Vademecum sulle sanzioni disciplinari per il personale dell’amministrazione di pubblica sicurezza

Vademecum sulle sanzioni disciplinari per il personale dell’amministrazione di pubblica sicurezza

La normativa concernente le sanzioni disciplinari per il personale dipendente dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza trova fonte all’interno del D.P.R 737 del 1981. Esso è stato emanato dal Capo dello Stato sentiti i pareri delle commissioni parlamentari[1]  e su deliberazione del Consiglio dei Ministri[2].

Il sistema di sanzioni inteso nella sua interezza è senza dubbio complesso in quanto, per alcuni elementi, bisogna far riferimento ad altre normative, tra cui il Codice di Comportamento generale per i dipendenti del Ministero degli Interni che detta determinate linee. In altri termini, il sistema non si esaurisce all’interno di un unico testo normativo.

Le sanzioni disciplinari si articolano in sei tipologie ovvero: a) Il richiamo orale; b) Il richiamo scritto; c) La Pena Pecuniaria; d) La deplorazione; e) La sospensione dal servizio; f) La destituzione. Diverse sanzioni che devono essere calibrate non soltanto in relazione alla gravità della condotta ma anche in base agli effetti pregiudizievoli per l’amministrazione e/o relativi servizi di Polizia.

Il richiamo orale risulta essere la prima sanzione disciplinare ed è equivalente ad un ammonimento per lievi mancanze che non siano abituali, per omissioni lievi, frutto di negligenza e per la scarsa cura dell’aspetto esteriore della persona. Tale strumento diventa per essere un richiamo bonario in quanto non suscettibile di effetti pregiudizievoli per il dipendente in quanto non ne rimane traccia. Non è infatti previsto il relativo obbligo di rapporto. La competenza su questo tipo di sanzione spetta ad un qualsiasi soggetto che abbia una qualifica superiore rispetto al soggetto oggetto del richiamo[3]. A livello procedurale non sono richieste formalità.

Il richiamo scritto è invece una forma di richiamo rafforzato, dalla forma scritta, ed è lo strumento di sanzione per la reiterazione di quelle lievi mancanze oggetto di precedente richiamo orale, per negligenza in servizio, non più lieve e per mancanza di correttezza nel comportamento. Su questo ultimo punto occorre domandarsi quale sia il senso ovvero quale sia il significato di corretto comportamento in quanto il termine usato è abbastanza generico. Nell’ottica di rispondere a tale domanda bisogna fare riferimento al Codice di Comportamento dei Dipendenti del Ministero dell’Interno[4] che introduce tutta una serie di comportamenti di facere o non facere che devono essere tenuti.

Sono pertanto da considerarsi scorretti i seguenti comportamenti:

–  L’attuazione di condotte che siano o arrechino una lesione della dignità della persona umana nella sua interezza.

– Atti discriminatori di qualsiasi genere.

– Atti e comportamenti molesti.

– La non osservanza dei canoni previsti dalla Costituzione.

– Il non adempimento all’ufficio con disciplina e onore.

– Il non rispetto dei canoni si buona fede, obiettività, trasparenza, equità, ragionevolezza.

– Dare indicazioni su atti d’ufficio oltre quanto non compete.

– Accettare regali o altre utilità, per se o altri, direttamente o indirettamente, anche se da un subordinato. In relazione a questo punto va osservato che sono concessi regali di modico valore ovvero che non superino i 150,00 euro, del tutto occasionali e nell’ambito di relazioni di cortesia. Sono quindi da escludersi ricevibili i doni che possano scaturire dallo svolgimento delle attività d’ufficio. I doni che non rispettino i canoni di modicità e occasionalità devono essere tassativamente restituiti[5] informando, in maniera scritta, il dirigente o funzionario di riferimento. Solo laddove la restituzione sia difficoltosa si potrà procedere alla messa a disposizione dell’ufficio che previo atto motivato del responsabile dell’ufficio potrà metterli a disposizione dell’Ente o devolverlo in beneficenza[6] [7].

– Accettare incarichi retribuiti da soggetti pubblici e privati senza la preventiva autorizzazione dell’Amministrazione ai sensi dell’art 53, c. 7 del D.Lgs 165/2001[8].

– Accettare incarichi di collaborazione o consulenza di qualsiasi natura, a titolo gratuito o oneroso, da soggetti terzi che abbaino avuto, nei due anni prima, rapporti con l’amministrazione per la gestione di un servizio[9].

– Far parte di associazioni o organismi che siano in contrasto con i fini perseguiti dall’Amministrazione[10].

– La non astensione dall’adozione di decisioni, provvedimenti o attività che coinvolgano persone con il quale sussiste un rapporto di parentela in linea retta o collaterale, entro il secondo grado; con persone con le quali ci sia un rapporto di convivenza o frequentazione abituale[11].

– La non astensione dall’adozione di decisioni, provvedimenti o attività per le quali sussistano gravi ragioni di convenienza.

– Il rilascio di dichiarazioni, pubblicazioni di studi o scritti su materie istituzionali facendo menzione della qualifica senza aver informato il proprio dirigente e senza aver precisato che sono affermazioni frutto di valutazioni personali non impegnando così responsabilità dell’Amministrazione.

– Comportamenti, anche al di fuori dell’orario lavorativo, che possano arrecare danno all’immagine dell’Amministrazione.

– Il tenere comportamenti che creino turbamento alla serenità, concordia e collaborazione nell’ambiente lavorativo.

– L’abbandonare l’esercizio dell’ufficio anche per periodi brevi senza giustificato motivo.

– L’omissione delle misure finalizzate alla tutela del decoro e della inaccessibilità del materiale d’ufficio.

Ci si può quindi rendere conto da questa breve illustrazione che quel termine “correttezza di comportamento” non è una parola vuota ma densa di significato a livello pratico. Il richiamo scritto è strumento disciplinare anche per reprimere disordini nella vestizione dell’uniforme, il pernottamento senza autorizzazione fuori dalla caserma o alloggio di servizio e contegno scorretto verso superiori, dipendenti e pubblico.

La competenza per l’adozione del richiamo scritto è in capo al responsabile dell’ufficio o comandante del reparto al quale il soggetto appartiene ed in capo al direttore generale di P.S- Capo della Polizia per i dirigenti. Sotto il profilo procedurale bisognerà distinguere la fase del rilevamento da quella istruttoria. Il rilevamento di condotte scorrette sotto il profilo disciplinare spetta a qualsiasi dipendente che rivesta una qualifica superiore rispetto al soggetto che l’ha compiuta. In questo caso il superiore gerarchico dovrà far costatare la mancanza, procedere all’identificazione astenendosi dal richiamo innanzi a terzi, salvo casi di immediato intervento, e procedere alla redazione di un rapporto che indichi i fatti senza indicare la proposta di sanzione. La fase istruttoria, che è in capo al soggetto competente, vede in primo luogo la contestazione, in maniera scritta di cui copia firmata[12] deve rimanere agli atti, degli addebiti mossi al trasgressore per permettere di acquisire successivamente giustificazioni scritte dell’interessato entro il termine di 10 gg[13]. Dopo una valutazione delle stesse, laddove si ritenga opportuno, si infliggerà la sanzione del richiamo scritto tramite apposito atto motivato[14].

La sanzione intermedia nel sistema di responsabilità disciplinare è rappresentata dalla pena pecuniaria consistente nella riduzione della retribuzione mensile in un rapporto non superiore ai cinque trentesimi della stessa. Essa può essere utilizzata laddove il dipendente abbia reiterato condotte già oggetto di censura attraverso richiamo scritto; laddove abbia esercitato attività di commercio o mestieri incompatibili; laddove frequenti persone, luoghi o compagnie che non godono di pubblica stima[15]. Questi due ultimi casi costituiscono condotte disciplinarmente scorrette anche per il richiamo scritto. Sarà quindi l’autorità procedente a dover valutare la gravità del fatto. Non sono solo queste le condotte censurabili tramite la pena pecuniaria in quanto il raggio di utilizzo è più ampio[16]

La competenza nell’adozione della misura è rispettivamente in capo al Direttore generale di P.S- Capo della Polizia per le qualifiche dirigenziali o direttive, in capo al Questore per i dipendenti presso le questure o uffici dipendenti, in capo ai rispettivi dirigenti per il personale in servizio presso commissariati o compartimenti delle specialità, in capo al comandante di reparto per gli appartenenti ai reparti mobili, in capo al funzionario dell’ufficio in tutti gli altri casi non indicati. Sotto il profilo procedurale dovrà essere seguita la stessa identica procedura prevista per il richiamo scritto sopra esposta.

Altra sanzione intermedia è rappresentata dalla deplorazione che richiama sostanzialmente l’istituto del richiamo scritto e della pena pecuniaria ma se ne differenzia per gli effetti pregiudizievoli. Mentre il primo non ha grande incidenza, esso comporta un ritardo di un anno nell’aumento dello stipendio o attribuzione di classe di stipendio superiore a decorrere dal giorno in cui verrebbe a maturare. E’ quindi una misura che incide sempre economicamente e può inoltre essere comminata in concorso con la pena pecuniaria. I casi per i quali si può procedere con tale misura sono: 1) gravi o abituali negligenze generali; 2) negligenze  particolari consistenti nell’imprudenza/ inosservanza di norme sull’impiego o uso del personale, mezzi, armi, esplosivi o documenti e negligenza nel governo e cura del personale sottoposto; 3) Persistenti trasgressioni già punite con strumenti di minor gravità; 4) Gravi mancanze attinenti al contegno e disciplina. La competenza nell’adozione della misura è rispettivamente in capo al Direttore generale di P.S- Capo della Polizia per le qualifiche dirigenziali o direttive, in capo al Questore per i dipendenti presso le questure o uffici dipendenti, in capo ai rispettivi dirigenti per il personale in servizio presso commissariati o compartimenti delle specialità, in capo al comandante di reparto per gli appartenenti ai reparti mobili, in capo al funzionario dell’ufficio in tutti gli altri casi non indicati.

Il procedimento da seguire vede l’attivazione della commissione consultiva. Si procederà sempre alla contestazione scritta al trasgressore ad opera del soggetto competente al fine di acquisire eventuali scritti difensivi. Non dobbiamo dimenticare che non può mai essere sacrificato il diritto alla difesa in quanto principio cardine del nostro ordinamento Costituzionale. Successivamente di procederà alla convocazione della commissione consultiva di cui all’articolo 15 del D.P.R 737/81[17]. Trasgressore, testimoni e membri della commissione si riuniscono al fine di contestare nuovamente, leggere eventuali scritti difensivi e operare altre domande nei confronti del trasgressore. Alla fine della riunione la commissione, valutando i vari parametri come età, anzianità di servizio, precedenti disciplinari, decide o meno, notificando la decisione entro 5 gg, sull’irrogazione della deplorazione. Un aspetto da notare è che se da un lato la legge prevede che la commissione tenga conto di determinati parametri, da un altro non dice in che modo. In tal senso l’età in rapporto all’anzianità di servizio potrebbe essere vista rispettivamente come attenuante o aggravante. Si finisce quindi così per lasciare sicuramente un grande arbitrio al personale della commissione in oggetto.

Le ultime due sanzioni disciplinari sono quelle più gravi ovvero la sospensione dal servizio e la destituzione. La prima realizza un vero e proprio allontanamento fisico dall’esercizio delle attribuzioni di servizio per un periodo che va da un minimo di un mese ad un massimo di sei. E’ prevista la privazione della retribuzione anche se, per evitare un eccessivo pregiudizio, è concesso un assegno alimentare di mantenimento. Tale assegno è determinato nella misura della metà della retribuzione base. Non sono solo questi gli effetti pregiudizievoli della sospensione ma è prevista anche la deduzione dal computo della anzianita’ di un periodo pari a quello trascorso dal punito in sospensione dal servizio nonche’ il ritardo[18] di due anni nella promozione o nell’aumento periodico dello stipendio o nell’attribuzione di una classe superiore di stipendio dal giorno in cui verrebbe a maturare il primo beneficio successivo alla data nella quale la mancanza e’ stata rilevata[19]. Le cause che possono portare all’irrogazione di tale sanzione sono:

a) le stesse previste per la pena pecuniaria a patto che siano, in aggiunta, reiterate, abituali o particolarmente gravi.

b) Esser stati condannati, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo. Non tutte le condanne per delitti non colposi determinano la sospensione dal servizio in quanto nei casi tassativamente previsti si procede direttamente alla destituzione[20].

c) Aver denigrato l’amministrazione o superiori. Il concetto di denigrazione consiste in quella malevole e intenzionale volontà di offuscare e colpire il valore o la reputazione dell’Amministrazione stessa.

d) Comportamenti che turbino la regolarità o continuità del servizio. In ordine a questo punto deve rilevarsi che il turbamento deve assumere le caratteristiche di una particolare gravità in quanto mancanze o comportamenti scorretti possono essere oggetto di altre sanzioni di minore gravità.

e) La tolleranza di abusi commessi da dipendenti. Il caso de quo è chiaramente riferito a soggetti che rivestano ruoli apicali e direttivi essendo gli stessi demandati al controllo stesso della legalità delle attività svolte.

f) Atti contrari ai doveri di subordinazione. Nell’ambito delle amministrazioni impiegate in servizi di polizia o militari vige l’obbligo di rispetto degli ordini. Tuttavia non tutti gli atti contrari ai comandi imposti possono integrare illecito disciplinare. Ad eccezione del personale militare che è soggetto ad una disciplina più ferrea che prevede in alcuni casi di non poter sollevare nessun sindacato sul comando, il personale della polizia di Stato che rilevi la palese illegittimità dei comandi ricevuti potrà sollevare sindacato innanzi al superiore manifestando le proprie ragioni e chiedere che venga messo per iscritto[21] o opporre legittimo rifiuto laddove l’ordine rasenti la manifesta illiceità[22].

g) La frequenza assidua di pregiudicati, persone immorali o che commettono atti contro il buon costume è condotta censurabile solo laddove determini effettivamente pubblico scandalo e senza necessità di servizio. La presente norma ad hoc è finalizzata a garantire l’imparzialità del personale di P.S che potrebbe esserne compromessa da una assidua frequentazione degli stessi.

h)L’uso di natura non terapeutica di sostanze stupefacenti che risulti da attestazione medico legale.

i) L’allontanamento senza autorizzazione dalla sede di servizio per un periodo superiore a 5 gg senza autorizzazione e/o la mancata presentazione in servizio oltre le 48 ore.

La sospensione dal servizio oltre ad essere una sanzione disciplinare può essere anche un provvedimento di natura cautelare. In qualità di provvedimento cautelare può essere adottato, anche in questo caso, nelle modalità e previsioni indicate all’interno del dettato normativo ovvero laddove il soggetto si trovi destinatario di un mandato di cattura o sia sottoposto a privazione della libertà e deve venir meno laddove i presupposti degli stessi siano stati ritenuti deficitari o illegittimi. La sospensione cautelare può arrivare anche qualora l’appartenente, seppur non in vinculis, sia sottoposto a procedimento penale per reati di particolare gravità che necessitino quindi di un allontanamento dal corpo. Il provvedimento, in questo ultimo caso, è emanato con decreto motivato nel Ministro dell’interno. L’esistenza di provvedimenti di natura cautelare serve ad aggirare la norma che impone la sospensione del rito disciplinare laddove ci sia pendenza anche di rito penale. In altri sensi è come riconoscere una pregiudizialità.

Dal punto di vista procedurale è prevista una fase aggiuntiva rappresentata dalla nomina, da parte capo dell’ufficio o il comandante del reparto che abbia notizia dell’infrazione, di un funzionario istruttore di grado superiore e appartenente ad un servizio diverso da quello del dipendente affinchè svolga una inchiesta disciplinare. Esso svolge accertamenti, anche nell’interesse dell’inquisito, contestando successivamente gli addebiti affinchè il soggetto possa esercitare, nei termini e modi previsti, il diritto di difesa. Riuniti tutti gli atti[23], in ordine cronologico, redige apposita relazione conclusiva ed invia tutti i carteggi al capo dell’ufficio o comandante di reparto che lo ha nominato. Laddove sia ravvisato esito negativo viene disposta l’archiviazione o l’invio degli atti al soggetto previsto per l’irrogazione di una sanzione minore oppure l’invio, con opportune osservazioni, degli atti al consiglio di disciplina competente in base alla qualifica del soggetto che determina una composizione diversa[24]. Il consiglio, convocato nel termine di dieci giorni dal Ministro degli Interni in relazione al Consiglio superiore di disciplina, dal Capo della Polizia in relazione al Consiglio Centrale di disciplina e dal vice questore in relazione al consiglio provinciale di disciplina, discute ed esamina in una riunione preventiva il caso. Il presidente nomina un relatore e fissa la data per la trattazione della c.d causa entro quindici giorni. Il segretario procederà poi a rendere edotto il soggetto oggetto del procedimento della data di comparizione informandolo altresì della possibilità di accedere ai documenti e farsi assistere da un difensore.

Si aprirà poi la fase istruttoria[25] caratterizzata da una fase di addebito, contraddittorio e la fase decisoria. Tale procedimento e soggetti entrano in attività anche laddove bisogni procedere ad applicare la sanzione disciplinare della destituzione.

La destituzione è l’ultima e più grave sanzione disciplinare di cui al D.P.R 737/81 in quanto determina una decadenza dal ruolo e impiego all’interno dell’Amministrazione di P.S.

Tale misura è adottata[26] nei confronti degli appartenenti che: a) siano carenti del senso dell’onore o morale. Tali termini risultano difficili da determinare anche in quanto sono, soprattutto in riferimento al secondo caso, valori mutabili nel tempo; b) per atti compiuti in netta contrarietà con i doveri di fedeltà alla costituzione e i suoi valori e atti che, in violazione dei doveri arrechino grave pregiudizio allo Stato, enti e provai; c) per grave abuso d’autorità o insubordinazione o istigazione alla stessa; c) per mancata ripresa di servizio senza giustificato motivo per un periodo superiore a cinque giorni o per la reiterazione di condotte già censurate con la sospensione.

Sotto il profilo delle competenze e procedimento si faccia riferimento alle stesso modalità sopra illustrate per la sospensione dal servizio.

La destituzione può verificarsi ex officio, tramite decreto del Ministro degli Interni, laddove l’appartenente si sia macchiato di reati particolarmente gravi oggetto di pronuncia giurisdizionale irrevocabile.  E’ il caso di  condanna passata in giudicato per i delitti contro la personalita’ dello Stato; per i delitti di peculato, malversazione, concussione, corruzione; per i delitti contro la fede pubblica, escluso quello di cui all’articolo 457 del codice penale; per i delitti contro la moralita’ pubblica ed il buon costume previsti dagli articoli 519, 520, 521 e 537 del codice penale e per i delitti previsti dagli articoli 3 e 4 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; per i delitti di rapina, estorsione, millantato credito, furto, truffa, appropriazione indebita, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, circonvenzione di persone incapaci, usura, ricettazione; per ogni tipo di delitto a fine di eversione; per i delitti previsti dalla legge sul nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza e per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale sia stata irrogata una pena non inferiore ad un anno di reclusione. Inoltre tale provvedimento può essere anche frutto di una condanna che preveda l’interdizione perpetua dai pubblici uffici come sanzione accessoria o l’adozione di misura di sicurezza personale di cui all’art. 215 del codice penale ovvero di una misura di prevenzione prevista dall’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.


[1] Cfr. Art 109 Legge 1 aprile 1981 n 121.

[2] L’articolo 70 della Legge 121 del 1981 ha conferito la delega al Governo in tale materia.

[3] Cfr. Art 2 D.P.R 25 ottobre 1981, n 737.

[4] Il Codice di Comportamento è adottato ai sensi dell’art 54, comma 5, del D.Lgs 30 marzo 2001, n 165.

[5] Cfr. Art. 7, comma 2, Legge 1 aprile 1981 n 121.

[6] La ratio di tali imposizioni è quella di non minare l’indipendenza, la correttezza, l’operatività imparziale dell’operato dell’Amministrazione.

[7] Sono ovviamente da considerarsi vietate,  in quanto oltretutto configurano illecito di carattere penale, le condotte attraverso le quali il dipendente solleciti dazioni di qualsiasi natura a titolo di corrispettivo per l’esercizio delle funzioni  o per aver compiuto un atto d’ufficio.

[8] Cfr. Art. 8 Codice di Comportamento dei Dipendenti del Min.Interno. Si consideri che All’atto della richiesta di autorizzazione, il dipendente deve attestare che il soggetto privato o pubblico presso il quale intende svolgere la collaborazione non abbia in corso o non abbia avuto, nel biennio precedente la domanda di autorizzazione, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti l’ufficio di appartenenza. A titolo meramente esemplificativo e, 9 ferma restando la piena discrezionalità di giudizio dell’Amministrazione, sono considerati interessi economici significativi l’affidamento di concessioni, autorizzazioni o permessi, che comportino arricchimento patrimoniale o esercizio di attività economiche, affidamenti di incarichi di consulenza o collaborazione professionale, affidamento di appalti o cottimi fiduciari per forniture di beni o servizi o per l’esecuzione di lavori e, comunque, ogni decisione di carattere, anche parzialmente, discrezionale e non vincolato per legge. In mancanza della dichiarazione del dipendente o nel caso di attività per cui l’Amministrazione giudichi significativi gli interessi economici, l’autorizzazione non può essere rilasciata e il dipendente non può accettare l’incarico

[9] Il dipendente che svolga incarichi retribuiti, che non siano stati preventivamente autorizzati, incorre in responsabilità disciplinari, salve le più gravi sanzioni, ed è tenuto a versare il compenso, eventualmente già percepito, al bilancio dell’Amministrazione, ai sensi dell’art. 53, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001. Ai sensi della medesima norma, lo stesso obbligo grava sul soggetto erogante, qualora il compenso non sia stato ancora corrisposto al dipendente.

[10] Cfr. Art 9 Codice di Comportamento dei Dipendenti del Min.Interno . Il dipendente è obligato a trasmettere informazione al dirigente dell’ufficio della partecipazione ad associazioni i cui ambiti possano interferire con le attività d’ufficio. Si noti che tale imposizione è a priori esclusa in relazione all’adesione a sindacati o partiti politici.

[11] Cfr. Art 11 Codice di Comportamento dei Dipendenti del Min.Interno. Si stabilisce l’obbligo di astensione per atti che riguardino soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge o il convivente more uxorio abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia componente, amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente che si trovi nella situazione di doversi astenere dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività, sulla base delle circostanze previste dalla normativa vigente, comunica tale situazione al responsabile dell’ufficio di appartenenza, che decide l’astensione o meno del dipendente dai procedimenti in questione.

[12] Cfr. Art 14  Codice di Comportamento dipendenti Ministero degli Interni.

[13] E’ ammessa, per una sola volta, la proroga di 10 gg come è anche possibile rinunziare ai predetti termini in forma scritta al fine di accelerare il procedimento.

[14] La motivazione risulta essere elemento degli atti amministrativi per effetto della Legge 241/ 90 e pertanto trova applicazione anche ai presenti atti sanzionatori di natura disciplinare. E’ inoltre previsto anche dallo stesso art. 1 del DPR 737/1981.

[15] Agli allievi degli istituti di istruzione, in luogo della pena pecuniaria, puo’ essere applicata, ove le circostanze lo consiglino, la consegna in istituto per un periodo non superiore a cinque giorni. Il consegnato non puo’ uscire dall’istituto se non per disimpegnare il proprio servizio, dal quale non e’ esonerato.

[16] Cfr. Art 4 D.P.R 737/1981. Si stabilisce che possono essere sanzionati con la pena pecuniaria i seguenti comportamenti: 1) il contrarre debiti senza onorarli, ovvero contrarne con dipendenti o con persone pregiudicate o sospette di reato; 2) l’allontanamento dalla sede di servizio da uno a cinque giorni senza autorizzazione; 3) l’abituale negligenza nell’apprendimento delle norme e delle nozioni che concorrono alla formazione professionale;4) l’inosservanza dell’obbligo di mantenere la permanenza o la reperibilita’; 5) la manifesta negligenza nel prendere visione dell’ordine di servizio; 6) l’omessa o ritardata presentazione in servizio sino ad un massimo di quarantotto ore; 7) la grave negligenza in servizio; 8) il ritardo o la negligenza nell’esecuzione di un ordine; 9) l’irregolarita’ nell’ordine di trattazione degli affari; 10) l’inosservanza del dovere di informare immediatamente i superiori della ricezione di un ordine la cui esecuzione costituisce manifestamente reato; 11) l’inosservanza delle norme di comportamento politico fissate per gli appartenenti ai ruoli della Amministrazione della pubblica sicurezza; 12) l’inosservanza delle norme che regolano i diritti sindacali degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza; 13) l’emanazione di un ordine non attinente al servizio o alla disciplina o eccedente i compiti d’istituto o lesivo della dignita’ personale; 14) l’omissione o l’imprecisione nell’emanazione di ordini o di disposizioni di servizio; 15) qualsiasi altro comportamento, anche fuori dal servizio, non espressamente preveduto nelle precedenti ipotesi, comunque non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza.

[17] La commissione consultiva e’ composta da tre appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza di cui uno di qualifica superiore e uno di qualifica pari a quella del trasgressore, designati dall’organo competente a infliggere la sanzione, ed uno di qualifica superiore a quella del trasgressore, indicato dai sindacati di polizia piu’ rappresentativi della provincia. All’inizio di ogni anno verra’ predisposto, a cura dell’organo competente ad infliggere la sanzione, l’elenco degli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza chiamati a far parte delle commissioni consultive. Nel caso che si proceda a carico di appartenenti alle qualifiche dirigenziali e direttive ovvero di personale in servizio presso il dipartimento della pubblica sicurezza, il terzo componente della commissione consultiva verra’ designato dai sindacati di polizia piu’ rappresentativi sul piano nazionale. Qualora nella stessa sede di servizio del trasgressore non esista, in tutto o in parte, il personale avente qualifica corrispondente a quella stabilita per la costituzione della commissione, l’organo competente richiedera’ alla direzione centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza la designazione del personale necessario. Non possono far parte della commissione il superiore che ha rilevato la mancanza e il dipendente eventualmente offeso o danneggiato.I componenti la commissione sono vincolati al segreto d’ufficio. Nel caso che piu’ dipendenti di pari qualifica abbiano concorso a commettere la medesima mancanza, la commissione e’ unica( Cit. art. 15 D.P.R 737/81)

[18] Tale ritardo e’ elevato a tre anni se la sospensione dalla qualifica e’ superiore a quattro mesi.

[19] Cit. Art. 5 e 6 D.P.R 737 1981.

[20] I delitti non colposi per i quali si procede direttamente alla destituzione in quanto di particolare gravità sono indicati nell’art. 8 del D.P.R 737 del 1981.

[21] Laddove a posteriori risulti che l’ordine effettivamente dato, verso il quale era stato sollevato sindacato, era illegittimo ne risponderà il Pubblico ufficiale superiore che lo ha impartito.

[22] In tal senso si veda l’art. 51 del Codice Penale in combinato disposto con l’art. 66, l. 1 aprile 1981, n. 12, per l’ordinamento della P.S., e art. 12 quater, d.l. 8 giugno 1992, n. 306 convertito con modifiche nella l. 7 agosto 1992, n. 356 per i provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa.

[23] L’inchiesta dev’essere conclusa entro il termine di quarantacinque

giorni, prorogabile una sola volta di quindici giorni a richiesta motivata dell’istruttore.

[24] Si veda il tal senso l’art 16 del D.P.R 737/81. Con decreto del Ministro dell’interno e’ costituito annualmente il consiglio superiore di disciplina composto: dal Ministro o, per sua delega, dal Sottosegretario di Stato, che lo convoca e lo presiede; dal capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza; dal vice direttore generale della pubblica sicurezza con funzioni vicarie; da due funzionari della Polizia di Stato con qualifica dirigenziale, designati dai sindacati di polizia piu’ rappresentativi sul piano nazionale. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario della Polizia di Stato, con qualifica dirigenziale. Le deliberazioni del consiglio sono adottate a maggioranza assoluta dei componenti. Con decreto del capo della polizia direttore generale della pubblica sicurezza e’ costituito il consiglio centrale di disciplina composto: a) dal direttore centrale del personale presso il dipartimento della pubblica sicurezza, o per sua delega, dal direttore di un servizio della direzione centrale, che lo convoca e lo presiede; b) da due funzionari della Polizia di Stato con la qualifica di dirigente superiore; c) da due funzionari della Polizia di Stato con qualifica dirigenziale non inferiore a quella dell’incolpato designati di volta in volta dai sindacati di polizia piu’ rappresentativi sul piano nazionale. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario della Polizia di Stato con qualifica direttiva. I membri di cui alla lettera b) durano in carica un anno. Con le stesse modalita’ si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i membri di cui alla lettera b). Con decreto del questore e’ costituito, in ogni provincia, il consiglio di disciplina composta: a) dal vice questore con funzioni vicarie che lo convoca e lo presiede; b) da due funzionari del ruolo direttivo della Polizia di Stato; c) da due appartenenti ai ruoli della Polizia di Stato di qualifica superiore a quella dell’incolpato, designati di volta in volta dai sindacati di polizia piu’ rappresentativi sul piano provinciale. Un funzionario del ruolo direttivo della Polizia di Stato funge da segretario. I membri di cui alla lettera b) durano in carica un anno. Con le stesse modalita’ si procede alla nomina di un pari numero di supplenti per i membri di cui alla lettera b). Il consiglio provinciale di disciplina e’ competente a giudicare gli appartenenti ai ruoli dell’Amministrazione della pubblica sicurezza fino alla qualifica di ispettore capo, che prestano servizio nell’ambito della provincia. Il presidente o i membri dei consigli di disciplina possono essere ricusati o debbono astenersi ove si trovino nelle condizioni di cui all’art. 149 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3. Il relativo procedimento e’ regolato dal suddetto articolo. Qualora il ricusato sia il presidente del consiglio provinciale, il Ministro provvede alla nomina del sostituto. I componenti dei consigli di cui al presente articolo sono vincolati al segreto d’ufficio.

[25] Nel giorno fissato, aperta la seduta, il presidente, dopo aver fatto introdurre l’inquisito e l’eventuale difensore: a) legge l’ordine di convocazione; b) rende noti i precedenti disciplinari e di servizio dell’inquisito; c) legge le dichiarazioni scritte dell’avvenuto esame, da parte propria e degli altri membri, degli atti dell’inchiesta formale; d) fa leggere dal segretario la contestazione degli addebiti, le giustificazioni e la relazione del funzionario istruttore; e) chiede se i membri del consiglio o l’inquisito desiderino che sia letto qualche altro atto dell’inchiesta e, se lo ritiene necessario, ne autorizza la lettura. Il presidente, o i membri del consiglio previa autorizzazione del presidente, possono chiedere al giudicando chiarimenti sui fatti a lui addebitati. Questi puo’ presentare una memoria preparata in precedenza e firmata, contenente la sua difesa, e puo’ produrre eventuali nuovi elementi; la memoria e i documenti sono letti da uno dei componenti il consiglio ed allegati agli atti. Il presidente da’ la parola al difensore, se presente, le cui conclusioni devono essere riportate nel verbale della seduta, ed infine chiede all’inquisito se ha altro da aggiungere. Udite le ulteriori ragioni a difesa ed esaminati gli eventuali nuovi documenti, il presidente dichiarata chiusa la trattazione orale e fa ritirare l’inquisito ed il difensore. Il consiglio, se ritiene di non poter esprimere il proprio giudizio senza un supplemento di istruttoria, sospende il procedimento e restituisce gli atti all’organo proponente indicando i punti sui quali giudica necessario ulteriori accertamenti. Non verificandosi l’ipotesi di cui al precedente comma, il consiglio delibera a maggioranza di voti, con le seguenti modalita’: a) il presidente sottopone separatamente a decisione le questioni pregiudiziali, quelle incidentali la cui decisione sia stata differita, quelle di fatto e di diritto riguardanti le infrazioni contestate e, quindi, se occorre, quelle sull’applicazione delle sanzioni. Tutti i componenti del consiglio danno il loro voto su ciascuna questione; b) qualora nella votazione si manifestino piu’ di due opinioni, i componenti il consiglio che hanno votato per la sanzione piu’ grave si uniscono a quelli che hanno votato per la sanzione immediatamente inferiore fino a che venga a sussistere la maggioranza. In ogni altro caso, quando su una questione vi e’ parita’ di voti, prevale l’opinione piu’ favorevole al giudicando.

[26] Cfr. Art. 7 del D.P.R 737/81.


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