Via libera alla vendita del prodotto alimentare scaduto se non deteriorato
In un periodo in cui si sente piu’ volte parlare della lotta agli sprechi alimentari è d’uopo soffermarsi sulla tematica del superamento della scadenza di un prodotto alimentare.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ribadito ancora una volta il principio consolidato in Giurisprudenza secondo cui la messa in vendita di prodotti scaduti di validità integra il delitto di cui all’art. 516 cod. pen. (vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine) solo qualora sia concretamente dimostrato che la singola merce abbia perso le sue qualità specifiche, atteso che il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi.
La Corte di cassazione, con lasentenza 38841/2016, ha respinto il ricorso di un uomo accusato di aver venduto nel suo esercizio commerciale delle patatine scadute, ma soprattutto deteriorate, a due carabinieri in libero servizio che ci accingevano ad andare allo stadio per vedere una partita di calcio. La freschezza e la friabilita’ caratteristiche necessarie a caratterizzare l’ottimo stato del prodotto alimentare sono state disattese dalle dichiarazioni dei due carabinieri.
Successivamente al caso de quo , la Cassazione si è dovuta pronunciare nuovamente e di recente sulla tematica , questa volta con la sentenza n. 16108 del 23 marzo 2018 cui vedeva coinvolto questa volta il titolare di una farmacia accusato di aver posto in commercio sostanze alimentari nocive (una confezione di latte in polvere per lattanti scaduta) la cui assunzione aveva cagionato lesioni guaribili in otto giorni.
I genitori del bambino, dopo avergli somministrato il latte in polvere, avevano notato che lo stesso presentava dolori addominali e febbre; successivamente si accorgevano che il latte in polvere era scaduto. Indi portavano il bimbo al pronto soccorso dell’ospedale di (omissis) , ove lo stesso veniva giudicato guaribile in otto giorni; tuttavia, a fronte del suggerimento di acconsentire al ricovero del piccolo in osservazione, i genitori rifiutavano, dichiarando di preferire che il bambino venisse seguito dal pediatra di famiglia.
Queste le parole della Cassazione: <<la commercializzazione di prodotti alimentari confezionati per i quali sia prescritta l’indicazione “da consumarsi preferibilmente entro il…”, o quella “da consumarsi entro non integra, ove la data sia superata, alcuna ipotesi di reato, ma solo l’illecito amministrativo di cui agli artt. 10, comma settimo, e 18 del D.Lgs. n. 109 del 1992 (cfr. Sez. U, Sentenza n. 1 del 27/09/1995, dep. 1996, Timpanaro, Rv. 203094; Sez. 3, Sentenza n. 30858 del 27/06/2008, Amantia e altro, Rv. 240755). La rilevanza penale della messa in vendita di sostanze alimentari nocive è legata non già al dato formale del commercio di alimentari la cui data di scadenza (o meglio, di preferibile consumazione) sia già spirata, ma – come correttamente messo in luce dai giudici peloritani – al dato sostanziale della pericolosità in concreto: ed invero, è costante la giurisprudenza di legittimità nell’affermare che il reato di commercio di sostanze alimentari nocive è reato di pericolo per la cui sussistenza è necessario che gli alimenti abbiano, in concreto, la capacità di arrecare danno alla salute (ex multis Sez. 4, Sentenza n. 3457 del 19/12/2014, dep. 2015, Freda e altri, Rv. 262247; Sez. 1, Sentenza n. 3532 del 17/01/2007, Valastro, Rv. 235904)>>.
In conclusione dal principio di diritto è emerso che si puo’ vendere senza incorrere in reato un alimento riportante una data di scadenza superata ma il cibo non deve essere deteriorato.
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Giusy Pasquariello
Dott.essa Pasquariello Giuseppina, laureata in Giurisprudenza presso Universita' degli studi di Salerno.
Praticante avvocato abilitata al patrocinio sostitutivo.
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