Violenza domestica: come si configura e come viene punita

Violenza domestica: come si configura e come viene punita

Il reato di  violenza domestica o, come rubricato nel codice penale all’articolo 572 c.p., di maltrattamenti contro familiari o conviventi, ricorre qualora venga arrecata violenza a un familiare, a un convivente o a una qualsiasi persona affidata alle proprie cure, alla propria vigilanza, istruzione o educazione, all’interno della mura domestiche o in luoghi come strutture di assistenza e ricovero.

La finalità della norma penale è quella di punire chiunque abusi di soggetti posti sotto la sua autorità, soggetti in un certo senso considerati deboli, laddove per debolezza si intende il sottostare alle cure ed agli insegnamenti di una data persona, o all’abitudinarietà di un certo contesto familiare ( ad esempio il coniuge, genitore o figlio). L’ oggetto giuridico che la norma vuole tutelare è la salvaguardia dell’ incolumità fisica e psichica della persona.

Nel tempo, tuttavia, il concetto di famiglia si è esteso e amplificato.Infatti, un tempo si consideravano persone di famiglia esclusivamente il coniuge, i consanguinei, gli affini, gli adottati e gli adottanti. La cassazione, anche alla luce delle nuove normative (legge Cirinna’ del 2016), ha esteso tale concetto, anche al convivente more uxorio, e a tutti coloro che sono in qualche modo sono legati da un rapporto di parentela con il maltrattante.

La Cassazione ha addirittura affermato che si può prescindere anche dal contesto di coabitazione, motivo per cui si possono considerare maltrattamenti familiari anche quelli che avvengono tra due coniugi separati(consensualmente o giudizialmente) i cui rapporti interpersonali siano rimasti inalterati.

In cosa consiste la violenza domestica?

In primis bisogna considerare la peculiarità della parola indicata nell’ art. 572 c.p.: maltrattamenti. La parola e infatti posta al plurale, e ci fa capire che affinché si configuri il reato, non ci si può riferire ad un singolo episodio, ma occorre che ci sia l’abitualità. Dev essere quindi un comportamento reiterato nel tempo, già accaduto altre volte.

Altro aspetto caratteristico, è che, per violenza domestica, la norma fa riferimento a comportamenti che possono configurarsi sia con la violenza fisica che con quella verbale: si può far rientrare tra i maltrattamenti le percosse, comportamenti vessatori o prevaricatori, ma anche le minacce o la denigrazione o continue offese alla persona. Tutti atteggiamenti che possono ledere l’incolumità fisica e psichica della persona.

Si può parlare, inoltre, di violenza domestica con condotta attiva e omissiva. Laddove per condotta attiva si intende il comportamento volto a danneggiare il membro familiare (con comportamenti lesivi a livello verbale o fisico). Diversamente, per condotta omissiva, si intende l’atteggiamento passivo (ad esempio il non intervenire in una determinata situazione di maltrattamenti, pur essendone a conoscenza).

La pena base per il reato di maltrattamenti in famiglia è quella della reclusione da due a sei anni.

Tale pena è aggravata in tre ipotesi: – se dal fatto deriva una lesione personale grave è prevista la reclusione da quattro a nove anni; – se dal fatto deriva una lesione personale gravissima è prevista la reclusione da sette a quindici anni; – se dal fatto deriva la morte è prevista la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

Vi è da precisare poi, che il delitto di violenza domestica assorbe i reati di ingiuria, percosse e minacce (si viene condannati per il reato di maltrattamenti che include in se’altri comportamenti contra ius quali le percosse, le minacce o l’ingiuria).


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