Violenza sessuale: l’assenza del consenso nel delitto ex art. 609 bis c.p.

Violenza sessuale: l’assenza del consenso nel delitto ex art. 609 bis c.p.

Frutto del superamento di un retaggio culturale divenuto ormai inaccettabile, la recente pronuncia della Cassazione in tema di violenza sessuale è senz’altro degna di nota.

Con la sentenza n° 19599 〈1〉 gli Ermellini hanno infatti rimarcato la necessità del rispetto, da parte dei giudici di merito, degli strumenti internazionali ratificati dall’Italia ai fini della tutela della persona vittima di reati sessuali, primo fra tutti l’art. 36 della Convenzione di Istanbul〈2〉 che impegna gli Stati a punire qualsiasi «atto sessuale non consensuale con penetrazione vaginale, anale o orale» nonché «altri atti sessuali compiuti su una persona senza il suo consenso».

Focus, dunque, sul consenso del soggetto passivo del reato previsto all’art. 609 bis c.p.

Nel caso di specie, la Cassazione ha accolto le censure mosse dal difensore di una giovane minore afferenti proprio alla omessa valutazione, da parte del giudice di secondo grado〈3〉, del consenso così come normativamente richiesto, non prendendo mai in considerazione, in alcun momento della decisione, il profilo relativo alla volizione o meno del rapporto da parte della vittima, nonostante la sua mancanza valga ad integrare, quale elemento fondamentale, la fattispecie delittuosa in parola.

Ferma restando la consumazione del rapporto sessuale con la giovane donna, dunque, il giudice di merito non fornisce lumi sulle modalità con cui i due imputati avrebbero raccolto il consenso o su come non abbiano avuto cognizione del dissenso da parte della stessa.

Ma vi è di più: secondo la Corte d’Appello de L’Aquila, la circostanza, riferita dalla vittima in sede di rinnovazione dell’istruttoria in appello〈4〉, secondo cui la giovane ha bevuto qualche bicchiere di vino con gli imputati, senza tuttavia ubriacarsi, lascerebbe intendere una sorta di “consenso implicito”.

A parere di chi scrive, una soluzione del genere va contro i più elementari principi della civiltà giuridica, sacrificando le garanzie di libertà personali sull’altare degli stereotipi culturali.

Fortunatamente, i giudici di Piazza Cavour la pensano in modo diverso.

Ragionare nel modo poc’anzi segnalato, finisce, in casi del genere, per addossare sulla vittima di una violenza sessuale la prova di aver manifestato in maniera chiara il proprio dissenso agli atti sessuali, quasi a voler congegnare una sorta di presunzione del consenso che di volta in volta deve essere smentito.

Questa impostazione non è accettabile: così argomentando, gli atti sessuali compiuti senza un esplicito dissenso della vittima non sarebbero punibili, quasi a voler dire che, nel caso in esame, la giovane donna avrebbe dovuto attivarsi per impedire che i due imputati portassero a compimento la violenza subìta.

«Ai fini della consumazione del reato di violenza sessuale, è richiesta la mera mancanza del consenso, non la manifestazione del dissenso, ben potendo il reato essere consumato ai danni di persona dormiente»〈5〉.

Il dissenso, dunque, è sempre presunto nei reati contro la libertà sessuale.

Questa la vera conquista, un modo di ragionare che in realtà già da tempo avrebbe dovuto essere parte della nostra cultura, specie di chi quella cultura la mette al servizio della giustizia ogni giorno.

 

 

 

 

 


〈1〉 Cass. Pen., Sez. III, 19 aprile 2023, n. 19599.
〈2〉 “Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica”, adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio 2011 ed entrata in vigore il 1° agosto 2014. L’Italia ha proceduto alla sua sottoscrizione il 27 settembre 2012 (L. 77/2013).
〈3〉 Corte d’Appello de L’Aquila, sent. n. 762/2022.
〈4〉 Sebbene espressamente previsto dall’art. 603 c.p.p. sulla base di una valutazione discrezionale del requisito dell’indispensabilità, anche l’attivazione di questo strumento non è pienamente condivisibile in quanto potenzialmente foriero, in casi simili, di fenomeni di “vittimizzazione secondaria”.
〈5〉 Cass. Pen., Sez. III, 19 aprile 2023, n. 19599.

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Dott. Giovanni Ciscognetti

Nato nel 1992, ha conseguito la laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo con il Prof. Vincenzo Maiello una tesi in Diritto Penale dal titolo "Le circostanze del reato". È iscritto al registro dei praticanti abilitati alla sostituzione ex art. 41 co. 12 L. 247/2012 dell'Ordine degli Avvocati di Torre Annunziata (dal 28/09/2022). È attualmente membro della Scuola Forense Enrico De Nicola.

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