Vademecum normativo del medico obiettore di coscienza in relazione alla interruzione volontaria di gravidanza
L’obiettivo di questo breve articolo consiste, come già annunciato nel titolo, nel riportare ed illustrare, nella maniera più chiara ed intellegibile possibile, ai medici, la normativa di riferimento in tema di obiezione di coscienza in relazione alla legislazione sull’aborto.
Risulta molto importante per il personale medico conoscere tale normativa per evitare di commettere condotte penalmente rilevanti, evitare di subire cause pretestuose ed infine per difendersi in giudizio, qualora vi fosse necessità.
La forma del Vademecum sta ad indicare proprio una analisi letterale delle fonti normative, alla maniera proprio di “istruzioni per l’uso”, senza voli pindarici, in quanto già autorevoli autori hanno scritto fiumi di inchiostro sulla tematica in oggetto.
Fatte tali necessarie premesse, qui di seguito si riportano le fonti normative a cui attingere.
Le fonti normative a cui il medico deve fare riferimento, sono l’articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194, conosciuta come legge sull’aborto e l’ articolo 43 del Codice di Deontologia medica sulla interruzione volontaria della gravidanza.
L’obiezione di coscienza in relazione all’interruzione volontaria di gravidanza , tematiche estremamente delicate e discusse, infatti l’articolo de quo ha uno scopo puramente illustrativo e scevro da ogni questione etica, religiosa e politica, nel nostro ordinamento giuridico sono disciplinate dall’articolo 9 della legge 194 del 1978, che ha legalizzato l’aborto in Italia.
L’articolo 9 della legge de qua, afferma che:
“il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione“.
“La dichiarazione dell’obiettore – precisa la norma oggetto di esame – deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dello ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge o dal conseguimento della abilitazione o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni“.
Pertanto giova sottolineare che la dichiarazione di obiezione di coscienza da parte di un medico, non è irreversibile, in quanto quest’ultimo può tornare sui suoi passi.
Infatti l’articolo 9 prevede che l’obiezione possa sempre essere “revocata”.
“L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente comma , recita la norma , ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale“.
Analizzando ulteriormente l’articolo 9 della legge n. 194, si legge ancora che “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento“.
Analizzando ulteriormente la norma de qua: “Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8 (modalità con cui eseguire l’aborto) ,precisa la norma , la Regione ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale“.
Infine, “l’obiezione di coscienza non può essere invocata quando, data la particolarità delle circostanze, l’intervento del personale sanitario è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. E si intende revocata, con effetto immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente“.
Questa è la normativa in relazione all’articolo 9 della legge sull’aborto.
Risulta necessario leggerla in combinato disposto con l’articolo 43 del Codice deontologico dei medici, sull’interruzione volontaria di gravidanza il quale afferma che “l’obiezione di coscienza del medico si esprime nell’ambito e nei limiti della legge vigente e non lo esime dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti della donna“.
Alla luce della lettura ed analisi della normativa di riferimento, si evince che la condotta tenuta dal medico e /o personale sanitario, che si dichiarano obiettori di coscienza, non sarà penalmente rilevate se avrà avuto cura di informare la direzione sanitaria e/o il medico provinciale della obiezione di coscienza e presterà le proprie cure alle fasi antecedenti e successive della pratica abortiva e nel caso in cui la paziente si trovi in pericolo di vita.
Infatti la legge n. 194 del 1978 riconosce al medico il diritto di rifiutare di prendere parte alla pratica abortiva, in forma farmacologica od in forma chirurgica, ma non lo autorizza ad omettere le proprie cure alle fasi antecedenti e successive della pratica abortiva, in quanto deve garantire la tutela della vita e della salute della donna, beni giuridici inviolabili e costituzionalmente garantiti.
In caso contrario, a quanto appena detto, come descritto dalla normativa, la condotta del medico non sarà scriminata e potrà rispondere di vari reati omissivi o reati contro la persona, che verranno valutati caso per caso.
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