
[20] Cfr “Just and sustainable economy: Commission lays down rules for companies to respect human rights and environment in global value chains” Comunicato stampa del 23 febbraio 2022, pubblicato in www.ec.europa.eu
[21] Cfr. Articolo 2 “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937, COM(2022)71 final” Ai sensi dell’art 2 let. b) della Presente Direttiva, si intendono elementi ad alto rischio: (i) la fabbricazione di prodotti tessili, in cuoio e prodotti correlati (comprese le calzature) e il commercio all’ingrosso di prodotti tessili, abbigliamento e calzature; (ii) l’agricoltura, la silvicoltura, la pesca (compresa l’acquacoltura), la produzione di prodotti alimentari e il commercio all’ingrosso di materie prime agricole, animali vivi, legno, alimenti e bevande; (iii) l’estrazione di risorse minerarie indipendentemente dal luogo in cui sono estratte (compresi il petrolio greggio, il gas naturale, il carbone, la lignite, i metalli e i minerali metallici, nonché tutti gli altri minerali non metallici e i prodotti di cava), la fabbricazione di prodotti metallici di base, di altri prodotti minerali non metallici e di prodotti metallici fabbricati (esclusi macchinari e attrezzature) e il commercio all’ingrosso di risorse minerarie, prodotti minerali di base e intermedi (compresi metalli e minerali metallici, materiali da costruzione, combustibili, prodotti chimici e altri prodotti intermedi).
[22] Cfr “Just and sustainable economy: Commission lays down rules for companies to respect human rights and environment in global value chains” Comunicato stampa del 23 febbraio 2022. Le misure comprendono: 1) lo sviluppo di siti web, piattaforme o portali dedicati individualmente o congiuntamente e un potenziale sostegno finanziario alle PMI; 2) la Commissione può adottare orientamenti, anche per quanto riguarda le clausole contrattuali tipo; 3) la Commissione può inoltre integrare il sostegno fornito dagli Stati membri con nuove misure, tra cui l’aiuto alle imprese dei paesi terzi.
[23] Cfr “COM(2022)71 final” articolo 4. Al fine di rispettare l’obbligo di due diligence aziendale, le aziende devono: a) integrare la due diligence nelle politiche; b) identificare gli impatti ambientali e i diritti umani negativi effettivi o potenziali; c) prevenire o mitigare i potenziali impatti e porre fine (o ridurre al minimo) gli impatti effettivi; d) stabilire e mantenere una procedura di reclamo; e) monitorare l’efficacia della politica e delle misure di dovuta diligenza; f) e comunicare pubblicamente sulla dovuta diligenza.
[24] Cfr “COM(2022)71 final” articoli 7 e 8
[25] Per una maggior disamina sul ruolo dell’intervento pubblico a tutela dell’ambiente e le criticità del paradigma dello sviluppo sostenibile si veda A. Moliterni “Transizione ecologica, ordine economico e sistema amministrativo”, pubblicato in Rivista quadrimestrale di Diritti Comparati, Numero 2/2022
[26] Cfr “Just and sustainable economy: Commission lays down rules for companies to respect human rights and environment in global value chains” Comunicato del 23 febbraio 2022 pubblicato in www.ec.europa.eu
[27] Cfr. Articolo 3 “Proposal for a Directive of the European Parliament and of the Council on Corporate Sustainability Due Diligence and amending Directive (EU) 2019/1937, COM(2022)71 final” Ai sensi dell’ articolo 3, lettera q), una “misura appropriata” è: «una misura in grado di conseguire gli obiettivi della dovuta diligenza, commisurata al grado di gravità e alla probabilità dell’impatto negativo e ragionevolmente disponibile per la società, tenendo conto delle circostanze del caso specifico, comprese le caratteristiche del settore economico e del rapporto commerciale specifico e la relativa influenza della società, e la necessità di garantire la definizione delle priorità d’azione».
[28] Cfr “Principi Guida Onu su imprese e diritti umani. In particolare, lo standard di “misure appropriate” comprende una serie di fattori derivati dai principi guida delle Nazioni Unite (UNGP), vale a dire: il grado di gravità e la probabilità dell’impatto negativo; la necessità di garantire la priorità dell’azione; e l’influenza dell’azienda sul particolare rapporto commerciale.
[29] Cfr “COM(2022)71 final” articolo 20
[30] Cfr “COM(2022)71 final” articolo 22
[31] Cfr “COM(2022)71 final” articolo 22
[32] Cfr “COM(2022)71 final” articolo 21
[33] Cfr “COM(2022)71 final” articolo 25

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