Mediazione familiare: cosa fare se la dispone il giudice

Mediazione familiare: cosa fare se la dispone il giudice

Sommario: 1. Premessa – 2. Le fonti normative – 3. L’incontro informativo: che cos’è e come si conclude

 

1. Premessa

Nonostante la mediazione familiare abbia acquisito, soprattutto dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, una sempre più rilevante funzione all’interno delle cause giudiziarie di divorzio, separazione e affidamento e gestione dei figli, nonché sulle modifiche agli accordi presi in merito a dette questioni, spesso i coniugi, i partners o i genitori che si recano dai rispettivi legali mostrano un atteggiamento di rifiuto nei confronti di questo strumento, dovuto (tra i tanti fattori) anche alla mancata conoscenza della mediazione come strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie.

Le ragioni del rifiuto, anche una volta esposta l’alternativa della mediazione familiare, posso essere molteplici: dalla volontà di risolvere quanto prima possibile le questioni di coppia con una definitiva sentenza del giudice, alla poca fiducia verso i mediatori e il sistema delle A.D.R. in generale (in Italia, più che in altri Paesi, ancora da scoprire e comprendere), al rifiuto di confrontarsi con l’ex partner e di scendere a compromessi, stante la chiusura di ogni canale di pacifica comunicazione.

Ciò premesso, occorre però precisare che, anche se la mediazione familiare in Italia (a differenza di altre tipologie di mediazione) non è obbligatoria bensì volontaria, proprio la Riforma Cartabia, potenziandola, ha disposto che, nonostante le parti si siano rivolte per il tramite dei rispettivi legali direttamente al giudice onde avviare subito una causa di separazione o divorzio o una causa di natura sempre familiare, in alcuni casi la mediazione familiare rappresenta un passaggio non evitabile.

Insomma, il fatto che le parti abbiano già avviato una causa civile, presentando domanda giudiziale, non permette loro di evitare aprioristicamente il percorso di mediazione familiare o, meglio, un tentativo di mediazione familiare; anzi, il giudice può decidere di sospendere il procedimento e indirizzare le parti a un percorso di mediazione familiare subito dopo la presentazione della loro domanda[1].

Pertanto, anche nell’ipotesi in cui la coppia o i coniugi non presentino la richiesta di mediazione (perché, pur conoscendo l’istituto, preferiscono la via giudiziale), ma direttamente la domanda in tribunale, ciononostante possono comunque incappare nella diversa scelta del giudice che, durante l’udienza preliminare, potrà decidere, sia d’ufficio che su richiesta di una di loro, di sospendere il procedimento e ordinare che le parti si presentino a un incontro, cosiddetto informativo, davanti al mediatore familiare.

E’, altresì, possibile che il giudice disponga che le parti partecipino a sessioni di mediazione in un secondo momento rispetto ad un procedimento giudiziario già avviato.

2. Le fonti normative

Il D. Lgs. n. 149 del 10.10.2022 (alias “Riforma Cartabia”) ha modificato sul punto il Codice di procedura civile, introducendo l’art. 473 bis-10 c.p.c., che al primo comma dispone che: “Il giudice può, in ogni momento, informare le parti della possibilità di avvalersi della mediazione familiare e invitarle a rivolgersi a un mediatore, da loro scelto tra le persone iscritte nell’elenco formato a norma delle disposizioni di attuazione del presente codice, per ricevere informazioni circa le finalità, i contenuti e le modalità del percorso e per valutare se intraprenderlo”.

Il legislatore, così disponendo, ha voluto porre il giudice nelle condizioni di incentivare la risoluzione delle controversie familiari in ambito extraprocessuale attraverso l’avvio un percorso di mediazione.
E non solo: al comma secondo del sopracitato articolo viene disposto che il giudice possa rinviare (per un termine di almeno un paio di mesi), qualora ne ravvisi l’opportunità, anche l’adozione di provvedimenti emessi all’esito della prima udienza, se “sentite le parti e ottenuto il loro consenso”[2] queste abbiano deciso di tentare il percorso di mediazione familiare “con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”[3]. L’obiettivo è quello di ridurre il livello di conflitto.

Il Codice civile, poi, all’articolo 337- ter c.c., dispone che “il giudice, nei procedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi, al divorzio, e alla revisione delle condizioni di separazione o divorzio, può disporre, anche d’ufficio, che le parti partecipino a un incontro di mediazione familiare al fine di favorire il raggiungimento di un accordo sulla gestione dei figli minori[4].

La stessa L. 54/2006, come modificata dalla L. n. 219 del 2012, meglio nota come “Legge sull’affido condiviso”, già stabiliva all’art. 6 che, in caso di separazione, il giudice, qualora le parti non raggiungano un accordo sull’affido dei figli, ordina un tentativo di mediazione familiare, prima di emettere la decisione[5]. Anche tale fonte normativa, dunque, si inserisce sulla scia di un percorso legislativo proiettato verso una sorta di, per così dire, “obbligatorietà di tentativo di mediazione familiare” per tutte le controversie familiari che coinvolgono i figli, al fine di perseguire il suo best interest.

Onde evitare di confondere tra obbligatorietà di partecipazione al primo incontro e obbligatorietà della mediazione, essendo i due casi diversi e non interscambiabili, è bene citare l’articolo 6, primo comma, della Legge 4 del 2013: “Le parti in causa sono obbligate a partecipare al primo incontro di mediazione, ma non sono obbligate a proseguire la mediazione se non lo ritengono opportuno”.

L’obbligo di partecipare, dunque, concerne solo il primo incontro, in quanto la mediazione familiare (è bene precisarlo nuovamente) rimane pur sempre un percorso volontario.

3. L’incontro informativo: che cos’è e come si conclude

Ordunque, ad oggi il quadro normativo esposto prevede che, se il giudice così disponga, le parti sono tenute a presentarsi almeno al primo incontro informativo.

Tale incontro ha, innanzitutto, lo scopo di mettere le parti a conoscenza dello strumento della mediazione familiare e, dunque, dell’esistenza di un percorso alternativo a quello tradizionale giudiziale per risolvere le questioni giuridiche (ma non solo, essendo la mediazione familiare un ADR latu sensu) e, secondariamente, di illustrarne obiettivi, funzioni e regole.

Saranno le parti, dopo avere avuto l’opportunità di essere adeguatamente informate, a scegliere se dare definitivamente avvio al percorso di mediazione o se, ritenuto inadeguato, non idoneo o non possibile per diverse ragioni, proseguire la causa in tribunale, presentando il cosiddetto verbale negativo di mediazione redatto dal mediatore proprio a seguito dell’incontro informativo.

Quando, dunque, le parti, rappresentanti la coppia in conflitto, possono dire di avere adempiuto a tale “obbligo”?

Con l’ordinanza della Corte di cassazione, II Sez. Civile, n. 8050, del 26/03/2025 è stato ribadito a chiare lettere quanto già stabilito proprio all’art. 5 del D.lgs. n. 28 del 2010, ovverosia che l’avvio al procedimento di mediazione, nei casi in cui sia obbligatorio, si ritiene assolto e, dunque, l’obbligo adempiuto dopo essersi presentati al primo incontro di mediazione fissato, quand’anche successivamente una o entrambe le parti dichiarino di non volere continuare il percorso.

La regola prevista già per la mediazione civile e commerciale, in cui sussiste una vera e propria condizione di improcedibilità della domanda giudiziale in assenza del percorso di mediazione, si estende così alla mediazione familiare.

Tale pronuncia, del resto, è solo la più recente sul tema della mediazione e della sua obbligatorietà (vedasi a titolo esemplificativo: Trib. Di Pavia, sent. 19/07/2022, n. 988).

Pertanto, non è necessario addivenire ad un accordo (ipotesi, tra l’altro, surreale dopo un unico incontro), ma è sufficiente la partecipazione all’incontro iniziale, per dimostrare l’avvenuto tentativo di risolvere la controversia in maniera consensuale.

A seguito di questo incontro informativo due possono essere gli esiti: o le parti sceglieranno di proseguire il percorso e continuare gli incontri con il mediatore o, in caso di non riuscito tentativo, redatto dal mediatore un verbale con esito negativo, potranno proseguire il procedimento giudiziario sospeso.

Ma, cosa succede se le parti non si presentano a questo primo incontro?

Il verbale negativo può essere emesso, però, anche per altri motivi e, dunque, non solo in ipotesi di impossibilità di accordo su uno o più aspetti della separazione o divorzio o di contrarietà alla mediazione familiare di una delle parti (che si rifiuta tassativamente di collaborare nel processo di mediazione) o di entrambe dopo l’incontro informativo.

Un altro dei motivi della sua redazione è la mancata partecipazione di una delle parti al primo incontro di mediazione familiare, senza che sia stata addotta alcuna valida causa di giustificazione.

Premesso che nel caso di verbale negativo (qualsiasi sia la ragione) la parte che ha partecipato alla mediazione ha la possibilità di proseguire con il giudizio in tribunale, se il verbale negativo è stato redatto per mancata partecipazione di una delle parti, la parte assente potrebbe essere chiamata a rispondere delle proprie ragioni e il giudice potrebbe valutare, dunque, se proseguire comunque con il procedimento e se adottare determinati provvedimenti.

Infatti, la mancata presentazione all’incontro informativo senza giustificato motivo può essere valutata negativamente dal giudice, specialmente in relazione all’atteggiamento collaborativo delle parti e al superiore interesse dei figli. Di fatto, non presentarsi al primo incontro informativo rappresenta un indice sintomatico della volontà non collaborativa del genitore o dell’ex partner o coniuge alla risoluzione della controversia e per questo l’ordinamento ne collega alcune possibili conseguenze negative.

Quindi, la mancata partecipazione al solo primo incontro potrebbe essere considerata come un elemento da tenere in conto nella valutazione complessiva del caso di specie.

Tra le più recenti sentenze sul punto si porta ad exemplum la n. 128/2025 del 24.02.2025 del Tribunale di Arezzo: nella causa in questione il tentativo obbligatorio di mediazione si è concluso con un verbale negativo a causa della mancata partecipazione di una delle parti. Il Tribunale in quella sede ha nuovamente sottolineato a chiare lettere l’importanza della partecipazione personale delle parti al procedimento di mediazione, ribadendo che un’assenza ingiustificata quantomeno al primo incontro ha un’influenza negativa sull’andamento del processo e sulle decisioni successive.

Si precisa, altresì, che la partecipazione agli incontri di mediazione deve essere personale, a nulla servendo la sola presenza del proprio legale. A tal riguardo, la Corte d’Appello di Ancona già nel 2017[6] ha dichiarato l’improcedibilità della domanda giudiziale proprio per la mancata partecipazione personale della parte al primo incontro di mediazione familiare. Il Collegio ha rilevato che, in occasione dell’incontro previsto, la parte istante non aveva partecipato personalmente, così cogliendo l’occasione per sottolineare che l’obbligo di preventiva mediazione può ritenersi osservato solo in caso di presenza personale della parte e non in caso di comparsa esclusivamente del difensore.

Del resto, evidenti solo le ragioni per le quali nel caso in cui, durante il primo incontro di mediazione, una delle parti non si mostri propositiva e non manifesti intenzioni di proseguire con la mediazione non presentandosi, ciò possa essere interpretato negativamente dal giudice: la mancanza di collaborazione e di volontà di trovare un accordo è un indice sintomatico di ostilità e di scarso impegno verso la risoluzione della controversia e non può che riverberare effetti negativi sulle valutazione fatte in sede di giudizio.

In particolare, se la parte che non partecipa o non è propositiva non offre giustificazioni plausibili, il giudice può ritenere che quella parte stia ostacolando il processo di mediazione e potrebbe tenere conto di questa condotta nel prendere decisioni relative alla separazione, all’affidamento dei figli o alla divisione dei beni.

Al contrario, la partecipazione alla mediazione può essere vista come un indicatore della volontà di collaborare per il benessere dei figli e della famiglia oltre che utile ad agevolare una risoluzione più celere delle questioni legali ed economiche al di fuori delle mura del tribunale.

E’ bene ricordare che il raggiungimento di un accordo, sottoscritto da entrambe le parti, in sede di mediazione familiare può, infatti, evitare alle stesse di andare in giudizio o di non continuarlo. In questa ipotesi la mediazione riesce, dunque, ad assolvere pienamente al compito dal legislatore affibbiatole: risolvere le controversie in maniera consensuale e amichevole, senza la necessità di ricorrere ad un procedimento giudiziario o, se iniziato, interrompendolo.

Certamente, nel caso in cui si sia in presenza di una valida, comprovata e documentabile motivazione l’obbligo di partecipazione al primo incontro informativo viene meno e ve ne sarà data comunicazione adeguata e, soprattutto, tempestiva al giudice o al mediatore familiare.

I casi in cui ciò può accadere possono concernere i motivi di salute (dall’infortunio alla malattia grave), gli impegni lavorativi improrogabili, i problemi logistici e di trasporto o, ancora, la sussistenza di motivi familiari urgenti (come l’assistenza a un parente o un grave lutto). Insomma, ciò che rileva è tanto la veridicità quanto la documentabilità di detti motivi.

Vi sono, infine, i casi in cui anche solo il tentativo iniziale di mediazione familiare è vietato, ovverosia le ipotesi di violenza domestica o, più in generale, la presenza di qualsiasi forma di violenza, dal momento che in questi casi anche un solo tentativo di incontro tra le parti potrebbe mettere a rischio la sicurezza e il benessere della parte vulnerabile. Allo stesso modo la presenza di gravi conflitti psicologici o emotivi, che renderebbero la mediazione inefficace financo dannosa, fanno sì che vi sia una giustificazione alla mancata partecipazione al primo incontro.

In conclusione, il giudice può prendere in considerazione alcuni elementi specifici del caso concreto durante il procedimento per decidere se avviare o fare proseguire la causa senza obbligare le parti a ricorrere alla mediazione o, eventualmente e in caso contrario, sospendere la causa e ordinare un tentativo di mediazione. In tale ultima ipotesi, le parti avranno assolto al loro obbligo, presentandosi solamente al primo incontro informativo.

 

 

 

 

 

 

[1] Art. 5, co. 1-bis del D.lgs. n. 28 del 04.03.2010: “Il giudice, su richiesta di una delle parti, invita le parti a comparire davanti al mediatore familiare per tentare di addivenire a una soluzione consensuale della controversia
[2] Art. 473 bis-10 c.p.c.
[3] Art. 473 bis-10 c.p.c.
[4] Art. 337-ter, comma 9, c.c.
[5]Il giudice, anche d’ufficio, invita i genitori ad esperire il tentativo di mediazione, ove le condizioni lo consentano, al fine di favorire il raggiungimento di un accordo nell’interesse del minore”.
[6] Corte d’Appello di Ancona, sent. n. 88/2017 del 18.01.2017

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