Tutela tributaria post Covid-19 per contenziosi inferiori a cinquantamila euro
Più di otto milioni di cartelle esattoriali pronte ad essere notificate a cotanti contribuenti, questa la dichiarazione di Ernesto Maria Ruffini, presidente dell’Agenzia delle Entrate, nel corso dell’audizione in Commissione Finanze e attività produttive della Camera svoltasi il 22 aprile scorso. Un fulmine a ciel sereno, considerando la pesante crisi economica che avvolge il nostro paese, duramente colpito dal Covid-19.
Migliaia sono le aziende che al termine dell’epidemia non avranno più la forza economica per poter andare avanti.
Sorge l’obbligo, per tale motivo, di rendere noti gli istituti di cui può avvalersi il contribuente. La notifica, ad esempio di un avviso di accertamento, non deve cogliere il cittadino di sorpresa, bensì quest’ultimo deve essere ben consapevole delle possibilità che ha per contestare l’atto dell’Amministrazione finanziaria.
Reclamo e mediazione
Se la controversia non è superiore a cinquanta mila euro bisogna far riferimento alla disciplina introdotta dall’art. 17 bis d.lgs. n. 546/92 il quale regola l’istituto del reclamo e della mediazione. Questo procedimento, nato con l’intento di deflazionare il contenzioso tributario, si articola in una fase necessaria di carattere amministrativo che si svolge innanzi all’Agenzia delle Entrate. Entro sessanta giorni dalla notificazione dell’atto da impugnare, il contribuente deve presentare istanza di reclamo, con cui chiede l’annullamento totale o parziale dell’atto e formula una proposta di mediazione. Il reclamo va inoltrato presso l’ufficio che ha emesso l’atto impugnato. A seguito dell’esame istruttorio dell’istanza di reclamo/mediazione, l’ente interessato può ritenere soddisfacente la proposta di mediazione e accogliere l’istanza del ricorrente, invitando quest’ultimo a sottoscrivere l’accordo di mediazione. Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato al contribuente l’accoglimento del reclamo, o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso.
Il ricorso
Il contribuente quindi dovrà depositare il ricorso entro trenta giorni decorrenti dalla scadenza del termine di novanta giorni. Il ricorso deve essere diretto alla commissione tributaria provinciale della provincia in cui è ubicato l’ufficio che ha emesso l’atto impugnato.
Il ricorso deve contenere le seguenti indicazioni: generalità del ricorrente e del suo legale rappresentante; commissione tributaria provinciale cui il ricorso è diretto; ufficio o ente contro cui si ricorre; atto impugnato e oggetto della domanda; motivi del ricorso, cioè le ragioni che vengono poste a fondamento della domanda; sottoscrizione del ricorso.
Il ricorso è inammissibile se manca o è assolutamente incerta una delle indicazioni di cui sopra, diverse da quella relativa al codice fiscale, come pure nel caso in cui non sia sottoscritto.
Il motivo del ricorso nei processi di impugnazione è costituito dalla deduzione di un vizio dell’atto impugnato.
La costituzione in giudizio del ricorrente consiste nel deposito nella segreteria dell’originale del ricorso se la notificazione avvenga a mezzo di ufficiale giudiziario. Se la notificazione sia avvenuta mediante spedizione a mezzo posta all’ente che ha emesso l’atto impugnato, la costituzione si effettua mediante deposito della copia del ricorso allegando la ricevuta della raccomandata con cui l’atto è stato spedito.
Unitamente al ricorso, il ricorrente deposita l’atto impugnato e i documenti che intende produrre, il tutto inserito in un fascicolo corredato da indice per evitare possibili smarrimenti. La parte resistente deve costituirsi in giudizio entro sessanta giorni dal giorno in cui il ricorso è stato notificato.
In conseguenza della costituzione del ricorrente, la segreteria iscrive il ricorso nel registro generale e forma il fascicolo di ufficio, che è costituito da una cartella su cui sono riportati gli estremi del ricorso e che è destinata a contenere oltre al fascicolo del ricorrente, quelli della controparte e delle eventuali altre parti che si costituiscano, i verbali di udienza e i provvedimenti del giudice.
Esame preliminare
Il d.lgs. n. 546/92, nella sezione II, comprendente gli artt. 27-29, ha introdotto l’istituto dell’esame preliminare del ricorso. Esso ha essenzialmente la funzione di evitare che pervengano alla fase della trattazione collegiale ricorsi che presentino vizi formali tali da inficiarne l’ammissibilità. L’art. 27 dispone che il presidente della sezione cui è stato assegnato il ricorso, scaduti i termini per la costituzione in giudizio delle parti, prima di fissare l’udienza di trattazione, proceda ad un esame degli atti per una duplice finalità: riscontrare l’esistenza di cause di inammissibilità del ricorso; dichiarare la sospensione, l’interruzione o l’estinzione del processo.
L’art. 30, comma primo, dispone che il presidente della sezione cui è stato assegnato il ricorso, compiuto l’esame preliminare senza adottare alcuno dei provvedimenti che possono essere assunti in questa fase, deve fissare l’udienza di trattazione del ricorso in camera di consiglio o, se ne è stata fatta richiesta, in pubblica udienza e nominare il relatore.
Ai sensi dell’art. 31, comma primo, la segreteria deve dare comunicazione, attraverso un avviso, alle parti costituite della data dell’udienza di trattazione almeno trenta giorni liberi prima della stessa, precisando se avverrà in camera di consiglio o sarà pubblica.
L’avviso viene consegnato dalla segreteria direttamente alle parti, che ne rilasciano ricevuta, o tramite raccomandata postale con ricevuta di ricevimento.
La mancanza dell’avviso perché omesso o notificato non correttamente, o incompleto, comporta la violazione del principio del contraddittorio, integrando causa di nullità del procedimento, la nullità è rilevabile d’ufficio anche nei successivi gradi di giudizio. Per cui se il vizio è rilevato dalla commissione tributaria regionale, questa deve annullare la pronuncia di primo grado e rinviare la controversia ad altra sezione della commissione tributaria provinciale che ha emesso la decisione, affinché il contraddittorio sia rinnovato a contraddittorio integro.
La decisione, ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 546/92, viene deliberata in segreto in camera di consiglio subito dopo l’esposizione della trattazione, se la trattazione avviene in tale sede, o al termine della discussione, se avviene in pubblica udienza. Il collegio può, tuttavia, con un provvedimento interno, rinviare la decisione di non oltre trenta giorni qualora si tratti di questioni complesse.
Numerose sono le ipotesi in cui il collegio non definisce il giudizio ed emette ordinanza: quando dispone atti istruttori; quando solleva questione di legittimità costituzionale; quando dispone la sospensione del processo, o ne dichiara l’interruzione; quando emergono ipotesi di reato; quando deve rinviare l’udienza per consentire alla parte che ne ha fatto richiesta di proporre motivi aggiuntivi; quando rinvia l’udienza per legittimo impedimento di una delle parti.
Le sentenze della commissione
Fuori dalle fattispecie innanzi elencate il collegio pronuncia sentenza processuale o sostanziale.
Le sentenze processuali sono: le sentenze dichiarative del difetto di giurisdizione, quando non sia stato proposto regolamento di giurisdizione, tali sentenze devono indicare il giudice che si ritiene munito di giurisdizione; le sentenze dichiarative dell’incompetenza della commissione tributaria adita; le sentenze dichiarative di inammissibilità del ricorso, come ad esempio nei casi di ricorso intempestivo, o non sottoscritto dal difensore; le sentenze dichiarative dell’estinzione del processo, nell’ipotesi in cui non si sia provveduto all’integrazione del contraddittorio nel termine assegnato dal giudice.
Appartengono alle sentenze di carattere sostanziale, che pronunciano sul merito: sentenze di rigetto del ricorso, con le quali vengono esclusi vizi formali o sostanziali dell’atto impositivo; sentenze di accoglimento del ricorso con annullamento dell’atto per vizi formali (ad es. per incompetenza dell’ufficio tributario che lo ha emesso o per mancanza della motivazione); sentenza di accoglimento del ricorso con annullamento totale o parziale dell’atto impugnato per i vizi sostanziali; nel caso di annullamento parziale il giudice tributario si sostituisce all’Amministrazione nella determinazione dell’ammontare del tributo.
Considerazioni conclusive
La conoscenza degli istituti del reclamo e mediazione, e del ricorso alla commissione tributaria provinciale rende il contribuente cosciente delle possibilità che ha per difendersi da un atto autoritativo dell’Amministrazione finanziaria, sapere che dà la possibilità di un pronto intervento e di una precisa difesa da porre in essere tramite il proprio difensore, assistenza legale che è sempre consigliata, anche se per le controversie di valore inferiore a 2.582,28 euro non è obbligatoria.
Avverso le sentenze della CTP il ricorrente può proporre appello alla commissione tributaria regionale, e avverso le sentenze della CTR ricorso per Cassazione per i motivi elencati dall’art. 360 c.p.c., o può proporre revocazione per i motivi elencati nell’art. 395 c.p.c.
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Dott. Stefano Gargano
Dottore in Giurisprudenza
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