Vaccini obbligatori: il decreto Lorenzin lede i diritti dei minori?
Sommario: 1. Conoscenze tecnico-scientifiche e scelta politica: valutazione del rischio sanitario – 2. L’obbligo vaccinale per i nuovi nati nell’ordinamento italiano: cenni storici – 3. Il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (c.d. decreto Lorenzin) – 4. Il giudizio di legittimità costituzionale del c.d. decreto Lorenzin: la necessarietà della decretazione d’urgenza – 4.1. Il bilanciamento tra interessi costituzionalmente garantiti: diritto alla salute, diritto all’istruzione e principio di autodeterminazione – 5. Scenari successivi al c.d. decreto Lorenzin – 6. Conclusioni
1. Conoscenze tecnico-scientifiche e scelta politica: valutazione del rischio sanitario
Un antico brocardo latino recita “dura lex, sed lex” (letteralmente: la legge è dura, ma è legge) ed indica il fatto che una determinata comunità deve sottostare alla legge, ovvero alla volontà del legislatore che è espressione di scelte politiche, anche quando è particolarmente gravosa.
Tuttavia, questo principio necessita un temperamento poiché, se ciò fosse del tutto vero, il legislatore potrebbe apparire come un despota agli occhi della comunità obbligata ad eseguire la volontà del primo.
Infatti, come la stessa comunità incontra il limite del rispetto della legge, anche lo stesso legislatore incontra dei limiti nel legiferare i quali consentono di fuggire dalla possibilità che la legge possa essere frutto di scelte politiche assolutamente arbitrarie.
Il quesito che in questa sede ci si pone, quindi, è se la discrezionalità legislativa può essere limitata (anche) da valutazioni tecnico-scientifiche: in altre parole, ci si chiede se il legislatore, all’atto di compiere una scelta politica “nei settori che si caratterizzano per un’elevata incertezza scientifica”[1], è vincolato o meno dalle valutazioni tecnico-scientifiche.
Teoricamente, il legislatore è libero di legiferare in base alle scelte politiche che sono espressione della maggioranza parlamentare, purché ciò avvenga entro i limiti della Costituzione; tuttavia, nell’emanazione di una “legge avente contenuto tecnico-scientifico”[2] non può prescindere dalla valutazione dei fatti scientifici poiché “il dato scientifico […] orienta le scelte”[3] politiche[4] e, nell’eventualità in cui ciò non avvenga, la Corte Costituzionale “potrà sindacare, anche attraverso poteri istruttori, la legge che eventualmente abbia omesso” le suddette valutazioni, ma anche “l’errore o il mancato aggiornamento dei presupposti scientifici della norma”[5].
Con riferimento alle valutazioni scientifiche, si sottolinea che il giudice costituzionale, non essendo egli uno scienziato, non può sindacare “il contenuto delle valutazioni scientifiche”[6] su cui si fonda la norma, non può entrare nel merito di suddette valutazioni sindacando l’“attendibilità dei dati scientifici o delle applicazioni tecniche”[7], salvo nel caso in cui “ricorra una valutazione di «manifesta irrazionalità», o di «evidente irragionevolezza»”[8].
Questo principio si rinviene nelle stesse parole della Corte Costituzionale che, nella sentenza 16 aprile 1998, n. 114[9], ha delineato la propria competenza affermando che non si può “escludere che il sindacato sulla costituzionalità delle leggi, vuoi per manifesta irragionevolezza vuoi sulla base di altri parametri desumibili dalla Costituzione, possa e debba essere compiuto anche quando la scelta legislativa si palesi in contrasto con quelli che ne dovrebbero essere i sicuri riferimenti scientifici o la forte rispondenza alla realtà delle situazioni che il legislatore ha inteso definire. […] E tuttavia, perché si possa pervenire ad una declaratoria di illegittimità costituzionale occorre che i dati sui quali la legge riposa siano incontrovertibilmente erronei o raggiungano un tale livello di indeterminatezza da non consentire in alcun modo una interpretazione ed una applicazione razionali da parte del giudice”[10].
Venendo al caso concreto che qui ci interessa (le vaccinazioni), si deve sottolineare che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), al fine di garantire la c.d. “immunità di gregge”[11], raccomanda la soglia del 95% delle coperture vaccinali.
Da ciò si evince che il legislatore non è obbligato a legiferare nel senso dell’obbligatorietà dei vaccini[12], tuttavia, se si spinge a farlo, è necessario che le scelte normative nel campo delle vaccinazioni, e in generale quelle nel campo sanitario, siano sorrette da conoscenze medico-scientifiche[13]: non essendo un tuttologo, il legislatore non può prescindere da dati scientifici e statistici relativi all’andamento delle coperture vaccinali che caratterizzano un determinato nucleo sociale in un determinato periodo storico e, come si vedrà nei paragrafi successivi, è stato proprio l’andamento delle coperture vaccinali che, storicamente, ha portato il legislatore a legiferare, talora, nel senso dell’obbligatorietà delle vaccinazioni, talaltra, nel senso della loro raccomandazione.
Tuttavia, si tratta pur sempre di scelte politiche, infatti, “anche nel diritto comparato si riscontra una varietà di approcci. Posto un generale favor giuridico per le politiche di diffusione delle pratiche vaccinali – basate sulle evidenze statistiche e sperimentali delle autorità competenti e specialmente dell’OMS, che considerano la vaccinazione una misura indispensabile per garantire la salute individuale e pubblica – diversi sono gli strumenti prescelti dai vari ordinamenti per conseguire gli obiettivi comuni. A un estremo, si trovano esperienze che ancora di recente hanno conosciuto obblighi vaccinali muniti di sanzione penale (Francia); all’estremo opposto si trovano programmi promozionali massimamente rispettosi dell’autonomia individuale (come nel Regno Unito); nel mezzo, si ravvisa una varietà di scelte diversamente modulate, che comprendono ipotesi in cui la vaccinazione è considerata requisito di accesso alle scuole (come avviene negli Stati Uniti, in alcune Comunità autonome in Spagna e tuttora anche in Francia) ovvero casi in cui la legge richiede ai genitori (o a chi esercita la responsabilità genitoriale) di consultare obbligatoriamente un medico prima di operare la propria scelta, a pena di sanzioni pecuniarie (Germania). Peraltro, questa diversa intensità di vincoli si accompagna a una altrettanto varia individuazione del numero dei vaccini proposti o richiesti. In molti paesi, peraltro, è in corso un dibattito sulle politiche vaccinali, teso alla ricerca degli strumenti giuridicamente più efficaci in vista del condiviso obiettivo di proteggere la salute dalle malattie infettive e da quelle che possono comportare gravi complicanze, contenibili attraverso la vaccinazione preventiva”[14].
2. L’obbligo vaccinale per i nuovi nati nell’ordinamento italiano: cenni storici
In Italia l’obbligo vaccinale fu sancito dall’art. 51[15] della legge 22 dicembre 1888, n. 5849 “sull’ordinamento dell’amministrazione e dell’assistenza sanitaria del regno” (c.d. legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica o legge Crispi-Pagliani), la quale prevedeva “Misure contro la diffusione delle malattie infettive dell’uomo e degli animali” (Titolo IV, Capo II).
Tuttavia, la prima vaccinazione fu resa obbligatoria dal regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 recante “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”, il cui art. 266 prevedeva l’obbligo della vaccinazione anti-vaiolosa[16].
Successivamente furono introdotti altri obblighi vaccinali: con la legge 6 giugno 1939, n. 891 (e, successivamente, con legge 27 aprile 1981, n. 166) divenne obbligatoria la vaccinazione anti-difterica (art. 1)[17], con la legge 4 febbraio 1966, n. 51 divenne obbligatoria la vaccinazione anti-poliomielitica (art. 1)[18], con la legge 5 marzo 1963, n. 292, come modificata dalla legge 20 marzo 1968, n. 419, divenne obbligatoria la vaccinazione anti-tetanica[19] (art. 1, lettera c[20]), e con la legge 27 maggio 1991, n. 165 divenne obbligatoria la vaccinazione anti-epatite B (art. 1)[21].
A partire dall’anno 1991, quindi, solo le suddette ultime quattro vaccinazioni erano obbligatorie; tuttavia, il Ministero della salute raccomandava ulteriori vaccinazioni: ad esempio, quella contro la Haemophilus influenzae tipo b, la pertosse, il pneumococco, il morbillo, la parotite, la rosolia e il meningococco C.
È bene ricordare, innanzitutto, che il legislatore degli anni ’60, oltre a prevedere l’obbligo della vaccinazione (anti-difterica, anti-poliomielitica e anti-tetanica), prevedeva anche che la mancata osservanza di tale obbligo costituiva un illecito penale (reato di omessa vaccinazione) e veniva punito col pagamento di un’ammenda[22].
Tuttavia, a seguito della depenalizzazione, avvenuta con la legge 24 novembre 1981, n. 689, la mancata osservanza dell’obbligo della vaccinazione non costituisce più un illecito penale, bensì un illecito amministrativo che viene punito con una sanzione amministrativa pecuniaria[23].
Inoltre, si badi che la certificazione (o l’autocertificazione[24]) dell’avvenuta vaccinazione rientrava tra i documenti prescritti per l’ammissione alle scuole (e alle altre collettività infantili di qualsiasi specie)[25], pertanto, la frequenza scolastica era preclusa ai soggetti che non comprovavano di essere stati sottoposti alle vaccinazioni obbligatorie (art. 47 del d.P.R. 22 dicembre 1967, n. 1518[26]).
Successivamente, tale preclusione, che si poneva in evidente contrasto con l’art. 34 Cost., il quale dispone che “la scuola è aperta a tutti” e che “l’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita”, è venuta meno – anche per il fatto che le politiche sulle vaccinazioni avevano consentito di raggiungere un’elevata copertura vaccinale – con l’emanazione del d.P.R. 26 gennaio 1999, n. 355, il quale ha sostituito testo dell’art. 47 del d.P.R. n. 1518 del 1967; il nuovo testo, infatti, dispone che “la mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione dell’alunno alla scuola dell’obbligo o agli esami” (comma 2, secondo capoverso)[27].
È opportuno sottolineare che il nuovo testo dell’art. 47 non ha soppresso il generale obbligo delle suddette quattro vaccinazioni, ma ha solo soppresso l’obbligo vaccinale quale condizione per l’ammissione alla scuola; tuttavia, “i direttori delle scuole e i capi degli istituti di istruzione pubblica o privata sono tenuti, all’atto dell’ammissione alla scuola o agli esami, ad accertare se siano state praticate agli alunni le vaccinazioni e le rivaccinazioni obbligatorie, richiedendo la presentazione da parte dell’interessato della relativa certificazione, ovvero di dichiarazione sostitutiva […] comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni e delle rivaccinazioni predette […]” (comma 1) e “nel caso di mancata presentazione della certificazione o della dichiarazione di cui al comma 1, il direttore della scuola o il capo dell’istituto comunica il fatto entro cinque giorni, per gli opportuni e tempestivi interventi, all’azienda unità sanitaria locale di appartenenza dell’alunno ed al Ministero della sanità” (comma 2, primo capoverso)[28].
Da questo momento, quindi, si assiste ad un calo delle coperture vaccinali dovuto anche alla tendenza di alcune Regioni a legiferare, sulla spinta del Piano Nazionale Vaccini (PNV) 2005-2007[29] e del Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2012-2014[30], nel senso del superamento dell’obbligo vaccinale e/o della sospensione dell’applicazione delle sanzioni amministrative: ad esempio, la Regione Lombardia con la delibera 22 dicembre 2005, n. VIII/1587; la Regione Toscana con la delibera 22 maggio 2006, n. 369; la Regione Piemonte con la delibera 10 aprile 2006, n. 63/2598 (Piano piemontese di promozione delle vaccinazioni); la Regione Sardegna con la delibera 16 dicembre 2008, n. 71/12; la Regione Emilia Romagna con la delibera 13 marzo 2009, n. 256; la Regione Umbria con la delibera 18 gennaio 2016, n. 25.
In particolare, la legge Regione Veneto 23 marzo 2007, n. 7 recante “Sospensione dell’obbligo vaccinale per l’età evolutiva” dispone, “per tutti i nuovi nati a far data dal 1° gennaio 2008”, la sospensione dell’obbligo di effettuare la vaccinazione anti-difterica, anti-tetanica, anti-poliomielitica e quella contro l’epatite virale B[31].
3. Il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (c.d. decreto Lorenzin)
La politica sanitaria dell’inizio anni 2000 ha inciso notevolmente sulla copertura vaccinale che, nel corso degli anni, è andata progressivamente a diminuire fino ad arrivare “pericolosamente sotto le soglie raccomandate”[32] (95%) dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)[33].
La riduzione delle coperture vaccinali, quindi, ha causato la recrudescenza di alcune malattie[34], l’“aumento dei casi di malattie infettive in fasce di età diverse da quelle classiche (per esempio negli adulti) e quadri clinici più gravi, con maggiore ricorso all’ospedalizzazione” e la “ricomparsa di malattie infettive che erano sotto controllo, spesso accompagnata da ritardi nella diagnosi proprio per la difficoltà di riconoscere agevolmente quadri clinici raramente o mai incontrati nella pratica clinica”[35].
A causa di ciò, le recenti politiche sanitarie hanno attuato un cambio di rotta: ad esempio, la Regione Emilia Romagna, con la legge 25 novembre 2016, n. 19 ha introdotto l’obbligo vaccinale quale requisito di accesso ai servizi educativi e ricreativi per la prima infanzia (art. 6, comma 2[36]), mentre il Consiglio Comunale di Trieste, con la delibera 28 novembre 2016, n. 72, recante “Modifiche al Regolamento comunale per i servizi della prima infanzia ed educativi comunali” (art. 4, comma 3[37]), ha introdotto l’obbligo vaccinale quale requisito di accesso alle scuole dell’infanzia; inoltre, il 24 gennaio 2017, la Giunta della Regione Toscana ha approvato, sulla scia del Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019[38], la proposta la proposta di legge n. 27 (Saccardi) che prevede l’obbligo vaccinale quale requisito per l’iscrizione annuale ai nidi d’infanzia, ai servizi integrativi per la prima infanzia e alla scuola dell’infanzia (art. 1[39])[40].
In ultimo, al fine di “[…] garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica con particolare riferimento al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, superando l’attuale frammentazione normativa”[41], è stato approvato il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale”[42], convertito, con modificazioni, in legge 31 luglio 2017, n. 119.
In particolare, il c.d. decreto Lorenzin[43], nel testo convertito in legge, “estende il novero delle vaccinazioni obbligatorie” (da quattro a dieci[44]) e “al fine di assicurare l’adempimento dell’obbligo di vaccinazione, […] prescrive specifici adempimenti con particolare riferimento all’iscrizione ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia (0-6 anni), pubblici e privati, i cui responsabili saranno tenuti, ai fini dell’iscrizione, a richiedere ai genitori la presentazione di idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle predette vaccinazioni, fatti salvi i casi particolari ivi comprese le ipotesi di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale. La mancata presentazione della predetta documentazione comporta il rigetto della domanda di iscrizione, di cui viene informata l’azienda sanitaria locale per gli adempimenti di competenza. Inoltre, sempre al fine di rendere cogente l’obbligo di vaccinazione, il decreto eleva le sanzioni amministrative pecuniarie […] previste per la sua violazione […]”[45].
Nel dettaglio, l’art. 1 del suddetto decreto dispone che “al fine di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, nonché di garantire il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019[46] […] ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale, per i minori di età compresa tra zero e sedici anni e per tutti i minori stranieri non accompagnati[47] sono obbligatorie e gratuite” dieci vaccinazioni (anti-poliomielitica; anti-difterica; anti-tetanica; enti-epatite B; anti-pertosse; anti-Haemophilus influenzae tipo b; anti-morbillo; anti-rosolia; anti-parotite; anti-varicella)[48] e che, “in caso di mancata effettuazione delle vaccinazioni […] ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari[49] […] è comminata la sanzione amministrativa[50] da euro cento a euro cinquecento”[51] (comma 4, secondo periodo[52]); tuttavia, prima che venga comminata la suddetta sanzione, “[…] i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari sono convocati dall’azienda sanitaria locale territorialmente competente per un colloquio al fine di fornire ulteriori informazioni[53] sulle vaccinazioni e di sollecitarne l’effettuazione”[54] (comma 4, primo periodo[55]).
Inoltre, i genitori esercenti la responsabilità genitoriali, i tutori e i soggetti affidatari[56], non incorrono nella suddetta sanzione se, “a seguito di contestazione da parte dell’azienda sanitaria locale territorialmente competente, provvedano, nel termine indicato nell’atto di contestazione[57], a far somministrare al minore il vaccino ovvero la prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del ciclo previsto per ciascuna vaccinazione obbligatoria avvenga nel rispetto delle tempistiche stabilite dalla schedula vaccinale in relazione all’età” (comma 4, terzo periodo[58]).
Tuttavia, lo stesso art. 1 prevede che “l’avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica effettuata dal medico curante […], ovvero dagli esiti dell’analisi sierologica, esonera dall’obbligo della relativa vaccinazione” (comma 2); inoltre, l’art. 1, comma 3, dispone che, “in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta”, “le vaccinazioni […] possono essere omesse o differite”, ma i minori che si trovano in queste condizioni “sono inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti solo minori vaccinati o immunizzati” (art. 4, comma 1).
L’art. 3, comma 1, del c.d. decreto Lorenzin dispone che “i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti, all’atto dell’iscrizione del minore di età compresa tra zero e sedici anni e del minore straniero non accompagnato[59], a richiedere ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari[60], la presentazione di idonea documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie […], ovvero l’esonero, l’omissione o il differimento delle stesse […], o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente che eseguirà le vaccinazioni obbligatorie secondo la schedula vaccinale prevista in relazione all’età, entro la fine dell’anno scolastico, o la conclusione del calendario annuale dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale”[61], e che la presentazione della suddetta documentazione “[…] deve essere completata entro il termine di scadenza per l’iscrizione”[62]; tuttavia, “la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni può essere sostituita dalla dichiarazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445” (Testo Unico sulla documentazione amministrativa).
Si badi che la presentazione della suddetta documentazione costituisce requisito di accesso “per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia […]”, mentre “per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale […] non costituisce requisito di accesso alla scuola, al centro o agli esami” (comma 3); inoltre, l’art. 3-bis (aggiunto in sede di conversione) dispone che, a decorrere dall’anno 2019, “la mancata presentazione della documentazione […] nei termini previsti[63] comporta la decadenza dall’iscrizione”, mentre “per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale […] non determina la decadenza dall’iscrizione né impedisce la partecipazione agli esami (comma 5).
Infine, in sede di conversione sono state aggiunte disposizioni che assicurano un ristoro ai soggetti danneggiati dalle vaccinazioni obbligatorie (artt. 5-bis, 5-ter, 5-quater).
In particolare, l’art. 5-quater prevede che “[…] a tutti i soggetti che, a causa delle vaccinazioni” obbligatorie (ex art. 1) “abbiano riportato lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente all’integrità psico-fisica”, si applicano le disposizioni di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210[64] la quale prevede un “indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie”.
4. Il giudizio di legittimità costituzionale del c.d. decreto Lorenzin: la necessarietà della decretazione d’urgenza
Dal momento successivo all’emanazione del c.d. decreto Lorenzin sono state sollevate molteplici polemiche in ordine alla sua legittimità tantoché la Regione Veneto ha promosso il giudizio di legittimità costituzionale[65] adducendo tre motivi di ricorso[66] (la trattazione riguarda solo i primi due motivi di ricorso poiché solo questi sono di nostro interesse): il primo motivo è riferito alla mancanza dei requisiti giustificatori della decretazione d’urgenza previsti dall’art. 77, comma 2, Cost. il quale dispone che “in casi straordinari di necessità e urgenza” il Governo può adottare “provvedimenti provvisori con forza di legge”; mentre il secondo, la cui trattazione si rimanda al paragrafo successivo, è riferito alla violazione di due diritti costituzionalmente garantiti, ovvero, il diritto alla salute e il diritto allo studio.
La Regione Veneto ritiene che (nel proprio territorio) non sussiste alcuna “emergenza di sanità pubblica[67] in relazione alle patologie di cui al d.l. n. 73 del 2017”[68] poiché se è vero che nel corso degli anni le coperture vaccinali sono progressivamente diminuite fino a scendere al di sotto della soglia raccomandata dall’OMS (95%), è anche vero che quest’ultima è considerata come soglia “ottimale”[69] che consente di garantire la c.d. “immunità di gregge” e non come soglia “critica” al di sotto della quale potrebbe insorgere un rischio epidemico; inoltre, la ricorrente sottolinea che “non esiste […] un’unica soglia critica valida per tutti i patogeni in tutti i contesti, dovendosi invece tenere conto di vari fattori biologici, ambientali e socio-economici”, pertanto “la soglia del 95%, al cui raggiungimento mira il d.l. n. 73 del 2017, sarebbe «del tutto arbitraria, essendo priva di qualsiasi giustificazione scientifica o normativa»”[70].
Poiché “non esiste una correlazione tra copertura vaccinale”[71] e una determinata malattia[72], la Regione Veneto, lamentando la violazione delle competenze regionali in materia di tutela della salute e di istruzione, ritiene che le norme censurate non rispondono adeguatamente all’esigenza di contenere le epidemie e che, quindi, non sussiste “l’esigenza di una disciplina dettagliata sulla somministrazione dei vaccini, da applicarsi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale”[73],[74].
Innanzitutto, occorre sottolineare che i presupposti di necessità ed urgenza previsti dall’art. 77, comma 2, Cost., costituiscono certamente requisiti di validità dei decreti-legge (e, quindi, della successiva legge di conversione) e che competente ad accertare la presenza in concreto di tali presupposti (e, quindi, la legittimità degli stessi decreti-legge) è la Corte Costituzionale poiché l’esame svolto dalle Camere “in sede di conversione comporta una valutazione del tutto diversa e, precisamente, di tipo prettamente politico sia con riguardo al contenuto della decisione, sia con riguardo agli effetti della stessa”[75]; inoltre, secondo l’orientamento della stessa Corte Costituzionale, l’art. 77, comma 2, Cost. “è connotato da un largo margine di elasticità”[76] pertanto solo l’“evidente mancanza” dei suddetti presupposti di validità dei decreti-legge è causa della loro illegittimità costituzionale (ed eventualmente della successiva legge di conversione)[77].
Al fine di giudicare sui presupposti previsti dall’art. 77, comma 2, Cost., la Corte Costituzionale “ha dato rilievo ad una pluralità di indici intrinseci ed estrinseci: titolo, preambolo[78], contenuto e ratio del decreto-legge, relazione illustrativa del disegno di legge di conversione[79] e lavori parlamentari[80]”[81].
Secondo la Corte, alla luce degli elementi evidenziati “e in considerazione del contesto in cui si inserisce il d.l. n. 73 del 2017 – caratterizzato, tra l’altro, da una tendenza al calo delle coperture vaccinali (punto 3.4 del Considerato in diritto[82]) – non può ritenersi che il Governo, prima, e il Parlamento, poi, abbiano ecceduto i limiti dell’ampio margine di discrezionalità che spetta loro, ai sensi dell’art. 77, secondo comma, Cost., nel valutare i presupposti di straordinaria necessità e urgenza che giustificano l’adozione di un decreto-legge in materia”[83].
La Corte prosegue affermando che “nessuno degli argomenti spesi in senso contrario dalla Regione Veneto è convincente. Anzitutto, è opinabile il rilievo secondo cui la soglia del 95% dovrebbe considerarsi ottimale e non critica: una tale distinzione non sembra avere riscontro in alcuno degli atti di indirizzo delle competenti istituzioni nazionali e internazionali; anzi, in almeno un’occasione e in riferimento alla «copertura vaccinale per morbillo-parotite-rosolia», il PNPV 2017-2019 definisce il 95% «soglia critica necessaria a bloccare la circolazione del virus e, quindi, a raggiungere l’obiettivo di eliminazione previsto per il 2015 nella regione Europea dell’OMS». In ogni caso, decisiva è la considerazione che gli obiettivi mancati corrispondono a quelli previsti dai diversi piani vaccinali adottati in Italia nel corso degli anni e, da ultimo, dal PNPV 2017-2019 appena citato. A fronte di una copertura vaccinale insoddisfacente nel presente e incline alla criticità nel futuro, questa Corte ritiene che rientri nella discrezionalità – e nella responsabilità politica – degli organi di governo apprezzare la sopraggiunta urgenza di intervenire, alla luce dei nuovi dati e dei fenomeni epidemiologici frattanto emersi, anche in nome del principio di precauzione che deve presidiare un ambito così delicato per la salute di ogni cittadino come è quello della prevenzione. Per quanto poi riguarda l’epidemia di morbillo dell’anno 2017, il fatto che essa colpisca specialmente una certa fascia (adulta) della popolazione non contraddice l’opportunità di incrementare la profilassi nella popolazione in età evolutiva, sia per la protezione di quest’ultima, sia per invertire la tendenza al calo delle coperture”[84].
Secondo la Corte, inoltre, non può negarsi “[…] che i provvedimenti adottati abbiano di per sé efficacia immediata: basti osservare che la normativa in esame dispone un obbligo non differibile, sia pure scandendo specifici termini per ciascuna delle vaccinazioni previste e articolando i necessari passaggi procedurali, secondo una tecnica normativa ragionevole, considerata la capillarità dell’impatto. In ogni caso, questa Corte ha ancora di recente rilevato che «la straordinaria necessità ed urgenza non postula inderogabilmente un’immediata applicazione delle disposizioni normative contenute nel decreto-legge, ma ben può fondarsi sulla necessità di provvedere con urgenza, anche laddove il risultato sia per qualche aspetto necessariamente differito»[85]”[86].
La Corte prosegue affermando che non si può addurre (contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione Veneto) come motivazione a fondamento del non agire la previsione che, nel caso in cui “si ripresentassero casi sporadici di malattie attualmente assenti dal territorio nazionale”, le coperture vaccinali aumenterebbero[87]; infatti, “una tale considerazione rivela una indebita sovrapposizione concettuale tra urgenza del provvedere ed emergenza sanitaria: la copertura vaccinale è strumento di prevenzione e richiede di essere messa in opera indipendentemente da una crisi epidemica in atto. Deve perciò concludersi che rientra nella discrezionalità del Governo e del Parlamento intervenire prima che si verifichino scenari di allarme e decidere – a fronte di una prolungata situazione di insoddisfacente copertura vaccinale – di non attendere oltre nel fronteggiarla con misure straordinarie, anche in vista delle scadenze legate all’avvio dell’anno scolastico”[88].
Infine, in riferimento alla violazione delle competenze regionali (ex artt. 117, commi 3 e 4, e 118 Cost.)[89], la Corte Costituzionale, richiamando sue precedenti pronunce[90], ribadisce che “il diritto della persona di essere curata efficacemente, secondo i canoni della scienza e dell’arte medica, e di essere rispettata nella propria integrità fisica e psichica deve essere garantito in condizione di eguaglianza in tutto il paese, attraverso una legislazione generale dello Stato basata sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale. Tale principio vale non solo […] per le scelte dirette a limitare o a vietare determinate terapie o trattamenti sanitari, ma anche per l’imposizione di altri. Se è vero che il «confine tra le terapie ammesse e terapie non ammesse, sulla base delle acquisizioni scientifiche e sperimentali, è determinazione che investe direttamente e necessariamente i principi fondamentali della materia»[91], a maggior ragione, e anche per ragioni di eguaglianza, deve essere riservato allo Stato – ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost. – il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili. Nella specie, poi, la profilassi per la prevenzione della diffusione delle malattie infettive richiede necessariamente l’adozione di misure omogenee su tutto il territorio nazionale. Secondo i documenti delle istituzioni sanitarie nazionali e internazionali, l’obiettivo da perseguire in questi ambiti è la cosiddetta «immunità di gregge», la quale richiede una copertura vaccinale a tappeto in una determinata comunità, al fine di eliminare la malattia e di proteggere coloro che, per specifiche condizioni di salute, non possono sottoporsi al trattamento preventivo. Pertanto, in questo ambito, ragioni logiche, prima che giuridiche, rendono necessario un intervento del legislatore statale e le Regioni sono vincolate a rispettare ogni previsione contenuta nella normativa statale, incluse quelle che, sebbene a contenuto specifico e dettagliato, per la finalità perseguita si pongono in rapporto di coessenzialità e necessaria integrazione con i principi di settore[92]”[93].
4.1. Il bilanciamento tra interessi costituzionalmente garantiti: diritto alla salute, diritto all’istruzione e principio di autodeterminazione
Con il secondo motivo di ricorso, la Regione Veneto lamenta la lesione del diritto alla salute (art. 32 Cost.) e del diritto allo studio (art. 34 Cost.).
Secondo la ricorrente, il legislatore non ha “bilanciato in modo equilibrato, conformemente al principio di proporzionalità, la tutela della salute, collettiva e individuale, e l’autodeterminazione personale in materia sanitaria”[94] garantita da norme costituzionali, europee e internazionali[95],[96].
Secondo la Regione Veneto, infatti, l’art. 32, comma 1, Cost., “garantisce la libertà del singolo di non sottoporsi a cure o terapie non scelte o accettate, salvo che ricorra uno «stato di necessità per la salute pubblica»” e tale libertà si ricollega al principio di autodeterminazione “le cui limitazioni devono essere ragionevolmente e congruamente giustificate dall’impossibilità di tutelare altrimenti interessi di pari rango”[97].
Inoltre, la Regione Veneto lamenta il fatto che le norme censurate sono “inidonee e eccessive rispetto agli obiettivi di tutela della salute pubblica perseguiti” e che, “per conseguire gli auspicati obiettivi di prevenzione sanitaria”, introducono misure irragionevoli e sproporzionate poiché sono “più severe di quelle che sarebbero strettamente necessarie”[98].
Infatti, conformemente alla sentenza della Corte Costituzionale 23 giugno 1994, n. 258[99], la Regione Veneto sostiene che “le leggi che prevedono obblighi vaccinali sono compatibili con l’art. 32 Cost.” solo se “contemperano la tutela della salute collettiva e il diritto individuale alla salute”; tuttavia, prosegue la ricorrente, “ciò non può autorizzare l’integrale conversione del diritto individuale in soggezione, in nome dell’interesse generale, a prescindere dall’esistenza di efficaci modelli alternativi di tutela”[100].
In ultimo, la ricorrente lamenta la violazione del principio di precauzione evidenziando la mancanza di “una previa accurata valutazione della situazione epidemiologica” e affermando che, mediante le norme censurate, si assiste all’introduzione di “una sorta di grottesca «sperimentazione di massa» obbligatoria […] senza il sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza supervisione bioetica”[101].
Innanzitutto, la Corte Costituzionale sottolinea che “[…] le disposizioni in materia di iscrizione e adempimenti scolastici (artt. 3, 3-bis, 4 e 5 del d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla legge n. 119 del 2017) […] mirano a garantire che la frequenza scolastica avvenga in condizioni sicure per la salute di ciascun alunno, o addirittura (per quanto riguarda i servizi educativi per l’infanzia) non avvenga affatto in assenza della prescritta documentazione”[102].
Inoltre, contrariamente a quanto affermato dalla Regione Veneto – la quale pur non contestando “l’utilità dei vaccini per la tutela della salute” né sottovalutando “la necessità di un impegno pubblico per la loro diffusione capillare tra la popolazione”, non conviene con la scelta del legislatore statale di introdurre “un ampio novero di vaccinazioni obbligatorie” preferendo, invece, una strategia “basata sul convincimento e sulla persuasione (legge regionale n. 7 del 2007) poiché “tale metodo sarebbe più rispettoso della libera autodeterminazione individuale e realizzerebbe un bilanciamento più equilibrato tra le esigenze di tutela della salute individuale e collettiva e la libertà di cura […] garantita dall’art. 32 Cost.” e da altri “numerosi strumenti giuridici internazionali e sovranazionali”[103] – sottolinea il fatto che la giurisprudenza costituzionale in tema di vaccinazioni “è salda nell’affermare che l’art. 32 Cost. postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività[104], nonché, nel caso di vaccinazioni obbligatorie, con l’interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai loro compiti di cura”[105].
In particolare, la Corte ha precisato che “la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 Cost.: se il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri; se si prevede che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, salvo che per quelle sole conseguenze che appaiano normali e, pertanto, tollerabili; e se, nell’ipotesi di danno ulteriore, sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennità in favore del danneggiato, e ciò a prescindere dalla parallela tutela risarcitoria[106]. Dunque, i valori costituzionali coinvolti nella problematica delle vaccinazioni sono molteplici e implicano, oltre alla libertà di autodeterminazione individuale nelle scelte inerenti alle cure sanitarie e la tutela della salute individuale e collettiva (tutelate dall’art. 32 Cost.), anche l’interesse del minore, da perseguirsi anzitutto nell’esercizio del diritto-dovere dei genitori di adottare le condotte idonee a proteggere la salute dei figli (artt. 30 e 31 Cost.), garantendo però che tale libertà non determini scelte potenzialmente pregiudizievoli per la salute del minore. Il contemperamento di questi molteplici principi lascia spazio alla discrezionalità del legislatore nella scelta delle modalità attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, potendo egli selezionare talora la tecnica della raccomandazione, talaltra quella dell’obbligo, nonché, nel secondo caso, calibrare variamente le misure, anche sanzionatorie, volte a garantire l’effettività dell’obbligo. Questa discrezionalità deve essere esercitata alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte[107], e delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia […]”[108].
La Corte osserva che “[…] l’evoluzione della legislazione italiana in materia registra il susseguirsi di politiche vaccinali di vario segno […]” (orientate verso l’obbligo o verso la raccomandazione), che “[…] verso la fine degli anni novanta, in concomitanza con l’accentuarsi di una più spiccata sensibilità per i diritti di autodeterminazione individuale anche in campo sanitario, sono state privilegiate le politiche vaccinali basate sulla sensibilizzazione, l’informazione e la persuasione, piuttosto che sull’obbligo […]”, e che “in questo contesto, in alcune Regioni, in via sperimentale, si è sospeso l’obbligo di vaccinazione, come è accaduto ad esempio proprio in Veneto con la legge regionale n. 7 del 2007”; tuttavia, sottolinea anche il fatto che “negli anni più recenti, si è assistito a una flessione preoccupante delle coperture, alimentata anche dal diffondersi della convinzione che le vaccinazioni siano inutili, se non addirittura nocive[109]: convinzione, si noti, mai suffragata da evidenze scientifiche, le quali invece depongono in senso opposto[110]”[111].
Secondo la Corte, è proprio per questo motivo che oggi si assiste ad “una inversione di tendenza – dalla raccomandazione all’obbligo di vaccinazione – in cui si inserisce anche la normativa oggetto del presente giudizio” e, “valutata alla luce del contesto descritto nei suoi tratti essenziali, la scelta del legislatore statale non può essere censurata sul piano della ragionevolezza per aver indebitamente e sproporzionatamente sacrificato la libera autodeterminazione individuale in vista della tutela degli altri beni costituzionali coinvolti, frustrando, allo stesso tempo, le diverse politiche vaccinali implementate dalla ricorrente. Il legislatore, infatti, intervenendo in una situazione in cui lo strumento della persuasione appariva carente sul piano della efficacia, ha reso obbligatorie dieci vaccinazioni: meglio, ha riconfermato e rafforzato l’obbligo, mai formalmente abrogato, per le quattro vaccinazioni già previste dalle leggi dello Stato, e l’ha introdotto per altre sei vaccinazioni che già erano tutte offerte alla popolazione come «raccomandate»[112]. Non è corretto, dunque, affermare – come fa la ricorrente – che la legge ha repentinamente introdotto dal nulla l’imposizione di un ampio numero di vaccinazioni; essa ha invece innovato il titolo giuridico in nome del quale alcune vaccinazioni sono somministrate, avendo reso obbligatorio un certo numero di vaccinazioni che in precedenza erano, comunque, già raccomandate”.
Inoltre, la Corte sottolinea il fatto che il legislatore, pur rendendo le vaccinazioni obbligatorie, ha comunque “ritenuto di dover preservare un adeguato spazio per un rapporto con i cittadini basato sull’informazione, sul confronto e sulla persuasione”, infatti, “in caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale, l’art. 1 comma 4 del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito, prevede un procedimento volto in primo luogo a fornire ai genitori (o agli esercenti la potestà genitoriale) ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e a sollecitarne l’effettuazione. A tale scopo, il legislatore ha inserito un apposito colloquio tra le autorità sanitarie e i genitori, istituendo un momento di incontro personale, strumento particolarmente favorevole alla comprensione reciproca, alla persuasione e all’adesione consapevole. Solo al termine di tale procedimento, e previa concessione di un adeguato termine, potranno essere inflitte le sanzioni amministrative previste, peraltro assai mitigate in seguito agli emendamenti introdotti in sede di conversione”[113].
Infine, la Corte ritiene che, “allo stato attuale delle condizioni epidemiologiche e delle conoscenze scientifiche”, la scelta del legislatore di “rafforzare la cogenza degli strumenti della profilassi vaccinale” non risulta essere irragionevole e sottolinea che “nulla esclude che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata”, infatti, lo stesso legislatore, ai sensi dell’art. 1, comma 1-ter, del decreto-legge n. 73 del 2017, “ha opportunamente introdotto in sede di conversione un sistema di monitoraggio periodico che può sfociare nella cessazione della obbligatorietà di alcuni vaccini (e segnatamente di quelli elencati all’art. 1, comma 1-bis: anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella). Questo elemento di flessibilizzazione della normativa, da attivarsi alla luce dei dati emersi nelle sedi scientifiche appropriate, denota che la scelta legislativa a favore dello strumento dell’obbligo è fortemente ancorata al contesto ed è suscettibile di diversa valutazione al mutare di esso. Peraltro, non si può fare a meno di rilevare che tale strumento di flessibilizzazione si applica solo a quattro dei dieci vaccini imposti obbligatoriamente dalla legge. Analoghe variazioni nelle condizioni epidemiologiche, nei dati relativi alle reazioni avverse e alle coperture vaccinali potrebbero suggerire al legislatore di prevedere un analogo meccanismo di allentamento del grado di coazione esercitabile anche in riferimento alle sei vaccinazioni indicate al comma 1 dell’art. 1 (anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b)”[114].
5. Scenari successivi al c.d. decreto Lorenzin
Per completezza della vicenda mi sembra opportuno ricordare brevemente le vicende che si sono susseguite dopo la pronuncia della Corte Costituzionale.
Dapprima si ricorda che il Comune di Roma ha approvato una mozione che, al fine di garantire “la continuità didattica ed educativa”, consente ai bambini iscritti all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia (fascia 0-6 anni) di proseguire il percorso scolastico intrapreso (a.s. 2017/2018) pur non essendo stati sottoposti all’obbligo vaccinale entro il 10 marzo 2018, termine ultimo per la presentazione della documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie (art. 5 del decreto-legge n. 73 del 2017)[115].
Alla decisione del Comune di Roma ha successivamente fatto eco una decisione del Comune di Trento adottata sempre al fine di garantire la continuità didattica ed educativa degli alunni non ancora vaccinati da 0 a 6 anni (a.s. 2017/2018).
Di segno opposto sono state le reazioni del Governo (Gentiloni), il quale lamentava che queste decisioni comportassero un pericolo per la salute pubblica.
Al c.d. Governo Gentiloni è poi succeduto il c.d. Governo Conte che da subito ha mostrato una tendenza contraria a quella del predecessore, infatti, nel luglio 2018 il Ministro della Salute G. Grillo e il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca M. Bussetti sono intervenuti con una circolare del 6 luglio 2018 nella quale hanno specificato che, ai fini dell’iscrizione a scuola (a.s. 2018/2019), è sufficiente l’autocertificazione in luogo della documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni rilasciata dall’azienda sanitaria locale.
Nella circolare si legge che “per il solo anno scolastico e il calendario annuale 2018/2019, in ipotesi di prima iscrizione alle istituzioni scolastiche, formative ed educative, nel caso in cui i genitori/tutori/affidatari non presentino entro il 10 luglio 2018 la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni ai sensi del penultimo periodo del comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale d’istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie potranno ammettere i minorenni alla frequenza sulla base delle dichiarazioni sostitutive presentate entro il termine di scadenza per l’iscrizione […]. Quando invece la procedura d’iscrizione all’anno scolastico/calendario annuale 2018/2019 è avvenuta d’ufficio, il minorenne è ammesso alla frequenza delle istituzioni del sistema nazionale d’istruzione, dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sulla base della documentazione già presentata nel corso dell’anno scolastico-calendario annuale 2017/2018, a meno che il minorenne non debba essere sottoposto ad una nuova vaccinazione o ad un richiamo, secondo le indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo alla propria coorte di nascita; in quest’ultimo caso i genitori/tutori/affidatari […] hanno la facoltà di presentare, entro il 10 luglio 2018, una dichiarazione sostitutiva dell’avvenuta vaccinazione […]. Per il solo anno scolastico e calendario annuale 2018/2019, nell’ipotesi d’iscrizione ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia dopo il 10 luglio 2018, il minorenne avrà accesso ai servizi presentando la documentazione di cui al comma 1 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017, ivi compresa la dichiarazione sostitutiva […]”[116].
In sostanza, “per i minori da 6 a 16 anni, quando non si tratta di prima iscrizione, resta valida la documentazione già presentata per l’anno scolastico 2017/2018, se il minore non deve effettuare nuove vaccinazioni o richiami; per i minori da 0 a 6 anni e per la prima iscrizione alle scuole (minori 6-16 anni) può essere presentata una dichiarazione sostitutiva di avvenuta vaccinazione”[117].
In ultimo, si segnala che con l’approvazione del decreto-legge 25 luglio 2018, n. 91, recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito, con modificazioni, in legge 21 settembre 2018, n. 108 (c.d. decreto Milleproroghe), “l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 5, comma 1, secondo periodo, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, è prorogata all’anno scolastico 2018/2019 e al calendario dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2018/2019; in caso di presentazione della dichiarazione sostitutiva […], la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie deve essere presentata entro il 10 marzo 2019” (art. 3-quater).
In sostanza, “con l’autocertificazione delle vaccinazioni sancita dal decreto viene data forza di legge alla circolare del ministero della Sanità che consentiva l’iscrizione all’anno scolastico” 2018/2019 “senza presentare le relative documentazioni sanitarie. I genitori dovranno comunque far seguire alle proprie dichiarazioni quelle ufficiali, rilasciate dai medici, entro il 10 marzo 2019”[118].
6. Conclusioni
L’indagine svolta nel caso dei vaccini obbligatori, sorto a seguito dell’emanazione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 (c.d. decreto Lorenzin), ha permesso di analizzare di molteplici aspetti che in tale sede si intende riassumere.
Innanzitutto, è stato analizzato il rapporto intercorrente tra valutazioni scientifiche e discrezionalità legislativa e, in particolare, si è visto che le scelte normative in campo sanitario devono essere sorrette da conoscenze medico-scientifiche, a pena di incostituzionalità della legge.
Tuttavia, nel caso in cui la norma sia fondata su valutazioni scientifiche, il giudice costituzionale, non potendo stabilire il grado di attendibilità di tali valutazioni, potrà dichiarare l’illegittimità costituzionale della norma solo quando le valutazioni stesse siano manifestamente irrazionali o evidentemente irragionevoli.
Dopo aver ripercorso come, in Italia, l’obbligo vaccinale sia stato storicamente imposto per i nuovi nati e dopo aver portato alla luce le ragioni storico-sociopolitiche che hanno condizionato il calo delle coperture vaccinali, sono stati esaminati, nel dettaglio, il c.d. decreto Lorenzin, le ragioni che hanno condotto alla sua emanazione e la sentenza (Corte Cost., 18 febbraio 2018, n. 5) con cui la Corte Costituzionale si è pronunciata, sul ricorso proposto dalla Regione Veneto, nel senso della legittimità costituzionale del suddetto decreto.
In particolare, sono stati analizzati due aspetti della pronuncia: quello riferito al ricorso con cui la ricorrente lamentava la mancanza dei requisiti giustificatori della decretazione d’urgenza previsti dall’art. 77, comma 2, Cost., e quello riferito alla lesione del diritto alla salute e del diritto all’istruzione.
Con riferimento alla presunta mancanza dei presupposti di cui all’art. 77, comma 2, Cost., la Corte Costituzionale, richiamando la sent. 27 gennaio 1995, n. 29, ribadisce, innanzitutto, che solo l’“evidente mancanza” dei suddetti presupposti è causa di illegittimità costituzionale di un decreto-legge; secondo la Corte, inoltre, il c.d. decreto Lorenzin si inserisce in un contesto che – caratterizzato, da un lato, dal calo delle coperture vaccinali e, dall’altro, dalla recrudescenza di alcune malattie – giustifica, anche in nome del principio di precauzione, l’intervento d’urgenza basato su una valutazione discrezionale del Governo.
Con riferimento alla violazione del diritto alla salute e del diritto allo studio, invece, la Corte sottolinea che le disposizioni contenute nel c.d. decreto Lorenzin sono finalizzate a garantire la sicurezza di tutti gli alunni.
Il diritto alla salute, infatti, non fa capo ad un singolo soggetto, non è un diritto esclusivamente personale che esiste da solo, ma convive con tanti altri identici diritti che fanno capo alla comunità in generale; pertanto, è necessario un equo bilanciamento fra l’interesse del singolo e l’interesse della collettività e, a tal fine, può anche essere necessario il sacrificio della libera autodeterminazione individuale che è giustificato se si considera che viviamo in uno Stato di diritto e democratico dove non può assolutamente valere l’espressione “mors tua, vita mea”.
Il diritto alla salute del singolo, quindi, non è pregiudicato dall’imposizione dell’obbligo vaccinale poiché “il trattamento è diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute del singolo, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri”; inoltre, perché “non incide negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato”[119].
Non è pregiudicato dall’imposizione dell’obbligo vaccinale nemmeno il diritto allo studio: infatti, atteso che il diritto alla salute, il quale costituisce un interesse della collettività, deve ritenersi prevalente sul diritto allo studio, che invece costituisce un interesse individuale, è bene osservare che la sottoposizione all’obbligo vaccinale costituisce requisito di acceso soltanto per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole educative dell’infanzia nel cui contesto, quello all’istruzione non costituisce un obbligo, bensì un diritto, pertanto, il legislatore può ben prevedere, al fine di salvaguardare un interesse collettivo (diritto alla salute), l’adempimento di un obbligo quale condizione per il godimento di un diritto individuale (diritto all’istruzione); nel contesto della scuola dell’obbligo, invece, la sottoposizione alle vaccinazioni obbligatorie non costituisce requisito di accesso, tuttavia, se il legislatore può disporre l’obbligo della frequenza scolastica nell’interesse individuale, allora può anche disporre, qualora lo ritenga necessario, l’obbligo vaccinale nell’interesse preminente della comunità, quale il diritto alla salute[120].
Alla luce di quanto esaminato, mi accingo a fare delle riflessioni conclusive: a parer mio, l’obbligo vaccinale disposto dal Governo, pur essendo una scelta politica, ovvero una scelta discrezionale, sembra essere ragionevole poiché fondato su rilevazioni scientifiche fornite da fonti autorevoli e perché, mediante un equo bilanciamento di interessi, persegue l’interesse pubblico non incidendo negativamente sui soggetti sottoposti all’obbligo vaccinale.
Tuttavia, se è vero che, come affermato dall’allora Presidente del Consiglio dei Ministri in carica (Gentiloni), l’intenzione del Governo era soltanto quella di rispondere ad una preoccupazione piuttosto che rimediare ad una emergenza sanitaria, sembra che il fine ultimo del c.d. decreto Lorenzin sia stato quello di prevenire, con urgenza, l’urgenza stessa.
Ciò, però, non toglie che, forse, lo strumento della raccomandazione non avrebbe sortito lo stesso effetto dell’obbligo per il fatto che il calo delle coperture vaccinali ha avuto luogo proprio a causa dell’incremento nella comunità della convinzione che i vaccini siano inutili e/o dannosi per salute ed è proprio questa circostanza che costituisce la situazione di “emergenza” e che ha indotto prima il Governo e poi il Parlamento a legiferare nel senso dell’obbligatorietà delle vaccinazioni – a differenza di altri Paesi dove il legislatore non avverte la necessità di imporre le vaccinazioni poiché, pur non essendo obbligatorie, sono eseguite, per ragioni socio-politiche, dalla maggior parte della popolazione.
La ratio ultima della norma, quindi, riposa nella necessità di dover contrastare il movimento dei cc.dd. no-vax al fine di tutelare la salute dei bambini figli di genitori forse incoscienti e sprezzanti del pericolo a cui espongono la prole e, soprattutto (senza intendere che vi sia un ordine di preferenza), quelli che per cause di forza maggiore non possono essere sottoposti alle vaccinazioni e che, non potendo beneficiare della c.d. “immunità di gregge”, sarebbero esposti ad un pericolo per volontà e a causa di quei soggetti che invece potrebbero vaccinarsi.
Poiché, a tali fini, la raccomandazione delle vaccinazioni sarebbe stata, per le ragioni sopra esposte, sicuramente del tutto vana, il legislatore ha ritenuto necessario adottare una strategia basata sulla coercizione piuttosto che sulla persuasione; tuttavia, non si può negare che il calo delle coperture vaccinali sia frutto anche delle politiche sanitarie che si sono succedute nel tempo, pertanto, sarebbe necessario attivare un processo di informazione che consenta di ottenere, come avviene altrove, un consenso diffuso, consapevole e spontaneo e non derivante dal mero convincimento o ottenuto coattivamente mediante l’imposizione che, generalmente, non è mai positivamente accolta.
[1] A. Iannuzzi, Istruttoria e valutazioni tecnico-scientifiche, in Riv. Gruppo di Pisa, 2017, 1, p. 9, <https://www.gruppodipisa.it>.
[2] A. Iannuzzi, ivi, p. 10.
[3] A. Iannuzzi, ivi, p. 12.
[4] “Scienza e politica sono ineluttabilmente intrecciate nelle scelte relative ai programmi sanitari”, S. Rossi, Il decreto legge sui vaccini tra scienza e politica, in Lacostituzione.info, 2017, <http://www.lacostituzione.info>.
[5] A. Iannuzzi, op. cit., p. 10.
[6] A. Iannuzzi, ivi, p. 14
[7] Q. Camerlengo, I poteri istruttori della Corte costituzionale e l’accesso agli elementi scientifici nel giudizio di costituzionalità, in A. D’Aloia (a cura di), Bio-tecnologie e valori costituzionali. Il contributo della giustizia costituzionale, Torino, Giappichelli, 2005, p. 175.
[8] A. Iannuzzi, op. cit., p. 14. Le parole “manifesta irrazionalità” e “evidente irragionevolezza” sono virgolettate nel testo originale.
[9] Corte Cost., 16 aprile 1998, n. 114, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[10] Punto 4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 114/1998, ivi.
[11] La c.d. “immunità di gregge” (heard immunity) si realizza quando, in una determinata comunità, si raggiunge un’elevata copertura vaccinale per una determinata infezione e consente di tutelare i soggetti che, a causa delle loro condizioni di salute, non possono essere sottoposti alle vaccinazioni.
[12] “La scelta della raccomandazione o dell’obbligo […] appartiene alla discrezionalità del legislatore che la esercita «alla luce delle diverse condizioni sanitarie ed epidemiologiche, accertate dalle autorità preposte (sentenza n. 268 del 2017)» nonché «delle acquisizioni, sempre in evoluzione, della ricerca medica, che debbono guidare il legislatore nell’esercizio delle sue scelte in materia (così, la giurisprudenza costante di questa Corte sin dalla fondamentale sentenza n. 282 del 2002)». La legislazione in materia di vaccini risulta dunque condizionata, nei suoi elementi essenziali, da due ordini di fattori: da un lato l’insuperabile provvisorietà dei risultati della ricerca medico-scientifica, in costante evoluzione, e dall’altro le condizioni sanitarie ed epidemiologiche periodicamente accertate dalle autorità preposte. Entro il perimetro disegnato dall’andamento di queste due variabili si esplica la discrezionalità del legislatore, chiamato a effettuare un ragionevole bilanciamento tra l’esigenza di garantire una prevenzione efficace e quella di non coartare oltre misura il diritto all’autodeterminazione del singolo che non intenda sottoporsi al trattamento sanitario. In quest’ottica, allora, la propensione per l’obbligo o per la raccomandazione costituisce il portato della valutazione discrezionale compiuta dal legislatore alla luce di tutti i predetti elementi in un determinato momento storico, con la clausola implicita che, al mutare di quelle condizioni, pure quella valutazione è destinata a variare”, V. Ciaccio, I vaccini obbligatori al vaglio di costituzionalità. Riflessioni a margine di Corte cost., sent. n. 5 del 2018, in Giur. cost., 2018, 1, p. 463.
[13] Punto 8.2.5 del Considerato in diritto, Corte Cost., 18 gennaio 2018, n. 5 in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[14] Punto 8.2.2 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, cit. Cfr. M. Tomasi, Corte Cost., sent. n. 5/2018 – non irragionevolezza dell’intervento normativo che ha esteso a 10 il novero delle vaccinazioni obbligatorie in Italia, in Biodiritto, 2018, <http://www.biodiritto.org>; L. Pedullà, Vaccinazioni obbligatorie e dovere di solidarietà costituzionale (alla luce della sent. n. 5 del 2018 della Corte cost.), in Forumcostituzionale.it, 2018, p. 28-29, <http://www.forumcostituzionale.it>; S. Rossi, Lezioni americane. Il bilanciamento tra interesse della collettività e autonomia individuale in materia di vaccini, in Riv. trimestrale dir. pubbl., 2018, 2, p. 749 ss; G. Sorrenti, Vaccini obbligatori: le questioni aperte, in BioLaw Journal, 2017, 2, p. 34, <http://www.biodiritto.org>.
[15] “La vaccinazione è obbligatoria […]”, art. 51 della legge n. 5849 del 1888.
[16] L’obbligo della vaccinazione anti-vaiolosa è stato sospeso nel 1971 e poi abolito (articolo abrogato dall’art. 1 del decreto-legge 26 giugno 1981, n. 334 recante “Abrogazione dell’obbligo della vaccinazione anti-vaiolosa”, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 1981, n. 457). L’art. 266 del regio decreto n. 1256 del 1934 disponeva che: “la vaccinazione antivaiuolosa è obbligatoria entro il primo semestre dalla nascita e deve essere ripetuta nel semestre successivo, quando abbia avuto esito negativo. Sono esclusi da tale obbligo i bambini che da certificato medico risultino in condizioni di salute da non poter subire la vaccinazione, la quale dovrà, però, essere eseguita nel semestre successivo, od appena cessino le ragione della controindicazione” (comma 1). “È inoltre obbligatoria la rivaccinazione all’ottavo anno di età e ogniqualvolta sia ritenuto necessario dall’autorità sanitaria per pericolo di diffusione del vaiuolo” (comma 2).
[17] L’art. 1 della legge n. 891 del 1939 dispone che “è obbligatoria la vaccinazione contro la difterite per tutti i bambini, dal secondo al decimo anno di età” (comma 1). “Essa, di regola, si associa alla vaccinazione antivaiolosa ed è eseguita nel secondo anno di età” (comma 2). “L’obbligo della vaccinazione antivaiolosa entro il primo semestre della nascita, prescritto dall’art. 266 del testo unico delle leggi sanitarie, è protratto al secondo anno di età” (comma 3).
[18] L’art. 1, comma 1, della legge n. 51 del 1966 dispone che “la vaccinazione contro la poliomielite è obbligatoria per i bambini entro il primo anno di età […]”.
[19] La vaccinazione anti-tetanica era già prevista dalla legge n. 292 del 1963 il cui art. 1 dispone che “è resa obbligatoria la vaccinazione antitetanica: a) per le seguenti categorie di lavoratori dei due sessi più esposte ai rischi dell’infezione tetanica: lavoratori agricoli, pastori allevatori di bestiame, stallieri, fantini, sorveglianti o addetti ai lavori di sistemazione e di preparazione delle piste negli ippodromi, spazzini, cantonieri, stradini, operai e manovali addetti all’edilizia, asfaltisti, straccivendoli, operai addetti alla manipolazione delle immondizie, operai addetti alla fabbricazione della carta e dei cartoni; b) per gli sportivi, all’atto dell’affiliazione alle federazioni del C.O.N.I.”
[20] L’art 1 della legge n. 419 del 1968 disponeva che “è resa obbligatoria la vaccinazione antitetanica: […] per tutti i bambini nel secondo anno di vita” (lettera c) aggiunta). La lettera c) è stata sostituita dalla legge n. 166 del 1981, la quale prevede che la vaccinazione antitetanica è obbligatoria “per i nuovi nati, i quali dovranno essere vaccinati con tre somministrazioni di anatossina tetanica adsorbita, associata ad anatossina difterica di cui la prima al terzo mese di vita, la seconda dopo 6-8 settimane dalla precedente, la terza al decimo-undicesimo mese di vita”.
[21] L’art. 1 della legge n. 165 del 1991 dispone che “al fine di prevenire l’insorgere e la diffusione dell’epatite virale B, la vaccinazione contro tale malattia è obbligatoria per tutti i nuovi nati nel primo anno di vita” (comma 1). “Limitatamente ai dodici anni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, la vaccinazione è obbligatoria anche per tutti i soggetti nel corso del dodicesimo anno di età” (comma 2).
[22] L’art. 3 della legge n. 51 del 1966 dispone che “la persona che esercita la patria potestà o la tutela sul bambino o il direttore dell’istituto di pubblica assistenza in cui è ricoverato, o la persona cui il bambino sia stato affidato da un istituto di pubblica assistenza è responsabile dell’osservanza dell’obbligo della vaccinazione” (comma 1). “Il contravventore è punito con l’ammenda fino a lire 100.000 (comma 2)”. L’art. 3 della legge n. 419 del 1968 disponeva che “la persona che esercita la patria potestà o la tutela sul bambino o il direttore dell’istituto di pubblica assistenza in cui è ricoverato o la persona cui il bambino è stato affidato da un istituto di pubblica assistenza è responsabile dell’osservanza della presente legge” (comma 1). “Il contravventore è punito con l’ammenda da lire 20.000 a lire 100.000” (comma 2).
[23] L’art. 7 della legge n. 165 del 1991 dispone che “coloro che esercitano la potestà parentale o la tutela sul minore, il direttore dell’istituto di assistenza pubblico o privato in cui il minore è ricoverato o la persona cui il minore sia stato affidato […], sono responsabili dell’ottemperanza all’obbligo delle vaccinazioni di cui alla presente legge” (comma 1). “Il contravventore all’obbligo di cui al comma 1 è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire centomila a lire cinquecentomila” (comma 2). L’art. 4, secondo periodo, della legge 31 luglio 2017, n. 119 dispone che “in caso di mancata effettuazione delle vaccinazioni […], ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale, ai tutori o ai soggetti affidatari […], è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cento a euro cinquecento”.
[24] Legge 4 gennaio 1968, n. 15; d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403.
[25] L’art. 3 della legge n. 891 del 1939 dispone che “tra i documenti prescritti per la prima ammissione alle scuole primarie è compreso il certificato di aver subito la vaccinazione antidifterica” (comma 1). “Analogo certificato è prescritto per l’ammissione alle altre collettività infantili di qualsiasi specie” (comma 2). L’art. 4 della legge n. 51 del 1966 dispone che “ai documenti prescritti per la prima ammissione alla scuola d’obbligo è aggiunto il certificato […] di aver subito la vaccinazione antipoliomielitica” (comma 1). “Lo stesso certificato è prescritto per l’ammissione dei bambini nei convitti, nelle colonie climatiche […], negli asili nido, nei brefotrofi e in qualunque altra collettività infantile” (comma 2). L’art. 3-bis della legge n. 419 del 1968 dispone che “tra i documenti prescritti per l’ammissione alle scuole primarie e secondarie sono compresi i certificati di aver subito la vaccinazione mista antitetanica-antidifterica e, quando del caso, le inoculazioni di richiamo” (comma 1). “Analoghi certificati sono prescritti per l’ammissione alle altre collettività infantili e giovanili di qualsiasi specie” (comma 2). L’art. 2 della legge n. 165 del 1991 dispone che “la certificazione dell’avvenuta vaccinazione è presentata all’atto della prima iscrizione alla scuola dell’obbligo, a partire dal sesto anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tale certificazione è altresì presentata dagli studenti della scuola media inferiore al momento dell’ammissione agli esami di licenza” (comma 3). “La certificazione dell’avvenuta vaccinazione dei nuovi nati è presentata per l’ammissione a comunità infantili permanenti o transitorie, aperte o chiuse, compresa la scuola materna” (comma 4).
[26] L’art. 47 del d.P.R. n. 1518 del 1967 disponeva che “i direttori delle scuole e i capi degli istituti di istruzione pubblica o privata non possono ammettere alla scuola o agli esami gli alunni che non comprovino, con la presentazione di certificato rilasciato ai sensi della legge, di essere stati sottoposti alle vaccinazioni e rivaccinazioni obbligatorie”.
[27] M. C. D’Arienzo, Le vaccinazioni obbligatorie, in Giustamm, 2018, 5, p. 3, <https://www.giustamm.it>.
[28] M. Petruzzo, L’obbligatorietà delle vaccinazioni e la tutela della salute dei minori: il principio di precauzione, in Salvisjuribus, 2017, p. 1 ss., <http://salvisjuribus.it>; M. Plutino, Le vaccinazioni. Una frontiera mobile del concetto di “diritto fondamentale” tra autodeterminazione, dovere di solidarietà ed evidenze scientifiche, in Dirittifondamentali.it, 2017, 1, p. 3 ss., <http://www.diritti-fondamentali.it>; M. Tomasi, Vaccini e salute pubblica: percorsi di comparazione in equilibrio fra diritti individuali e doveri di solidarietà, in Dir. pubbl. comp. eur. (DPCE), 2017, 2, p. 473 ss.
[29] “Sarebbe preferibile […] l’impegno per l’informazione e la persuasione, piuttosto che l’imposizione legale”, PNV 2005-2007, in Salute.gov.it, <http://www.salute.gov.it>.
[30] Approvato in Conferenza Stato-Regioni con Intesa del 22 febbraio 2012.
[31] A. Grignolio, Chi ha paura dei vaccini?, Torino, Codice edizioni, 2016, p. 73; M. Montanari, L. Ventaloro, op. cit.; M. Petruzzo, op. cit., p. 3; M. Plutino, op. cit., p. 22-23; M. Tomasi, Vaccini obbligatori e dovere di solidarietà, in Lacostituzione.info, <http://www.lacostituzione.info>.
[32] Ministero della Salute, Il «decreto-legge prevenzione vaccinale» a seguito della conversione in Legge da parte del Parlamento (28 luglio 2017), in Salute.gov.it, 2017, p. 3, <http://www.salute.gov.it>.
[33] “Dati coorte 2014 al 31 dicembre 2016: tetano 93,7%; pertosse 93,6%; difterite 93,6%; poliomielite 93,3%; epatite B 93%; morbillo 87,3%; rosolia 87,2%; parotite 87,2%; meningococco C 80,7%; varicella 46,1%”, in Ministero della salute, ibidem.
[34] “Dall’inizio del 2017 sono stati segnalati 3.670 casi di morbillo e 3 decessi, con un incremento di oltre il 500% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno […]”, in Ministero della Salute, ibidem.
[35] Ministero della Salute, ivi, p. 4.
[36] “Al fine di preservare lo stato di salute sia del minore sia della collettività con cui il medesimo viene a contatto, costituisce requisito di accesso ai servizi educativi e ricreativi pubblici e privati l’avere assolto da parte del minore gli obblighi vaccinali prescritti dalla normativa vigente. Ai fini dell’accesso la vaccinazione deve essere omessa o differita solo in caso di accertati pericoli concreti per la salute del minore in relazione a specifiche condizioni cliniche”, art. 6, comma 2, primo e secondo capoverso, della legge Regione Emilia Romagna n. 19 del 2016.
[37] “Costituisce requisito di accesso alle scuole dell’infanzia del Comune di Trieste l’assolvimento degli obblighi vaccinali previsti dalla normativa vigente. La vaccinazione può essere omessa o differita solo in caso di pericoli concreti per la salute del minore e/o dei suoi conviventi, come certificati dal medico di base dipendente o convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale o dalla competente Azienda per i Servizi Sanitari o da altra struttura sanitaria pubblica, ovvero nel caso in cui non siano disponibili somministrazioni vaccinali esclusivamente obbligatorie erogati dal Servizio Sanitario Nazionale o Regionale”, art. 4, comma 3, del Regolamento comunale per i servizi della prima infanzia ed educativi comunali.
[38] Approvato in Conferenza Stato-Regioni con Intesa del 19 gennaio 2017.
[39] “Nel rispetto del calendario vaccinale, l’aver assolto agli obblighi vaccinali prescritti dalle leggi vigenti nonché le vaccinazioni raccomandate ai minori di età dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale vigente costituisce requisito per l’iscrizione annuale: a) ai nidi d’infanzia […]; b) ai servizi integrativi per la prima infanzia […]; c) alla scuola dell’infanzia […]”, art. 1 della proposta di legge n. 27 (Saccardi).
[40] M. Plutino, op. cit., p. 21; M. Montanari, L. Ventaloro, op. cit.; M. Tomasi, Vaccini e salute pubblica: percorsi di comparazione in equilibrio fra diritti individuali e doveri di solidarietà, cit., p. 477 ss.; Id, Vaccini obbligatori e dovere di solidarietà, cit.; M. D’Aarienzo, op. cit., p. 4.
[41] Consiglio dei Ministri, comunicato stampa del 19 maggio 2017, p. 1, in Infoparlamento.it, <http://legislatura17.infoparlamento.it>.
[42] Il decreto-legge n. 73 del 2017 è stato approvato dal Consiglio del Ministri su proposta del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e del Ministro della salute Beatrice Lorenzin.
[43] Il decreto-legge prende il nome da Beatrice Lorenzin, Ministro della salute del Governo Gentiloni (2016-2018).
[44] L’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2017 dispone che sono obbligatorie le seguenti vaccinazioni: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella. Tuttavia, la legge di conversione ha sostituito il testo dell’art. 1, comma 1, il quale dispone che sono obbligatorie in via permanente le seguenti vaccinazioni: anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b. Inoltre, l’art. 1, comma 1-bis (aggiunto in sede di conversione), dispone che sono obbligatorie le seguenti vaccinazioni: anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, antivaricella. L’art. 1, comma 1-ter (aggiunto in sede di conversione), primo capoverso, dispone che “sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate in attuazione delle vigenti disposizioni di legge e delle coperture vaccinali raggiunte nonché degli eventuali eventi avversi segnalati in attuazione delle vigenti disposizioni di legge, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell’attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza […], il Ministro della salute, con decreto da adottare decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e successivamente con cadenza triennale, sentiti il Consiglio superiore di sanità, l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), l’Istituto superiore di sanità e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, può disporre la cessazione dell’obbligatorietà per una o più delle vaccinazioni di cui al comma 1-bis. Infine, l’art. 1, comma 1-quater (aggiunto in sede di conversione), dispone che sono attivamente offerte (e quindi, non obbligatorie) le seguenti vaccinazioni: anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica, anti-rotavirus.
[45] Consiglio dei Ministri, comunicato stampa del 19 maggio 2017, p. 1-2, cit.
[46] La finalità di garantire il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale prevenzione vaccini 2017-2019 è stata aggiunta in sede di conversione.
[47] La menzione ai minori stranieri non accompagnati è stata aggiunta in sede di conversione.
[48] Si rimanda alla nota n. 44.
[49] La menzione ai soggetti affidatari è stata aggiunta in sede di conversione.
[50] “La […] sanzione è irrogata soltanto nell’ipotesi in cui le violazioni riguardino un minore di età compresa tra zero e sedici anni, inclusi i minori stranieri non accompagnati. La sanzione potrà essere applicata anche in seguito, quando il minore avrà più di sedici anni, purché […] la violazione sia stata commessa quando aveva sedici anni o meno. Ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale ai tutori e ai soggetti affidatari, a seguito di accertamento della violazione dell’obbligo di vaccinazione, è applicata una sola sanzione, a prescindere dal numero di vaccinazioni omesse. Difatti, ai sensi dell’articolo 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, a chi commette più violazioni della medesima disposizione viene comminata una sanzione maggiorata (e non un numero di sanzioni pari alle violazioni commesse). Di conseguenza, ove a seguito di contestazione da parte della ASL, i genitori, i tutori e i soggetti affidatari non provvedano a far somministrare al minore il vaccino o i vaccini omessi, soggiaceranno all’applicazione di un’unica sanzione, ai fini della determinazione della quale si terrà conto del numero degli obblighi vaccinali non adempiuti. La sanzione per la medesima violazione non sarà comminata nuovamente all’inizio di ogni anno scolastico. Solo nell’ipotesi in cui i genitori o i tutori o i soggetti affidatari incorrano, successivamente, nella violazione di un nuovo e diverso obbligo vaccinale, singolo o coniugato (ad esempio, omettano di sottoporre il minore a un diverso vaccino previsto a una età seguente), agli stessi sarà comminata una nuova sanzione. La sanzione sarà comminata anche nel caso in cui l’omissione riguardi un richiamo vaccinale. Per l’accertamento, la contestazione e l’irrogazione della sanzione amministrativa, alle quali provvedono gli organi competenti in base alla normativa delle Regioni o delle Provincie Autonome, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. La sanzione estingue l’obbligo della vaccinazione, ma non permette comunque la frequenza, da parte del minore, dei servizi educativi dell’infanzia, sia pubblici sia privati, non solo per l’anno di accertamento dell’inadempimento, ma anche per quelli successivi, salvo che il genitore non provveda all’adempimento dell’obbligo vaccinale”, Ministero della Salute, Circolare del 16 agosto 2017 recante prime indicazioni operative per l’attuazione del decreto legge n. 73 del 7 giugno 2017, convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci, in Trovanorme.salute.gov.it, p. 9-10, <http://www.trovanorme.salute.gov.it>.
[51] Le sanzioni sono state mitigate a seguito della conversione. L’art. 1, comma 4, primo periodo, del decreto-legge n. 73 del 2017 dispone che “in caso di mancata osservanza dell’obbligo vaccinale […], ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale e ai tutori è comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinquecento a euro settemilacinquecento” (testo pre-conversione).
[52] Nel testo pre-conversione, tale periodo costituiva il primo periodo del comma 4.
[53] Tale previsione si pone in armonia con gli artt. 5, 6 e 9 della Convenzione per la protezione dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina (c.d. Convenzione di Oviedo) e con gli artt. 1 e 3 della Carta dei diritto fondamentali dell’Unione Europea (c.d. Carta di Nizza), L. Pedullà, op. cit., p. 15-16; M. Montanari, L. Ventaloro, op. cit.
[54] “Nel caso in cui non rispondano all’invito, i genitori, i tutori o i soggetti affidatari vengono nuovamente convocati, con raccomandata AR, per un colloquio, al fine di comprendere le motivazioni della mancata vaccinazione e di fornire – eventualmente anche con il coinvolgimento del Pediatra di Libera Scelta o del Medico di Medicina Generale – una corretta informazione sull’obiettivo individuale e collettivo della pratica vaccinale e i rischi derivanti dalla mancata prevenzione. Nell’ipotesi in cui i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari non si presentino al colloquio ovvero, all’esito dell’interlocuzione, non facciano somministrare il vaccino al minore, la ASL contesta loro formalmente l’inadempimento dell’obbligo vaccinale, con l’avvertimento che se non dovessero far somministrare al minore il vaccino o iniziare/completare il ciclo (nei casi in cui l’immunizzazione di base completa preveda la somministrazione di più dosi) entro il termine fissato dall’azienda sanitaria medesima, sarà loro comminata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cento a euro cinquecento. La contestazione dell’inadempienza nei confronti di un minore che abbia iniziato a frequentare il servizio educativo dell’infanzia in attesa di vaccinazione, che però non viene successivamente effettuata per motivi non imputabili all’organizzazione del servizio vaccinale o a intervenuti problemi di salute del bambino, tali da controindicare la vaccinazione stessa, rappresenta motivo di esclusione dal servizio educativo”, Ministero della Salute, Circolare del 16 agosto 2017 recante prime indicazioni operative per l’attuazione del decreto legge n. 73 del 7 giugno 2017, convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2017, n. 119, recante “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci, cit., p. 8-9.
[55] Periodo aggiunto in sede di conversione.
[56] Si rimanda alla nota n. 49.
[57] L’art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 73 del 2017, soppresso in sede di conversione, dispone che alla scadenza di tale termine “[…] l’azienda sanitaria locale territorialmente competente provvede a segnalare l’inadempimento dell’obbligo vaccinale alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni per gli eventuali adempimenti di competenza”.
[58] Nel testo pre-conversione, tale periodo costituiva il secondo periodo del comma 4.
[59] Si rimanda alla nota n. 47.
[60] Si rimanda alla nota n. 49.
[61] Le parole “o la conclusione del calendario annuale dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale” sono state aggiunte in sede di conversione.
[62] “La mancata presentazione della documentazione […] nei termini previsti, è segnalata, entro i successivi dieci giorni, dai dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e dai responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie, all’azienda sanitaria locale che, qualora la medesima o altra azienda sanitaria non si sia già attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provvede agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i presupposti, a quelli di cui all’articolo 1, comma 4”: art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017.
[63] “A decorrere dall’anno scolastico 2019/2020 nonché dall’inizio del calendario dei servizi educativi per l’infanzia e dei corsi per i centri di formazione professionale regionale 2019/2020, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione ed i responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti a trasmettere alle aziende sanitarie locali territorialmente competenti, entro il 10 marzo, l’elenco egli iscritti per l’anno scolastico o per il calendario successivi di età compresa tra zero e sedici anni e minori stranieri non accompagnati. Le aziende sanitarie locali territorialmente competenti provvedono a restituire, entro il 10 giugno, gli elenchi di cui al comma 1, completandoli con l’indicazione dei soggetti che risultano non in regola con gli obblighi vaccinali, che non ricadono nelle condizioni di esonero, omissione o differimento delle vaccinazioni […], e che non abbiano presentato formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale competente. Nei dieci giorni successivi all’acquisizione degli elenchi di cui al comma 2, i dirigenti delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l’infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie invitano i genitori esercenti la responsabilità genitoriale, i tutori o i soggetti affidatari dei minori indicati nei suddetti elenchi a depositare, entro il 10 luglio, la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni ovvero l’esonero, l’omissione o il differimento delle stesse […] o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all’azienda sanitaria locale territorialmente competente”, art. 3-bis del decreto-legge n. 73 del 2017.
[64] La legge 25 febbraio 1992, n. 210 dispone che “chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge” (art. 1, comma 1). “L’indennizzo di cui all’art. 1, comma 1, consiste in un assegno non reversibile determinato nella misura di cui alla tabella B allegata alla legge 29 aprile 1976, n. 177, come modificata dall’art. 8 della legge 2 maggio 1984, n. 111. L’indennizzo di cui al comma 1, integrato dall’indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324 e successive modificazioni, ha decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda. Qualora a causa delle vaccinazioni o delle patologie previste dalla presente legge sia derivata la morte, spetta, in sostituzione dell’indennizzo di cui al comma 1, un assegno una tantum nella misura di lire 50 milioni da erogare ai soggetti a carico, nel seguente ordine: coniuge, figli minori, figli maggiorenni inabili al lavoro, genitori, fratelli minori, fratelli maggiorenni inabili al lavoro. Qualora la persona sia deceduta in età minore, l’indennizzo spetta ai genitori o a chi esercita la potestà parentale” (art. 2). “I soggetti interessati ad ottenere l’indennizzo di cui all’art. 1, comma 1, presentano domanda al Ministro della sanità entro il termine perentorio di tre anni […]. I termini decorrono dal momento in cui, sulla base della documentazione di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno. Alla domanda è allegata la documentazione comprovante: la data della vaccinazione, i dati relativi al vaccino, le manifestazioni cliniche conseguenti alla vaccinazione e l’entità delle lesioni o dell’infermità da cui è derivata la menomazione permanente del soggetto” (art. 3, commi 1 e 2). “Il giudizio sanitario sul nesso causale tra la vaccinazione […] e la menomazione dell’integrità psico-fisica o la morte è espresso dalla commissione medico-ospedaliera di cui all’art. 165 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092. La commissione medico-ospedaliera redige un verbale degli accertamenti eseguiti e formula il giudizio diagnostico sulle infermità e sulle lesioni riscontrate. La commissione medico-ospedaliera esprime il proprio parere sul nesso causale tra le infermità o le lesioni e la vaccinazione […]. Nel verbale è espresso il giudizio di classificazione delle lesioni e delle infermità secondo la tabella A annessa al testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, come sostituita dalla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834” (art. 4). “Avverso il giudizio della commissione di cui all’art. 4, è ammesso ricorso al Ministro della sanità. Il ricorso è inoltrato entro trenta giorni dalla notifica o dalla piena conoscenza del giudizio stesso. Entro tre mesi dalla presentazione del ricorso, il Ministro della Sanità, sentito l’ufficio medico-legale, decide sul ricorso stesso con atto che è comunicato al ricorrente entro trenta giorni. È facoltà del ricorrente esperire l’azione dinanzi al giudice ordinario competente entro un anno dalla comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza del termine previsto per la comunicazione” (art. 5). “Nel caso di aggravamento delle infermità o delle lesioni, l’interessato può presentare domanda di revisione al Ministro della Sanità entro sei mesi dalla data di conoscenza dell’evento. Per il giudizio sull’aggravamento si osserva la procedura di cui agli articoli 3 e 4” (art. 6). “Gli indennizzi previsti dalla presente legge sono corrisposti dal Ministero della Sanità” (art. 8, comma 1).
[65] In particolare, la Regione Veneto ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5; 3; 4; 5 e 7, del decreto-legge n. 73 del 2017 (Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale) e degli artt. 1, commi 1, 1-bis, 1-ter, 2 3 4 e 6-ter; 3; 3-bis; 4; 5; 5-quater e 7 del medesimo decreto-legge, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2017, n. 119.
[66] Con il primo motivo di ricorso, la Regione Veneto censura il decreto-legge n. 73 del 2017 per violazione dell’art. 77, comma 2, Cost., in combinato disposto con gli artt. 117, commi 3 e 4, e 118 Cost.; con il secondo motivo di ricorso, l’art. 1, commi da 1 a 5, e gli artt. 3, 4 e 5 del decreto-legge n. 73 del 2017 sono censurati per violazione degli artt. 2, 3, 31, 32, 34 e 97 Cost., quest’ultimo in combinato disposto con gli artt. 117, commi 3 e 4, e 118 Cost; con il terzo motivo di ricorso l’art. 1, commi 1, 4 e 5, e gli artt. 3, 4, 5 e 7 del decreto-legge n. 73 del 2017 sono denunciati per violazione dell’art. 81, comma 3, Cost., che ridonda in violazione dell’art. 119, commi 1 e 4, Cost.
[67] Ciò è confermato anche dal Presidente del Consiglio (Gentiloni): “non si tratta di uno stato di emergenza, ma di una preoccupazione alla quale il Governo intende rispondere”, conferenza stampa del 19 maggio 2017, Governo Italiano Presidenza del Consiglio dei Ministri, <http://www.governo.it>.
[68] Punto 1.2 del Ritenuto in fatto, Corte Cost., 18 gennaio 2018, n. 5, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[69] L’OMS ha previsto il valore del 95% come soglia ottimale solo in relazione al complesso DTP (difterite, tetano e pertosse). Il Piano nazionale di prevenzione vaccinale (PNPV) 2017-2019 prevede il valore del 95% come valore ottimale solo in relazione a meningite, rosolia, varicella e papilloma virus.
[70] Corte Cost., n. 5/2018, punto 1.2 del Ritenuto in fatto, cit.
[71] Corte Cost., n. 5/2018, ibidem.
[72] Ad esempio, il morbillo colpisce soprattutto adolescenti ultrasedicenni ed è frequente anche in persone che si sono sottoposte alla vaccinazione, Ministero della Salute, dati coorte 2014 al 31 dicembre 2016, in Salute.gov.it, <http://salute.gov.it>.
[73] Corte Cost., n. 5/2018, punto 1.2 del Ritenuto in fatto, cit.
[74] L. Pedullà, op. cit., p. 4 ss.
[75] Punto 2 del Considerato in diritto, Corte Cost., 27 gennaio 1995, n. 29, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[76] Corte Cost., 23 maggio 2007, n. 171, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 21 marzo 2011, n. 93, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[77] “[…] La pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l’urgenza di provvedere tramite […] il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell’adozione del predetto atto, di modo che l’eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell’ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest’ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l’esistenza di presupposti di validità in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione”, punto 2 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 29/1995, cit.; Corte Cost., 10 maggio 1995, n. 161, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 29 luglio 1996, n. 330, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 11 dicembre 1998, n. 398, Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 6 febbraio 2002, n. 16, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 25 febbraio 2002, n. 29, in Federalismi.it, <https://www.federalismi.it>; Corte Cost., 25 novembre 2003, n. 341, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 13 gennaio 2004, n. 6, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 28 luglio 2004, n. 285, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 29 gennaio 2005, n. 62, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 7 luglio 2005, n. 272, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 23 maggio 2007, n. 171, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 30 aprile 2008, n. 128, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 12 luglio 2017, n. 170, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; A. Amato, Decreto-legge vaccini: tra urgenza di annunciare ed “evidente” ritardo nel provvedere, in Forumcostituzionale.it, 2017, p. 3, <http://www.forumcostituzionale.it>; A. Morelli, Vaccini obbligatori: le questioni aperte, in BioLaw Journal, 2017, 2, p. 15, <http://www.biodiritto.org>; F. G. Pizzetti, Vaccini obbligatori: le questioni aperte, in Bio Law Journal, 2017, 2, p. 19, <http://www.biodiritto.org>; S. Curreri, Vaccini obbligatori: le questioni aperte, in BioLaw Journal, 2017, 2, p. 30, <http://www.biodiritto.org>; L. D’Andrea, Vaccini obbligatori: le questioni aperte, in BioLaw Journal, 2017, 2, p. 49, <http://www.biodiritto.org>; L. Pedullà, op. cit., p. 8-9.
[78] Il preambolo del decreto-legge n. 73 del 2017 fa riferimento alla necessità di “garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica e di assicurare il costante mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale; nonché di assicurare “il rispetto degli obblighi assunti e della strategie concordate a livello europeo e internazionale e degli obiettivi comuni fissati nell’area geografica europea”. Nell’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2017 è stato aggiunto, in sede di conversione, anche un riferimento alla finalità di conseguire gli obiettivi prioritari del PNPV 2017-2019.
[79] “La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione […] ripercorre la storia legislativa delle vaccinazioni, sottolineando il calo delle coperture vaccinali negli ultimi anni, la presenza nel Paese di malattie prevenibili (tra cui il morbillo che si ripresenta periodicamente in forma epidemica), che hanno indotto Regioni ed enti locali ad assumere iniziative per controllare l’accesso ai servizi per l’infanzia. La relazione si diffonde sulle ragioni che giustificano l’imposizione dell’obbligo per ciascuna delle vaccinazioni previste, corroborando le argomentazioni con dati relativi alle coperture già raggiunte e all’incidenza delle singole malattie. Essa pone poi attenzione al fatto che anche malattie scomparse nel Paese non sono del tutto eradicate e potrebbero tornare, anche come conseguenza dei flussi migratori (ad esempio, si riferisce di un focolaio di poliomielite emerso in Siria). Riportandosi alle statistiche dell’OMS (World Healt Statistics, pubblicate nel maggio 2017), la relazione registra per l’Italia una copertura vaccinale del 93%, inferiore a quella riscontrata in numerosi Stati europei”, punto 6.2 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[80] “Proseguendo nell’esame degli indici più significativi al fine della valutazione sui presupposti del decreto-legge, si deve ancora dare conto del fatto che nel corso dell’istruttoria legislativa compiuta sul disegno di legge di conversione dalla 12a Commissione permanente del Senato (Igiene e sanità), l’Ufficio regionale europeo dell’OMS ha espresso preoccupazione per la situazione italiana corrente, con riguardo alle malattie prevenibili mediante vaccino e, in particolare, al morbillo, nonché alla tendenza delle coperture vaccinali a ristagnare o regredire. La lettera dell’OMS sottolinea altresì l’importanza dell’obbligo vaccinale, nonché l’utilità del controllo della storia vaccinale dei bambini al momento dell’iscrizione scolastica”, punto 6.2 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ibidem.
[81] Punto 6.1 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[82] “[…] Fermi gli obblighi di legge per le vaccinazioni «storiche» contro la difterite, il tetano, la poliomielite e l’epatite virale di tipo B, il legislatore nazionale in anni più recenti ha gradualmente esteso il novero delle vaccinazioni proposte gratuitamente e attivamente alla popolazione, includendovi, tra l’altro, tutte quelle considerate nel d.l. n. 73 del 2017, come convertito dalla legge n. 119 del 2017. Nell’ultimo decennio, inoltre, si è consentito alle Regioni, a determinate condizioni, di sperimentare una sospensione temporanea degli obblighi legislativi, allo scopo di conseguire la copertura vaccinale esclusivamente attraverso la raccomandazione e la persuasione della popolazione interessata. Tuttavia, da alcuni anni a questa parte, si è rilevata una tendenza al calo delle coperture vaccinali. […] Secondo il PNPV 2017-2019 […] le coperture vaccinali sono cresciute fino a stabilizzarsi sino alla metà del primo decennio del 2000, raggiungendo il 95%, ma non per morbillo, parotite e rosolia. Per contro, i dati più recenti (riferiti al 2015 e riguardanti la coorte 2013) confermano la tendenza al declino, in atto già nei tre anni precedenti. Anche il «Report sull’attività vaccinale dell’anno 2016 – Copertura vaccinale a 24 mesi (coorte 2014)» della Regione Veneto (prodotto dalla parte ricorrente) parla di un «un continuo trend decrescente», rispetto al quale «per la prima volta dopo anni si rileva un cambio di tendenza», con riguardo all’ultima coorte considerata (2014)”, punto 3.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[83] Punto 6.3 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[84] Punto 6.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[85] Corte Cost., 24 gennaio 2017, n. 16, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; A. Iannuzzi, L’obbligatorietà delle vaccinazioni a giudizio della corte costituzionale fra rispetto della discrezionalità del legislatore statale e valutazioni medico-statistiche, in Consulta online, 2018, 1, p. 94, <http://www.giurcost.org>.
[86] Punto 6.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[87] “In una delle sue memorie, la Regione Veneto scrive che, se si ripresentassero casi sporadici di malattie attualmente assenti dal territorio nazionale, «si può essere certi che le coperture vaccinali balzerebbero in pochi giorni al 100%!», punto 6.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ibidem.
[88] Punto 6.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ibidem.
[89] A. Iannuzzi, op. cit., p. 95-96.
[90] Corte Cost., 26 giugno 2002, n. 282, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>; Corte Cost., 14 novembre 2003, n. 338, cit.; Corte Cost., 12 luglio 2017, n. 169, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[91] Corte Cost., n. 169/2017, ivi.
[92] Corte Cost., 19 marzo 2010, n. 108, in Cortecostituzionale.it, <https://www.cortecostituzionale.it>; Corte Cost., 11 dicembre 2013, n. 301, in Cortecostituzionale.it, <https://www.cortecostituzionale.it>; Corte Cost., 14 luglio 2017, n. 192, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[93] Punto 7.2.2, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[94] Punto 1.4.1 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[95] Il riferimento è agli artt. 2, 3 e 32 Cost., agli artt. 1 e 3 della Carta dei diritto fondamentali dell’Unione europea (c.d. Carta di Nizza), all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e agli artt. 5, 6 e 9 della Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione della biologia e della medicina (c.d. Convenzione di Oviedo).
[96] M. Tomasi, Corte Cost., sent. n. 5/2018 – non irragionevolezza dell’intervento normativo che ha esteso a 10 il novero delle vaccinazioni obbligatorie in Italia, cit.
[97] Punto 1.3.1 del Ritenuto in fatto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[98] Punto 1.4.1 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[99] Corte Cost., 23 giugno 1994, n. 258, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[100] Punto 1.3.3 del Ritenuto in fatto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[101] Punto 1.3.3 del Ritenuto in fatto, Corte Cost., n. 5/2018, ibidem; punto 1.4.1 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[102] Punto 7.2.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[103] Punto 8.2 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[104] Corte Cost., 14 dicembre 2017, n. 268, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[105] Corte Cost., 23 giugno 1994, n. 258, cit.
[106] Corte Cost., 23 giugno 1994, n. 258, ivi; Corte Cost., 22 giugno 1990, n. 307, in Consulta online, <http://www.giurcost.org>.
[107] Corte Cost., 14 dicembre 2017, n. 268, cit.
[108] Punto 8.2.1 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[109] Secondo la Corte è “proprio il successo delle vaccinazioni” che “induce molti a ritenerle erroneamente superflue, se non nocive: infatti, al diminuire della percezione del rischio di contagio e degli effetti dannosi della malattia, in alcuni settori dell’opinione pubblica possono aumentare i timori per gli effetti avversi delle vaccinazioni”, punto 8.2.3 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[110] La Corte sottolinea che “i vaccini, al pari di ogni altro farmaco, sono sottoposti al vigente sistema di farmacovigilanza che fa capo principalmente all’Autorità italiana per il farmaco (AIFA)” e che “anche per essi, come per gli altri medicinali, l’evoluzione della ricerca scientifica ha consentito di raggiungere un livello di sicurezza sempre più elevato, fatti salvi quei casi, peraltro molto rari alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, nei quali, anche in ragione delle condizioni di ciascun individuo, la somministrazione può determinare conseguenze negative”, punto 8.2.3 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ibidem.
[111] Punto 8.2.3 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ibidem.
[112] La parola “raccomandate” è virgolettata nel testo originale.
[113] Punto 8.2.4 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[114] Punto 8.2.5 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, ivi.
[115] Nella lettera del Sindaco di Roma V. Raggi, inviata al Ministro della Salute B. Lorenzin, al Ministro dell’Istruzione V. Fedeli, al Presidente della Regione Lazio N. Zingaretti e al Presidente dell’Anci A. Decaro, si legge che “l’intera Assemblea Capitolina ha ritenuto la mancata vaccinazione non ostativa al prosieguo e alla continuità dell’attività e del percorso educativo considerando quest’ultimo (stesso insegnante, stesso contesto educativo, stessa aula, stessa rete di relazioni socio-affettive) una condizione psicodidattica da garantire a tutti in totale certezza ed assoluta equità”, in Repubblica.it, <https://roma.repubblica.it>.
[116] Ministero della Salute, Circolare del 6 luglio 2018 recante adempimenti vaccinali relativi ai minorenni di età compresa tra zero e sedici anni che frequentano le istituzioni scolastiche, formative e educative – nuove indicazioni operative per l’anno scolastico-calendario annuale 2018/2019, in Trovanorme.salute.gov.it, p. 4-5, <http://www.trovanorme.salute.gov.it>.
[117] Ministero della Salute, Vaccini, semplificazioni burocratiche per l’anno scolastico 2018-2019, in Salute.gov.it, <http://www.salute.gov.it>
[118] A. Gagliardi, Dai vaccini ai risparmiatori truffati, il Milleproroghe è legge, in Ilsole24ore, 2018, <https://www.ilsole24ore.com>.
[119] Punto 8.2.1 del Considerato in diritto, Corte Cost., n. 5/2018, cit.
[120] Cons. Stato, sez. III, ord. 21 aprile 2017, n. 1662, in Dirittifondamentali.it, <http://www.dirittifondamentali.it>; A. Longo, Alessandro Pace. “Il diritto alla salute resta più importante di quello all’istruzione”, in Repubblica.it, 2017, <https://www.repubblica.it>; F. G. Pizzetti, op. cit., p. 22-23.
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Avv. Andrea Persichetti
Dopo aver conseguito a pieni voti la Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Camerino con tesi in Diritto Amministrativo ("Il principio di precauzione e la valutazione del rischio: il caso dei vaccini obbligatori"), ha svolto la pratica forense presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino.
Svolge la professione di Avvocato occupandosi di diritto civile e di diritto del lavoro, con particolare riguardo alla materia previdenziale, alle questioni di infortunistica sul lavoro e controversie INAIL.
È abilitato a presentare istanze e ricorsi all'INPS ed è Intermediario abilitato a svolgere attività in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, ai sensi della Legge n. 12/1979.
Collabora con l’Ufficio del Massimario dell’Associazione dei Giovani Avvocati di Torino – AGAT ed è autore di articoli di interesse giuridico.
È iscritto all'Ordine degli Avvocati di Torino (Studio legale in Torino, Via Giannone n. 1 - Tel.: 011 51 11 005 - Mail: andreapersichetti91@gmail.com).