Usura bancaria, quid juris se il tasso moratorio è troppo alto rispetto agli interessi corrispettivi?
Come noto, l’ABF – Collegio di Roma (dec. n. n. 4430 del 29 maggio 2015 e 3734 del 22 aprile 2016) ha già avuto modo di chiarire che «la sommatoria è operazione tecnicamente e giuridicamente errata, posto che le due categorie di interessi assolvono a funzioni decisamente diverse: gli interessi corrispettivi si caratterizzano per una funzione sinallagmatica, in quanto sono volti a remunerare l’intermediario per la perdita della disponibilità del denaro trasferito al mutuante, in uno scenario di svolgimento fisiologico del rapporto contrattuale. Gli interessi moratori, invece, hanno funzione risarcitoria, in quanto sanzionano l’inadempimento – da parte dello stesso mutuatario – ai propri obblighi restitutori. La diversa funzione assolta dalle due categorie di interessi esclude, già sul piano logico, la possibilità di sommare i rispettivi tassi, al fine di sostenere la natura usuraria dell’interesse contrattualmente previsto. Come è stato rilevato, l’impostazione è erronea, se solo si considera che i due tassi non trovano applicazione contestuale, ma alternativa: se il contratto viene eseguito regolarmente si applicano solo gli interessi corrispettivi, mentre gli interessi moratori vengono in rilievo nel caso, patologico, di inadempimento all’obbligo restitutorio da parte del mutuante».
Questa posizione è stata peraltro assunta già prima dal Collegio di Coordinamento secondo il quale la sommatoria non solo non trova validi agganci normativi, ma non può nemmeno dirsi supportata dalla stessa giurisprudenza di legittimità che pure ha affermato, sebbene entro precisi limiti, la rilevanza degli interessi moratori ai fini dell’usura. «Tant’è vero che la pronuncia della Cassazione n. 350 del 2013, che sovente (…) è richiamata dai ricorrenti a sostegno dell’eccezione di usurarietà degli interessi applicati al rapporto, ha inteso semplicemente chiarire che anche gli interessi moratori devono essere assoggettati al vaglio di usurarietà al pari di quelli corrispettivi, fermo restando che il relativo confronto con il tasso soglia deve essere operato tenendo conto del tasso convenuto autonomamente considerato. E infatti, tra l’interesse concretamente pattuito dalle parti e quello rilevato ai fini della determinazione del tasso soglia vi deve essere una perfetta simmetria tale per cui quella stessa voce del costo del credito deve essere stata presa in considerazione ai fini della determinazione del tasso soglia. In altri termini, come risulterebbe scorretto confrontare gli interessi corrispettivi pattuiti in relazione ad una specifica operazione di credito con i tassi soglia determinati in relazione ad una diversa tipologia di operazione, altrettanto scorretto sarebbe calcolare nel costo del credito ai fini della valutazione di usurarietà, gli interessi moratori che non concorrono alla determinazione del tasso soglia (cfr. Collegio di Coordinamento, decisioni n. 3412/2014 e 3955/2014)». (Coll. Roma dec. n. 701 del 28 gennaio 2015).
In applicazione del suddetto principio di diritto, si deve pertanto escludere che, al fine di accertare se sia stato superato il limite imperativamente posto dall’art. 644, 3° comma, c.p. e dall’art. 2, 4° comma, della legge n. 108 del 1996, il tasso annuo degli interessi moratori debba essere sommato a quello degli interessi corrispettivi.
Tuttavia, tale considerazione non è tuttavia risolutiva ai fini della presente analisi. Invero, cosa accade se ad essere sproporzionato è il solo tasso moratorio perché manifestamente eccessivo rispetto agli interessi corrispettivi?
È noto che l’interesse moratorio non concorre alla determinazione del tasso soglia in ragione della propria natura sostanzialmente risarcitoria (arg. ex art. 1224, co. 2, cod. civ.) e tuttavia, come chiarito dal Collegio di coordinamento (decisione n. 2666/2014), gli interessi moratori, in quanto assimilabili a penali di diritto privato, possono (insieme a queste) soggiacere alla declaratoria di nullità ex artt. 33 – 36 del codice del consumo (rilevabile d’ufficio) laddove manifestamente eccessivi, segnatamente quando in concorso con altre vere e proprie penali di diritto privato.
Poniamo, allora, che il predetto tasso risulti significativamente più elevato rispetto alla maggiorazione media (2,1%) rilevata dall’indagine statistica disposta (nel 2001) dalla Banca d’Italia. Anche se trattasi indubbiamente di dato ormai risalente, in favore della sua perdurante attualità depone la circostanza che esso continui, ogni trimestre, ad essere riportato, sia pure “a fini conoscitivi”, nei decreti ministeriali contenenti la rilevazione periodica del TEG. Inoltre, la sua significatività, sul piano statistico, non può quindi essere disconosciuta (v., Collegio di Roma, decisione n. 6124/2014).
Ora, la sommatoria degli interessi moratori con le indicate penali comporta (in una prospettiva tesa a valorizzare sia la previsione contrattuale che la dinamica futura del rapporto) l’applicazione di un tasso per l’inadempimento contrattuale che non può non connotarsi per eccessività manifesta tanto con riguardo alla misura dell’interesse corrispettivo quanto al tasso soglia.
Ciò determina l’accertamento della nullità delle clausole come sopra specificate con conseguente applicazione, nel caso di inadempimento, del solo interesse corrispettivo nella misura contrattualmente determinata ai sensi e per gli effetti dell’art. 1224 cod. civ. (v., sul punto, anche la decisione del Collegio di coordinamento n. 3955 del 24 giugno 2014), al cui esito conseguirà l’effetto restitutorio degli interessi corrisposti in eccedenza rispetto a tale determinazione.
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Avv. Giacomo Romano
Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.
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