Whistleblowing: il “segnalante” e la tutela della reintegra

Whistleblowing: il “segnalante” e la tutela della reintegra

A partire dal 29 dicembre 2017 i lavoratori dipendenti che segnalano reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro, pubblico o privato, saranno tutelati da eventuali ritorsioni anche con la reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento.

La ratio legis è indubbiamente quella di stimolare la collaborazione dei lavoratori e tutelare chi venga a conoscenza di pratiche corruttive, ma, per evitare di incorrere in possibili ritorsioni, abbia comprensibile ritrosia a denunciarle: a tal fine, il sistema appena introdotto è improntato a garanzia del “segnalante”.

La nuova disciplina del c.d. whistleblowing è, quindi, finalizzata a tutelare i lavoratori dipendenti che segnalano reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell’ambito di un rapporto di lavoro (una frode, un rischio o una situazione di pericolo che possa arrecare un danno all’azienda). In particolare, in favore del lavoratore dipendente si prevedono: il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento e la nullità di ogni atto discriminatorio o ritorsivo, oltre al risarcimento del danno subìto e il versamento in suo favore dei contributi previdenziali e assistenziali ad esso dovuti dalla data di licenziamento a quella di reintegrazione. Sono quindi vietati tutti gli atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, sia direttamente che indirettamente, alla segnalazione.

Inoltre, al segnalante sarà assicurata la riservatezza dell’identità; per contro, sono previste sanzioni nei confronti di chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni infondate, incaute o artefatte procurando ingiustificato allarme nell’organizzazione produttiva.

Viene inoltre sancito il divieto, pur non essendo ammesse segnalazioni anonime, di rivelare l’identità del lavoratore segnalante: il legislatore ha poi specularmente previsto l’insorgere di una responsabilità disciplinare in capo a chi viola il dovere di riservatezza dei dati del segnalante. Il segreto sul nome, in caso di processo penale, non può comunque protrarsi oltre la chiusura delle indagini preliminari.

Peraltro, la norma vuole assicurare che la rivelazione di informazioni sensibili possa avvenire solamente con modalità adeguate e nell’ambito dei canali appositamente dedicati, quindi non alla stampa o in forma pubblica. A tutela dei lavoratori dipendenti, infatti, la legge prevede la predisposizione di uno o più canali – almeno uno dei quali tenuto con modalità informatiche – che consentano di presentare segnalazioni circostanziate di condotte illecite fondate su elementi di fatto precisi, o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte.

Tuttavia, le tutele del segnalante vengono meno in caso di sua condanna in sede penale, anche in primo grado, per calunnia, diffamazione o altri reati commessi con la denuncia, o quando sia accertata la responsabilità civile per dolo o colpa grave.


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