Violenza sessuale di gruppo: lo stato di incoscienza della persona offesa

Violenza sessuale di gruppo: lo stato di incoscienza della persona offesa

Tematica spinosa e (ahimè) frequentemente discussa dato il riproporsi estenuante e frequente di casi di violenza sessuale di gruppo.

Sul punto, nella buona parte dei casi, l’opinione pubblica ed i media in generale si fanno portatori di notizie che vedono la vittima in stato di incoscienza e ciò, come ormai noto ai più, non fa che provocare una vera e propria frattura tra la fazione dei “colpevolisti forcaioli” e quella degli “innocentisti”.

Ma prima di esprimere qualsiasi giudizio, occorre focalizzare la primaria attenzione sullo stato di incoscienza della vittima di violenza sessuale di gruppo, a seguito di assunzione di sostanze alcoliche o droganti, nonché sulla disciplina prevista nel nostro Paese.

Il dettame normativo non menziona lo stato di incoscienza!

Difatti, l’art. 609-bis c.p. (rubricato “Violenza sessuale”) punisce “Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali“. Dunque integra il reato di violenza sessuale chiunque costringa a compiere l’atto ed abusi di una condizione di inferiorità psichica.

Quindi, l’incoscienza potrebbe ricondursi a questa seconda condizione? La risposta proviene direttamente dalla Suprema Corte che è tornata a piccoli passi a fornire il proprio contributo su una tematica che ancora oggi continua a dividere.

Ebbene, salvo pochi e sporadici casi isolati, la giurisprudenza è concordemente propensa nel riconoscere che la persona offesa, nelle circostanze sopra esposte, non sia in grado di esprimere validamente il proprio consenso; e dunque, una persona che si trovi in stato di semi-incoscienza, dovuto alla ingestione di sostanze alcoliche, non è in grado di manifestare un valido consenso al compimento di atti sessuali, tanto più nelle forme simultanee ed in considerazione delle anomale pratiche sessuali praticate.

Questo l’orientamento della Corte di Cassazione Penale, Sezione III, all’interno della pronuncia del 9 settembre 2021 n. 33422, ove gli Ermellini venivano chiamati a pronunciarsi in merito ad un caso in cui gli imputati avevano ripreso gli atti di violenza a mezzo di filmati che raffiguravano una ragazza in preda, senza alcun coinvolgimento emotivo, agli istinti sessuali dei suoi violentatori, compresa quella dell’inserimento nella vagina della persona offesa di un “fumogeno”; iniziativa questa che, oltre a rivelare l’assenza di rispetto della libertà sessuale della ragazza, che subiva inconsapevolmente un gesto invasivo e disumano, forniva ulteriore spunto agli agenti che definivano la donna “fumogeno” a causa dell’anomala pratica sessuale. I video, pertanto, consentivano di fornire il quadro di una persona che, anche a causa dello stato di semi-incoscienza nel quale versava, poteva definirsi in balia degli agenti in sua compagnia, essendo incapace di reagire ai loro comportamenti.


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