Violenza in famiglia ed affidamento dei figli. Le personalità maltrattanti: lo psicopatico e il manipolatore relazionale

Violenza in famiglia ed affidamento dei figli. Le personalità maltrattanti: lo psicopatico e il manipolatore relazionale

L’organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che la violenza contro le donne è un problema di salute pubblica di proporzioni epidemiche globali. I fatti di cronaca attestano che si tratti di una situazione di gravissima emergenza sociale. Nell’ottobre del 2021, il Parlamento Europeo, richiamando la Convenzione di Istanbul, il più dettagliato trattato internazionale relativo alla violenza contro le donne, ratificata in Italia con la Legge 77/2013, ribadisce che la violenza assistita debba ritenersi violenza contro i minori, dalla cui esposizione derivano innegabili conseguenze pregiudizievoli al loro sano sviluppo emotivo e fisico. Inoltre, il Parlamento Europeo rileva il fenomeno della vittimizzazione secondaria che subiscono le donne abusate durante i procedimenti civili e penali. Appare molto importante anche il principio in essa ribadito secondo cui gli uomini maltrattanti continuino ad adottare un comportamento vessatorio e persecutorio sulla partner attraverso il ricorso ad azioni legali volte a sfiancare ed indebolire economicamente la vittima o mediante le minacce di allontanamento dei figli. Infine, la Risoluzione invita a prestare massima attenzione al rispetto dell’art. 31 della Convenzione di Istanbul che sancisce una attenta valutazione circa il regime di affidamento, collocamento e diritto di visita dei minori, nei casi di violenza domestica.

In Italia, come è noto, la Legge 54/06 stabilisce che, nei casi di frattura della vita di coppia, vada attuato il regime di affidamento condiviso dei figli e vada garantita la relazione con entrambe le figure genitoriali. Il minore possiede un diritto, insomma, a ricevere il fondamentale apporto del padre e della madre nelle fasi della propria crescita.

Codesto principio incontra sempre limiti laddove uno dei genitori non sia in grado di assolvere ai propri doveri o violi, in modo costante o grave, gli obblighi genitoriali? Un soggetto violento può ritenersi un buon genitore?

Una persona violenta in famiglia, in realtà, si rende responsabile di azioni che pongono a rischio la sana crescita emotiva e fisica della prole.

La Corte di Cassazione, nella sentenza del 3 dicembre 2020 n. 34504 (1) stabilisce che al genitore che abbia commesso il reato di maltrattamenti verso il partner in presenza dei figli, vittime di violenza assistita, vada comminata la pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale. La Corte considera la violenza assistita subita dalla prole, costretta ad assistere in via diretta o indiretta alla sopraffazione, alla denigrazione ed al comportamento violento di in genitore verso l’altro, quale circostanza aggravante del reato di maltrattamenti in famiglia disciplinato dall’art. 572 cp, secondo il dettato dell’art. 61 cp, 1 comma. Il clima vessatorio determinato dall’atteggiamento di una delle figure genitoriali, sostiene la Cassazione, costituisce un rischio evolutivo per la sana crescita dei minori coinvolti.

La sentenza in esame è in linea con quanto sostenuto sia dal CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia) il quale rende noto che “per violenza assistita intrafamiliare si intende qualsiasi atto di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica compiuta su figure di riferimento o su altre figure significative, adulte o minori; di tale violenza il/la bambino/a può fare esperienza direttamente (quando essa avviene nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore è a conoscenza della violenza) e/o percependone gli effetti”.

D’altra parte, la sentenza citata richiama il principio espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 202/20 (4) nella quale si legge che “le ragioni di tutela del diritto del minore di intrattenere regolarmente relazioni e contatti personali con il genitore vengono meno, come prevedono all’unisono l’art. 9, comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo e l’art. 24, comma 3, CDFUE, allorché la prosecuzione di tale rapporto sia contraria all’interesse preminente del minore”. La Corte Costituzionale considera necessaria una valutazione da compiersi caso per caso allorchè si tratti di verificare quale sia il migliore interesse del minore in quel preciso contesto familiare ed in che modo possa essere salvaguardato, anche nella circostanza in cui, per questo, dovessero rimanere sacrificati altri diritti, ritenuti, in quello specifico  contesto familiare, di minore rilevanza, anche in ottemperanza dell’art. 9, comma 1, della Convenzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite  sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989 e l’art. 24, comma 3, CDFUE).

Ma quali sono i tratti distintivi della violenza? Al contrario di quanto accada per la violenza fisica, difatti, la violenza psicologica, che sempre la precede, non è riconoscibile all’inizio della relazione.

E’ evidente come la lotta contro la violenza di genere e la violenza domestica non possa prescindere da una approfondita formazione sul tema da parte di ogni operatore coinvolto (forze dell’ordine, magistrati, CTU, assistenti sociali). In assenza di competenza e formazione e di capacità di valutazione del rischio le possibilità di arginare il fenomeno sono minime.

 E’ bene, innanzitutto, tenere a mente due dati:

– la violenza psicologica precede quasi sempre sia l’omicidio, sia le lesioni gravissime (si pensi alle vittime sfigurate dall’acido o dal fuoco);

– la violenza psicologica precede sempre la violenza fisica.

Ma sarebbe un errore grave pensare che vi sia una esatta scala negli agiti violenti che parta dalla violenza psicologica e cresca via via con minime azioni di aggressioni fisiche sino all’epilogo finale. Sono, difatti, numerosi i casi di donne e figli uccisi senza che vi fossero mai state percosse o lesioni, come avvenne per la piccola Lauretta Russo massacrata a coltellate nel sonno dal padre che ferì quasi a morte anche la sorella maggiore Marika, salvatasi grazie all’intervento dei fratelli più grandi o nel caso della povera Carmela Morlino, uccisa barbaramente con quindici coltellate dall’ex marito Marco Quarta, nel 2015, di fronte casa e  davanti agli occhi dei loro bambini di 4 e 7 anni, sopravvissuti solo perché ebbero la prontezza di bussare alla porta dei vicini.

La violenza psicologica mira a svilire l’altro denigrandolo, isolandolo, annullandolo, de-programmandone la personalità, paralizzandone lo sviluppo identitario. L’uomo che agisce violenza si può presentare inizialmente come una persona affidabile, interessata all’altro al fine di carpirne la fiducia e l’affetto. Solo nel corso della relazione, a volte, vengono mostrati alcuni aspetti caratteriali riconducibili alla violenza tanto che spesso le vittime hanno la sensazione di trovarsi di fronte un’altra persona. La violenza morale agisce insinuandosi attraverso le fessure e le fragilità innate della vittima, che il soggetto maltrattante intuisce tanto da determinare un condizionamento che condurrà la persona abusata a fare, dire e tollerare cose prima di allora inimmaginabili. Mesi o anni di sistematica manipolazione mentale, realizzata attraverso gli strumenti tipici della violenza psicologica, tra i quali annoveriamo, il trattamento del silenzio, la triangolazione, i discorsi in double-bind , il gaslighting. Viene spesso praticato il c.d. comportamento “bastone e carota”, cioè la violenza verbale e morale alternata a momenti di tregua in cui il manipolatore torni ad essere comprensivo ed apparentemente affettivo al fine di ottenere nuovamente la sottomissione, la confusione della vittima.

Questa lenta e invisibile de-programmazione porterà alla quasi totale disintegrazione della identità del soggetto abusato e lo paralizzerà impedendogli, magari per anni, di sottrarsi al proprio carnefice sino al punto di tollerare atti di violenza psicologica ed a volte fisica sempre più gravi.

Possiamo definire vittima di violenza psicologica una persona che:

– venga derisa e denigrata abitualmente;

– subisca un ISOLAMENTO economico e/o sociale attraverso il minuzioso controllo delle spese quotidiane o a cui siano nascoste le entrate e le uscite della famiglia, che riceva critiche continue ad i suoi parenti e familiari e che sia indotta, con la manipolazione o le minacce aperte, a non frequentarli;

– le cui emozioni positive o negative e le sue sofferenze siano minimizzate;

– sia destinataria di bugie in maniera seriale e subisca tradimenti in modo seriale;

– sia oggetto di triangolazione, attraverso il mantenimento di contatto del partner con le ex o a causa della esaltazione di figure femminili;

– assista alla strategia del vittimismo operata dal maltrattante dopo che abbia commesso abusi fisici o psicologici, alla sua de-responsabilizzazione (perdita del lavoro, problemi familiari) o alla propria colpevolizzazione ( mi comporto così perchè mi provochi);

– sia oggetto del trattamento del silenzio, precisa strategia utilizzata per infliggere dolore, ansia ed asservimento, subendo sparizioni improvvise, mutismo, mancata risposta a domande, chiarimenti o telefonate;

– sia oggetto di una gelosia ossessiva, di continui controlli sul cellulare, subisca limitazione in ordine agli spostamenti, sia accusata di immaginari tradimenti, venga ricattata e minacciata;

– le modalità descritte, almeno nella fase iniziale, sono sempre alternate con una fase di luna di miele e falso cambiamento;

Se si comprende di essere una vittima di violenza, bisogna parlare con familiari, amici, docenti e chiedere aiuto: la violenza si alimenta e cresce nel silenzio.

Uno dei metodi necessari per uscire da questo labirinto è attuare il “contattozero”, cioè chiudere, ove praticabile, ogni contatto, senza rispondere a chiamate, messaggi, conservando, tuttavia, ogni elemento utile alla propria tutela.

E non andare mai all’ultimo appuntamento.

In ultimo, si vuole ricordare come lo stalking sia tra i reati più allarmanti. Gli atti persecutori sono attuati nel 75% da ex partner della vittima ed il 12% dei casi di stalking si trasforma in omicidio, mentre nel 50% dei casi la vittima riporterà delle lesioni personali ad opera dello stalker. La maggior parte dei femminicidi infine viene commessa entro i 10 mesi successivi alla interruzione della relazione sentimentale.

Il quadro descritto non migliora se si sposta il focus sui minori, figli della famiglia ove viva un violento. La quinta edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia, realizzata dalla Fondazione Cesvi rileva una escalation della violenza domestica. “Gli ex bambini maltrattati – si legge nel sito di Cesvi – diventano adulti che vivono con un pesante fardello di dolore che spesso scaricano sui propri figli, generando un circuito vizioso di trasmissione intergenerazionale, che solo un intervento esterno può interrompere.”

In Italia, secondo gli ultimi dati diffusi da Save The Children sulla violenza assistita, negli ultimi 5 anni ben 427 mila minori abbiano vissuto in contesti familiari violenti, assistendo direttamente, nella metà dei casi, ai comportamenti maltrattanti nei confronti delle loro mamme. Il 94% delle condanne per il reato di maltrattamenti in famiglia ha visto quali responsabili gli uomini tra i 24 ed i 54 anni.

Le cause della violenza di genere possono essere ricondotte a due fattori di carattere generale: la mentalità patriarcale e le personalità abusanti, tra le quali possono annoverarsi anche i soggetti affetti da disturbi di personalità (disturbo narcisistico di personalità, narcisismo maligno-psicopatia, disturbo antisociale, disturbo bipolare).

Una delle personalità più violente e pericolose è quella dello psicopatico e del narcisista.

Poco conosciuta in Italia, la psicopatia è erroneamente confusa con il disturbo antisociale di personalità. Queste tipologie si contraddistinguono per la loro natura estremamente violenta, ma, a differenza del soggetto antisociale, che mostra apertamente la propria aggressività e l’incapacità di rispettare la legge, il soggetto psicopatico (come avviene anche per alcune forme di narcisismo) si mimetizza in modo sorprendente, riuscendo ad ingannare anche i più esperti professionisti, è un formidabile manipolatore relazionale. I comportamenti posti in essere dallo psicopatico sono predatori, programmati, distruttivi, indifferenti alle conseguenze, privi di rimorso.

Il cervello umano è verosimilmente l’oggetto più complesso al mondo. Esso è formato da cellule nervose connesse fra loro e termina di svilupparsi circa a 18 anni. Lo stress, i traumi fisici o psicologici possono compromettere e modificare il suo sviluppo e determinare mutamenti di personalità o provocare l’insorgenza di disturbi psicologici anche gravi. Attraverso le innovative tecniche (come la brain imaging), la ricerca neuroscientifica ha individuato la collocazione delle varie funzioni cerebrali, che si trovano in massima parte nel lobo frontale, area che negli esseri umani sembra si sia sviluppata maggiormente rispetto agli altri animali, inclusi i primati. Orbene, sono stati esaminati gruppi di soggetti criminali con gruppi di persone non criminali e tale analisi ha evidenziato che vi siano differenze importanti sia nell’amigdala sia nella corteccia orbitofrontale, zone preposte al controllo delle emozioni e al rispetto delle regole.

La primissima notizia in tal senso appartiene a diversi decenni fa. Una scienziata esaminò il cervello di un uomo morto tempo prima, nel 1948, Phineas Gage. Egli era un operaio delle ferrovie che in seguito ad un drammatico incidente sul lavoro, riportò gravissime ferite a causa di un tubo di ferro che gli attraversò il cranio, entrando dall’occhio sinistro, lacerando la corteccia prefrontale. Sebbene miracolosamente sopravvissuto, Gage non fu più la stessa persona: da uomo affidabile, bonario e pacifico, si trasformò in un soggetto aggressivo ed instabile. Nonostante la capacità di intendere e volere non fosse stata  compromessa, Gage era diventato un’altra persona. Anni dopo, la neuroimaging effettuata sul cranio di Gage attestò che la profonda frattura della corteccia orbitofrontale aveva alterato la c.d. decision making, cioè aveva mutato la sua personale capacità di agire responsabilmente. In linea con quanto emerse, le successive ricerche stanno dimostrando che danni a questa area del cervello comportino lo sviluppo di personalità prive di freni inibitori ed aggressive.

Si stima che gli psicopatici rappresentino circa il 2% della popolazione mondiale; tale dato però è del tutto approssimativo e riduttivo, tenendo conto che la stima sia calcolata sulle analisi della sola popolazione carceraria poiché, essendo capaci di apparire brave persone, essi possono non commettere reati o riescono ad occultarli, sfuggendo alla individuazione. Lo psicopatico viene definito come un soggetto affetto da un disturbo deviante dello sviluppo, aggressivo e privo di empatia (empatia al grado zero). La psicopatia è un processo che via via conduce “alla perdita definitiva del sentimento umano di essere nel mondo degli umani”. (J.R. Meloy (2002), The Psychopathic Mind, Aronson, N.Y.) (6). Robert D. Hare  è ritenuto uno dei massimi esperti di psicopatia; egli e buona parte degli studiosi, hanno avanzato la teoria secondo la quali gli psicopatici sono “predatori intraspecie che usano fascino, manipolazione, intimidazione e violazione per controllare il prossimo e soddisfare i propri egoistici bisogni; mancando di morale ed empatia, riescono freddamente a prendere e a fare ciò che vogliono, violando norme e divieti sociali senza il minimo senso di colpa o rimpianto” (Without Conscience, 1998, Guilford Press) (7). Il termine psicopatia non è più presente nel manuale diagnostico delle malattie mentali, il DSM-V. In realtà, la psicopatia non è un disturbo mentale ma un modo di essere. Lo psicopatico non cambia, non è curabile, non è malato ma diverso e crudele. Gli psicopatici, rispetto agli altri esseri umani, anche affetti da disturbi psicopatologici, presentano differenze cerebrali ed adottano modalità relazionali diverse. L’ipotesi che si tratti di una umanità parallela troverebbe spiegazione nel fatto che la specie umana avrebbe selezionato tale tipologia di uomini perché essa potrebbe tornare utile in casi imprevedibili e catastrofici come calamità naturali, guerre ecc.. Privi di paura, empatia, rimorso, impulsivi ed aggressivi, gli psicopatici, difatti, non esiterebbero a compiere qualsiasi azione fosse necessaria in quel momento, anche azioni tremende che gli esseri umani non psicopatici non riuscirebbero a compiere.

Le ricerche, attraverso la brain imaging, hanno accertato una compromissione del funzionamento dell’amigdala, ridotta rispetto ai soggetti non psicopatici, e della corteccia prefrontale che altererebbe, quasi azzerandole, emozioni quali la paura (anche delle punizioni e della morte) e lo stress. Gli esperti riferiscono, ad esempio, che i detenuti psicopatici sono coloro i quali vivano meglio la condizione carceraria.

Lo psicopatico non è riconoscibile poichè non compie sempre azioni psicopatiche. Solo quando pone in essere atti psicopatici si svela e siamo in grado di riconoscerlo. Sovente, gli psicopatici manifestano soltanto in ambito privato le perversioni e la violenza, quindi, all’esterno per la collettività sembrano persone comuni.

Kenberg nel 1984 individuò una particolare forma di narcisismo che denominò narcisismo maligno, ovvero un narcisismo intriso di caratteristiche paranoide e sadiche; il narcisismo maligno e la psicopatia sono quindi assimilabili come struttura psichica. Il Dott. Hare individuò tre categorie di psicopatici. Gli psicopatici primari, ritenuti i veri e propri psicopatici. Essi non si presentano come soggetti violenti, ma appaiono socievoli, ammaliatori, affascinanti, sicuri di sé, apparentemente normali. In realtà, si tratta di esseri spregevoli, malvagi, privi di scrupoli, capaci di mimetizzarsi e non accendersi anche per tutta la vita salvo accada qualcosa che provoca quella che gli studiosi chiama accensione in forza della quale manifestano la psicopatia, arrivando a pianificare e commettere i crimini più orrendi, senza provare il minimo rimorso. (Levenson, Kiehl, Fitzpatrick, 1995). Abilissimi manipolatori ed attori, per convenienza, per ottenere il favore delle istituzioni o della magistratura, sono in grado di recitare il pentimento, la destabilizzazione, di decantare il desiderio di riparare al male commesso, ingannando anche gli operatori più competenti. In realtà, senza alcun dubbio, essi, se lasciati liberi di agire, tornerebbero ad uccidere, frodare, violentare. Sovente dotati di brillante intelligenza, gli psicopatici primari rivestono ruoli di potere, li troviamo tra i capi di Stato (Hitler, Stalin), manager, politici, medici.

Gli psicopatici secondari hanno invece una maggiore difficoltà a mimetizzare il comportamento tanto da essere quelli che finiscono in carcere più frequentemente. Gli psicopatici dissociali simili ai soggetti affetti da disturbo antisociale di personalità, son o sbandati, aggressivi e spesso vivono ai margini della società. La psicopatia, secondo quanto gli studi scientifici abbiano sinora accertato, ha una componente biologica e genetica in correlazione, tuttavia, con i fattori ambientali che possono favorirne la manifestazione. Pertanto, si è psicopatici sin da bambini e tale stato non è modificabile e viene espresso sin dalla tenera età attraverso, ad esempio, la crudeltà su animali o altri bambini, disprezzo per le regole, comportamenti anomali spesso confuse da genitori e insegnanti come frutto di maleducazione o di problemi psicologici diversi. La pericolosità di questo soggetto risiede nel fatto che sia un formidabile manipolatore ed un mentitore e traditore seriale, in grado di ingannare. Gli studiosi psichiatri e criminologi che hanno avuto a che fare con loro, hanno dichiarato che, anche in presenza di psicopatici colpevoli dei crimini più efferati, essi riuscivano a rendersi simpatici ed accattivanti.

Gli psicopatici intendono dominare e controllare e ricorrono ad ogni mezzo pur di conseguire i loro obiettivi, dalla violenza alla menzogna, al vittimismo.

Robert Hare nel 2003 ha ideato l’ultima versione di un test oggi considerato, su scala mondiale, lo strumento più adeguato per misurare i livelli di psicopatia in un individuo. Il test, tuttavia, è somministrato unitamente con l’audizione dei parenti ed amici del soggetto propria a causa della abilità di mistificazione dello psicopatico.

E’ ipotizzabile che molti efferati femminicidi ed infanticidi siano commessi da psicopatici. Tra i più noti psicopatici, ricordiamo Ted Bundy o il mostro del Circeo. Risponde ai requisiti della psicopatia Antonio De Marco che ha ucciso, ideando minuziosamente ogni fase del duplice delitto, i fidanzati di Lecce, Daniele De Santis ed Eleonora Manta, suoi ex coinquilini.  E’ ipotizzabile fosse uno psicopatico Luigi Capasso, il carabiniere in servizio a Velletri, che nel 2018 a Cisterna di Latina, sparò alla moglie Antonietta Gargiulo, da cui si stava separando e che rimase ferita gravemente ed alle due figlie, Alessia e Martina, freddamente uccise a 14 ed 8 anni. Capasso, suicidatosi subito dopo il crimine, è plausibile si sia improvvisamente acceso, ovvero ha mostrato la propria psicopatia, abbassando la maschera di sanità. A parere del Dott. Paolo Cianconi, esperto in psicopatia e nel trattamento psicoterapeutico delle vittime di violenza, medico psichiatra, psicoterapeuta, antropologo, con un PhD in neuroscienze, psichiatra del carcere Regina Coeli di Roma, ritiene che Capasso fosse uno psicopatico. Lo psichiatra afferma che uno psicopatico abbia una mente che assomiglia ad un circuito autoreferenziale proiettato esclusivamente a mantenere integro il circuito stesso. Il cambiamento deciso dalla ex moglie con la separazione, è come se il circuito avesse detto “o con me o distruggerò tutto” Lo psicopatico si avvicina al piano finale con prove preliminari, per questo è necessario osservare attentamente cosa dica e quali tentativi per avvicinarsi all’epilogo voluto in mod da riuscire a bloccarlo.  Anche Alessia Pifferi, la donna nel luglio 2022 ha lasciato sola per giorni a morire di stenti e solitudine sua figlia di 18 mesi per costruire il suo futuro sentimentale con un nuovo compagno, cui aveva nascosto l’atrocità dell’abbandono, risponde ai requisiti della donna psicopatica.

Nelle cause di affidamento dei minori, spesso il violento manipolatore tenta di manipolare CTU, giudici, assistenti sociali, mediatori, coordinatori genitoriali, presentandosi come un genitore attento ed adeguato. Egli confonde, mistifica i fatti, crea problemi, denuncia per inezie, in modo da alterare la realtà e così finisce per minimizzare la violenza e condurla nell’alveo di ciò che all’esterno appare come mera conflittualità di coppia. Spesso, questo tipo di genitore chiede l’affidamento esclusivo dei figli, minaccia la ex partner di toglierle i figli e la costringe ad interminabili procedimenti dai costi esorbitanti.

Il genitore narcisista o psicopatico e, comunque, il soggetto disturbato, in costanza di rapporto con la compagna, nei confronti della prole può mostrarsi distante oppure, al contrario, eccessivamente intrusivo. In alcuni casi, tende infatti a rimanere rigido ed assente rispetto alle esigenze emotive e materiali dei figli. Egli omette di partecipare alla loro vita scolastica e di relazione, alla condivisione del tempo libero. Un genitore di questo tipo però potrebbe avere la tendenza a sentenziare, rimproverare e svilire i fanciulli, divenendo coercitivo ed autoritario. Il bambino, conseguentemente, non svilupperà alcuna relazione positiva ma piuttosto un legame minato dal timore e dall’ansia. Non è raro che il genitore violento sia anche incapace di cogliere eventuali problematiche fisiche o psicologiche della prole, minimizzando o negando l’esistenza di disturbi seri quali quelli dello spettro autistico, deficit dell’attenzione, dislessia, disturbo d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo e si oppone ad accertamenti diagnostici ed esami, accusando l’altro genitore di esagerare. Sovente, questi ragazzi inseguiranno le attenzioni del genitore mancante, tenteranno di emularlo e di compiacerlo pur di ottenere amore ed attenzione, qualche volta rinnegando addirittura il genitore accudente. In altri casi, invece, i figli svilupperanno una ostilità verso di lui, ostilità che non gli sarà perdonata soprattutto durante la fase della eventuale separazione della coppia.

 L’altro meccanismo adottato dal genitore manipolativo e violento è quello di essere intrusivo, oppositivo verso il sistema educativo dell’altro genitore: questa tipologia di genitore fa regali costosi, autorizza il non rispetto delle regole condivise, si insinua nei rapporti amicali dei figli, è morboso ed inadeguato e deviante, mieloso e solo apparentemente e falsamente affettivo.

Vivere una infanzia in un contesto familiare violento provoca, durante la crescita, gravi problemi comportamentali e disagi psicologici, quali disturbi d’ansia, disturbo da stress post traumatico, disturbo ossessivo-compulsivo, isolamento sociale, e, soprattutto in età adolescenziale, ritiro scolastico, sessualità precoce ed abuso di sostanze stupefacenti ed alcool, atti autolesionistici, ideazioni suicidarie, suicidio. Uno dei sintomi, in età infantile, sono le crisi di rabbia che si manifestano ad esempio quando viene chiesto ad un bambino di separarsi da un genitore per andare a scuola, oppure possono manifestarsi allorquando ad un minore con disturbo ossessivo compulsivo si impone di non adottare il comportamento tipico, come lavarsi le mani continuamente o contare.

Le vittime di violenza di genere e di violenza domestica hanno fretta, vivono in uno stato di pericolo grave, sia fisico che psicologico, e tale stato impone una prontezza di azione che è connessa in modo imprescindibile alla capacità delle istituzioni di riconoscere il soggetto violento, in qualsiasi forma agisca la violenza, di valutare il rischio, di lavorare in rete al fine di intervenire e di disporre l’allontanamento dalle sue vittime, con provvedimenti adeguati al singolo caso valutato attraverso operatori competenti in modo specifico.

 

 

 

 

 


Note
[1] Corte di Cassazione del 3 dicembre 2020 n. 34504
[2] Report 2019 CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia)
[3] Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, Istanbul, 11 maggio 2011
[4] Corte Costituzionale nella sentenza 202/20
[5] Parlamento europeo 2019-2024 TESTI APPROVATI P9_TA (2021)0406
6)J.R. Meloy (2002), The Psychopathic Mind, Aronson, N.Y..
[7] Robert Hare La psicopatia. Valutazione diagnostica e ricerca empirica -Astrolabio Ubaldini, 2009

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L'Avv. Marina Marconato è un avvocato Cassazionista e Criminologa già membro della Commissione Famiglia dell'Ordine degli Avvocati di Velletri, Consigliera delegata alla lotta contro la violenza domestica ed abusi sui minori di Terziario Donna Confcommercio di Roma. Esercita la professione di avvocato dal 1996 nell'ambito del diritto di Famiglia. E' riservata particolare attenzione ai casi di violenza psicologica e fisica nella coppia ed alla violenza sui minori. Esperta nella trattazione dei casi di violenza riconducibili a disturbi psicopatologici quali la psicopatia ed il narcisismo patologico

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